Labirinto di Minosse

Le Amazzoni


DEENA METZGER - Non ho più pauraNon ho più paura degli specchi nei quali vedo il segno dell’Amazzone,che scaglia frecce.Vi è una sottile linea rossa che attraversa il mio torace, lì doveera entrato un coltello, adessoun ramo circonda la cicatrice e si porta dal braccio al cuore.Un ramo coperto di verdi foglie dove appesa è l’uva e vi appareun uccello.Sento che quello che cresce in me adesso è vitale e non minuoce. Penso che l’uccello stia cantando,poco m’importa di alcune mie ferite.Ho disegnato il mio seno con la cura riservata ad un mosaicominiato.Non mi vergogno di fare l’amore. L’amore è una battagliache posso vincere.Ho il corpo di un guerriero che non uccide né ferisce.Sul libro del mio corpo per sempre ho inciso un albero.MYRA SCHNEIDER – Amazzone (per Grevel)Per quattro mesitutte quelle donne di Matisse e Picassopanneggiate sullo sfondodi piante, balconi, Mediterraneo e cielomi hanno tormentatocon quei meravigliosi globi di seni mentreriempivo il mio vuotodi pagine di scarabocchi, di fertile maggio, di mareedi verde, insopprimibilebianco di pizzo nuziale, oro di ranuncolo,ma senza coprirel’immagine di me stessa come pagliaccio malformefinché non mi hai ricordatoche nei miti greci le donne più venerateerano le amazzoni con un seno solo,padrone del giavellotto e dell’arco, portatricidi cavalli in battaglia,dalle regine famose per la femminilità.Riconoscendo i campi su cui avevo combattutoho sollevato il mio scudodi parole lucenti, vedendo che echeggiava il sole.Ecco come scrivere può dare significato e forma alla vita, a noi stessi e alla nostra creatività, mentre invece il silenzio ci blocca nella sofferenza. Un approccio alla scrittura di cui non bisogna aver paura, le parole ci mettono al di sopra della vita stessa, ove possiamo ricrearla e ricrearla. Il giudizio non è da temere, la possibilità di sbagliare, di dover cambiare non devo no fare paura, si deve dire ciò che si vuole. Magari la verità, magari una menzogna.Le AMAZZONI tra leggenda e storia si racconta che: “Quando Aella giudicò giunto il momento, con movimento fulmineo, portato il braccio destro all'indietro, lo distese per scagliare la lancia contro l'uomo che le stava di fronte.  Eracle si piegò sulle gambe, la lancia cadde rumorosamente alle sue spalle; quindi con un balzo si lanciò contro la donna e con la spada le vibrò un colpo secco alla testa. I suoi uomini esultarono per il trionfo. Dalle file amazzoni si fecero avanti molte altre donne, tutte note per il loro valore. Eracle le sconfisse ad una ad una. Fu infine il turno di Melanippa, la comandante delle guerriere amazzoni. Indossava un pettorale scintillante, un elmetto e lo schiniere; ma queste protezioni furono inutili contro la furia devastante dell'eroe greco. Anch'ella fu battuta e l'esercito invasore si lanciò all'attacco delle Amazzoni sconfiggendole. Vinta la cintura di Ippolita, Eracle poté far ritorno a Micene. Le Amazzoni, orgogliose per aver vinto tanti popoli in passato, erano furibonde e meditavano la vendetta. Partirono così alla volta della terra degli Sciti, sulla costa Nord del Mar Nero, dove si unirono ad essi nell'invasione della Grecia. L'esercito alleato giunse in Attica, si accampò fuori delle mura di Atene e dichiarò guerra a Teseo, uno dei capi greci che avevano seguito Eracle nella sua spedizione contro le Amazzoni. Per evitare che dal Peloponneso giungessero rinforzi agli Ateniesi, Orizia, capo delle Amazzoni, inviò lì un contingente di guerrieri. Esercito di cavallerizze, le Amazzoni da cavallo tiravano con l'arco, mentre negli scontri ravvicinati usavano la lancia, spada e ascia. Indossavano pantaloni attillati e adornavano la testa dei cavalli con corni d'oro e di bronzo. Le due armate si contesero il campo in un duro combattimento: le asce delle Amazzoni vibrarono sugli scudi greci, spade e lance si abbatterono su entrambi gli eserciti. Qui, al fianco di Teseo combatteva Antiope, una guerriera amazzone che questi aveva rapito per fame sua moglie e che adesso combatteva contro il suo stesso popolo. Nel violento corpo a corpo, Antiope fu colpita a morte da una lancia amazzone. Teseo diede allora più vigore all'attacco ateniese, tanto che le Amazzoni batterono in ritirata verso il proprio campo”. Per secoli l'evento rimase famoso, come testimoniano i dipinti delle centinaia di vasi giunti intatti fino a noi. Ma che tipo di vittoria fu questa? Fu un trionfo su un nemico reale o immaginario? Per alcuni la guerra tra Amazzoni e Greci simboleggia la lotta per la supremazia tra gli uomini e le donne. Lotta che probabilmente segnò il declino della società matriarcale e il trionfo di quella stanziale e patriarcale. Sarebbe però un grave errore liquidare