Creato da GreatFang il 01/05/2006
behind blue eyes...Script for a Jester's Tears
 

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...ONCE AND AGAIN...

Post n°75 pubblicato il 11 Agosto 2006 da GreatFang
 
Foto di GreatFang

Certi dolori sono reumatismi che ti porti dietro e ai quali non ti abitui mai veramente. Restano lì a ricordarti com’è successo, com’eri prima e a rimarcare come sei ora. Restano lì: una sgradevole bandierina che va e viene nella nebbia, una sorta di segnalibro sulla pagina sbagliata del quale ogni tanto ti accorgi. Alle volte potresti anche pensare che c’è un qualcosa di melensamente romantico in tutto questo: quell’agrodolce sapore di malinconia di cui il palato può diventare rapidamente schiavo se non stai attento. Certi dolori sono reumatismi davanti i quali puoi sorridere e ripensare a quanto sei stato idiota, o a quanto tu lo sia ora, oppure lasciare che la mascella si contragga improvvisamente e, mentre stringi i denti per il freddo che ti entra per un attimo nelle ossa, ringhiare al passato che non puoi cambiare, convinto che sarà l’ultima volta, l’ultima che proverai quel maledetto, sordo fastidio mai abbastanza forte da farti decidere tra un antidolorifico o una sbornia, eppure sempre presente. E intanto lui resta, incurante delle tue decisioni a riguardo, sorride e dice: “Sta a te, vecchio mio…”

***

 

“Se ti fa così male deve essere perché quando ti hanno staccato le ali non lo hanno fatto bene. Come nel libro, ricordi?”

No, non ricordo quando mi hanno strappato le ali, ad essere sincero non credo di averle nemmeno mai avute, ma grazie di aver pensato anche solo per scherzo al fatto…

***

Agosto con mattinata settembrina, anche se so già che in realtà settembre sarà molto meglio di agosto come tempo, dal momento che per allora non sarò più in ferie…
Le stelle saranno anche cadute ieri sera ma io non ho visto un bel niente e verso 1.30 il mio umore era talmente tetro da affettarlo con la scure. So, here we are…
Mi limito con l’acceleratore e mi faccio quattro passi al buio in un parco deserto come raramente capita di vederlo in estate. Marcio come un podista e quando me ne rendo conto preferisco rimontare in macchina e andare verso casa. Faccio per aprire il cancello ma le gambe mi dicono che l’ora è ancora lontana. Questa sera sembro non aver requie. Mormoro, brontolo e giustamente mi dico che troppe volte me la sono cercata. Cammino come un automa, sciorinando un rosario di fantasiose imprecazioni. Continuo così fino a quando non mi rendo conto, una volta come tante, di essere ridicolo. Benedetto sia il primo uomo che ha riso di se stesso. Respiro profondamente, allargo le braccia e schiocco le spalle. La destra fa male, come sempre. Evidentemente c’era bisogno di una mano più salda quel giorno… Cammino piano, senza fretta, lascio che tutto dentro di me rallenti il ritmo. Fiuto gli odori dei campi e degli alberi, tentando di fissarli in una sezione atavica del mio subconscio, in modo da poterli ricordare sempre. La soglia del sonno non è lontana ma, come sempre, mi metto a ciondolare tra pensieri futili e cose meno importanti ancora…

 
 
 
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