Labirinto di Minosse

Fuori tempo


Questo tempo trascorso senza fiato condiviso è secco di sofferenza. Un equilibrio precario siamo stati, un frammento impedito alla crescita sin dall’inizio. Come per incanto ci abbiamo creduto, ma sotto occhi delusi abbiamo visto scorrere altro. Almeno io, io ho continuato a cercare.Oltre il pianto.Oltre il blu-violetto del cielo d’estate, ancora fresco, perché allora tutto stava appena nascendo. Non importava l’impossibile, vivevo di forme infantili a contraddirmi. Facevo casa dove mi portava il vento, ovunque era il posto giusto. Speravo che te ne accorgessi, ma sono stata solo la macchina di sempre.Soltanto non sentissi più il peso di ogni abbraccio, come una speranza mi si è attaccato addosso.Sei stato per anni nei miei pensieri, tra le mie fantasie, quando le tue mani facevano conca dove si racchiudeva la voglia.Incredibile, dicevo. E ci ridevo su.Ora stringo il vuoto, mi stempero la bocca di parole che hanno perso il gusto, e mentre la vera nudità mi appare solo un ricordo. Ribadisco che mi hai vinta, mi sei rimasto in mente. Come un fungo mi hai convinta, hai attecchito l’insegnamento giusto: sfuggendo, mi hai lasciato qualcosa; così te lo dico, te lo dico adesso, troppo tardi, Ti Amo.E scusami, è stata disattenzione rimandare il tempo, questione di istinto, di conservazione di un bisogno lento, sentirmi soffrire per abbandonarmi del tutto.Così è.Me ne vergogno!Un istinto immaturo che ha sperato nel ritorno mentre me ne stavo andando, se restavo invece troppo tempo allora mostravo incoerenza, suggerivo di sussurrare altrove, di lasciare stare.Ma non ho trovato pace, non ho trovato appagamento.Non sapevo bene cosa significasse questa nullità d’anima, questa supplica che finiva per negarsi. Tu mi hai capita?Ti sto parlando forse d’un’altra storia? Oppure riesco a spiegarmi? Ti convinco ora che ti mostro come sono?Che stupida!Eravamo noi quelli giusti, sicuramente. Avevamo aria a sufficienza da bastarci senza respirare. Non c’era silenzio che non sapevamo riempire, colavamo curiosità e soddisfazione, ma l’egoismo del corpo – o forse la paura – ha reso la donna separata dall’uomo che coinvolgeva. È stata la voglia di una sera.O forse due.Non so, non so quand’è che ho smesso di abitare le lenzuola che dividevamo, alla fine eravamo solamente liberi.Liberi di andare.Chi me la restituirebbe ora quella pienezza di pensieri? Ora che sarei disposta al tutto pur di vederti ritornare.Ora aspetto.Mi stringo addosso e di nuovo sento il tuo abbraccio, nel mio ricordo c’è spazio, ma anche troppo silenzio.Non riesco in altro modo, mi raschio la pelle sotto le unghie e come non faccio da tempo, spero di trovarci un tuo resto, il piacere bruciato sotto pelle. La vertigine onirica di un tango.Come allora.Solo che oggi manterrei la presa, non permetterei più di perderti di vista, mi svuoterei da questo senso di sconfitta. Te lo giuro, non sono riuscita a consumare tutto, in fondo quello che volevo era sentirmi vinta.Tutto qui.Come ora.