la storia delle Amazzoni, considerandola un mito senza alcun riscontro storico; infatti, molte prove confermano che esse furono davvero le donne guerriero del mondo antico. La prima testimonianza letteraria sulle Amazzoni compare nell'Iliade di Omero. A questo accenno si collegò poco più tardi Esiodo, il quale racconta di Eracle che affronta le Amazzoni mentre è in viaggio alla ricerca del cavallo più pregiato d'Asia. Indubbiamente la materia fantastica di questi racconti, fatta di lotte tra eroi e mostri, era stata ideata per piacere a un pubblico aristocratico, al maschio cavaliere greco. Questo accenno sarà poi reso più preciso da Ippocrate, il quale identifica le donne guerriere con le Sarmate che vivevano a Nord del Mar Nero, sulle coste del Mar d'Azov. “Le Sarmate restano vergini fino a quando non hanno ucciso tre nemici e solo allora, assolti i tradizionali riti sacrificali, possono sposarsi. Una donna che prende marito non può più cavalcare, a meno che non ce ne sia bisogno in periodo di guerra. Non hanno il seno destro, perché da piccole le loro madri vi applicano sopra uno strumento rovente di bronzo; in tal modo ne arrestano la crescita e ne spostano tutta la forza e la robustezza nella spalla e nel braccio destri. Ed è da questa usanza che si suppone derivi il loro nome: amazos, in greco, significa infatti "senza un seno". Più tardi altri storici riprenderanno questo particolare e spiegheranno che la rimozione del seno destro serviva per agevolare il tiro con l'arco. Ovviamente l'agilità fisica non riceve nessun vantaggio dalla mancanza di un seno, ragion per cui l'unica spiegazione possibile, se tutto ciò fosse vero, è da ricercarsi in una forma di mutilazione rituale”. Un'ipotesi più plausibile invece fa derivare il "termine amazzone" da una parola armena che significa "donna della luna" e che si riferisce a delle sacerdotesse asiatiche che abitavano a Sud del Caucaso e veneravano una dea Luna. Nei secoli successivi, gli storici tentarono poi di identificare le Amazzoni direttamente con gli Sciti. Nel I secolo a.C. Diodoro Siculo spiegò che agli albori della storia scita vi fu un periodo di rivoluzioni "in cui i sovrani erano delle donne dotate di un valore eccezionale": tiranniche guerriere che dominavano gli uomini che le circondavano. Diodoro ne dà una descrizione classica. "Agli uomini, la regina delle Amazzoni assegnava la cardatura della lana ed altri compiti domestici, propri delle donne. La legge stabiliva che fosse lei a guidare le donne in guerra e che gli uomini fossero confinati in schiavitù. Per quanto riguarda i bambini, a quelli maschi mutilavano gambe e braccia affinché non potessero più combattere". In seguito questi racconti appassionarono altri storici che continuarono a raffigurare le Amazzoni come delle tiranne che odiavano gli uomini; un insegnamento per gli uomini, questo, di quanto fosse folle concedere dei poteri alle donne. Ma indubbiamente queste storie servivano soprattutto ad assecondare i pregiudizi maschili nel periodo imperiale di Roma. E' chiaro che tra gli scrittori greci del V secolo a.C. e quelli greco-romani del I secolo d.C. corre un periodo in cui si sono avuti dei cambiamenti nelle abitudini maschili. Per i primi storici le Amazzoni esistevano realmente, vivevano lungo la costa Nord-Est del Mar Nero e praticavano una singolare forma di parità tra i sessi. Per quelli successivi, invece, le Amazzoni erano un popolo mitico le cui vicende servivano solo per intrattenere ed educare gli uomini. Tra il 1950 e il 1960 gli archeologi sovietici fecero una serie di importanti ritrovamenti. A Est di Odessa, fu rinvenuto lo scheletro di una giovane donna. Accanto, i segni della sua appartenenza alla classe aristocratica: uno specchio di bronzo, una collana di perle di vetro, dell'argento, braccialetti di bronzo o vetro e un'anfora greca proveniente dall'altra parte del Mar Nero. Ma oltre a questi oggetti di lusso, furono rinvenute, accanto al suo teschio, due punte di lancia e, al suo fianco, una faretra con venti frecce e una corazza di ferro lamellato. Era una vera Amazzone, una guerriera sarmata vissuta tra il IV e il III secolo a.C. La scoperta non rimase isolata. All'interno di una tomba a tumulo, riportata alla luce a Kut, nelle steppe a Ovest del Dniepr, fu rinvenuto uno scheletro di una donna risalente allo stesso periodo, con accanto uno specchio e degli orecchini di bronzo, una collana di perle di vetro, una spada di ferro e i resti di una faretra con trentasei frecce. A Zemo-Avchala vicino a Tbilisi, in Georgia, sulle colline a Nord del Caucaso, alcuni agricoltori sovietici rinvennero casualmente la tomba di una donna inumata nella posizione rannicchiata e con accanto uno specchio di bronzo, due punte di lancia e lo scheletro di un suo servitore. I ritrovamenti di questo tipo sono stati numerosi, tutti risalenti al IV secolo a.C. e tutti classificabili come appartenenti alla civiltà sarmata. Le scoperte del XX secolo provano, dunque, che i resoconti letterari di 2500 anni fa erano veri. I nomi classici ricollegabili a questa cultura: Melanippa (cavalla nera); Ippolita (cavallo scalpitante); Alcippa (cavallo forte). Tutte le testimonianze letterarie provano che in questa società della steppa la donna godeva di un potere e di una parità sessuale sconosciuti alle culture dei popoli vicini. La spiegazione di questo insolito ruolo attivo delle donne nella società sarmata potrebbe essere legata ad una loro influenza in quanto sacerdotesse. A Sud degli Urali e nel Kazakistan, in tombe di donne sarmate, sono state ritrovate infatti delle tavole basse di pietra, presumibilmente altari. Di certo, dalla fine del VI secolo a.C., sui vasi greci le Amazzoni non sono più ritratte con armature greche, ma come gli Sciti portano i pantaloni, cavalcano e tirano con l'arco; e anche questo ben si accorda con i numerosi riferimenti storici dei Greci sulle Amazzoni sarmate che combattevano a fianco degli Sciti. Una delle più gravi minacce al potere scita si verificò nel VI secolo a.C., quando i Persiani, guidati da Dario il Grande, invasero il loro regno. Ed è questo il primo esempio di una campagna militare storicamente accertata in cui si afferma che le Amazzoni ebbero un ruolo decisivo. Erodoto narra che nel VI secolo a.C., Tomiri, regina dei Massageti, nell'Asia centrale, sconfitta l'armata persiana di Ciro, mozzò di propria mano la testa dell'Imperatore. Proprio il periodo storico a cui si fanno risalire le tombe delle donne guerriere scoperte in Ucraina. Successivamente, informazioni più precise sulle Amazzoni ci giungono attraverso i vari resoconti storici su Alessandro il Macedone e la sua campagna di conquista dell'Impero persiano. Diodoro Siculo, Plutarco e Pompeo Trogo fanno tutti e tre riferimento a un episodio accaduto durante questa campagna, nel 330 a.C., quando, colpito da dissenteria, Alessandro dovette interrompere l'inseguimento di una popolazione nomade e fermarsi a Sud del mar Caspio, in Partia. Durante questa sua sosta forzata vennero a rendergli omaggio numerosi ambasciatori. Tra questi, venne Thalestris, regina delle Amazzoni, la quale giunse al campo con trecento guerriere tutte in completa armatura. Alessandro restò colpito dallo splendore di quella scorta e, chiesto a Thalestris cosa volesse, questa rispose che desiderava avere un figlio da lui. Ella sostenne che, avendo lui dimostrato con la sua conquista dei mondo di essere il più grande di tutti gli uomini, ed essendo lei superiore alle altre donne in forza e coraggio, i loro figli avrebbero di certo superato tutti gli altri mortali. Un elemento comune a tutte queste versioni storiche dell'incontro è la sua collocazione in un punto, non preciso, a Sud del Mar Caspio e, anche alla luce dei reperti archeologici, questo sembra essere il luogo più probabile per un incontro tra le Amazzoni e Alessandro; il che rende più verosimile l'avvenimento. Tombe di Amazzoni sarmate sono state scoperte infatti anche più a Sud, in Georgia, nel Caucaso. In ogni caso per gli antichi questa con Alessandro Magno fu l'ultima apparizione di una regina amazzone. Secondo Pompeo Trogo, con la morte di Thalestris avvenuta poco dopo il suo ritorno in patria, il nome Amazzoni scomparve dalla storia. Diodoro sostiene invece che le Amazzoni non si ripresero mai dalle sconfitte subite contro i Greci di Eracle e Teseo. Ultima Amazzone a conquistarsi la fama di donna intrepida fu Penthesilea, che combatté a fianco dei Troiani contro Achille. In seguito la razza andò estinguendosi fino a perdere del tutto il potere - dice Diodoro - cosicché, successivamente, ogni qual volta gli scrittori ne raccontano il valore, gli uomini considerano queste storie antiche come delle favole. Sebbene dal IV secolo a.C. non si parli più di eroine amazzoni, occasionalmente si sentirono ancora storie su incontri con donne guerriere nella regione del mar Nero. Appiano, che scrisse nel II secolo d.C., descrisse un'importantissima campagna del generale romano Pompeo. Egli narra che quando le genti del Caucaso tesero un'imboscata a Pompeo nei pressi del Cyrtus, un fiume che sfocia nel mar Caspio, il condottiero romano riuscì a stanare e vincere questi abili lottatori della foresta, prima circordando con le sue truppe i loro rifugi e poi dando fuoco alla vegetazione, e che fra i tanti prigionieri furono scoperte donne che avevano subito ferite pari a quelle degli uomini, tanto che le si ritenne Amazzoni. Lo stesso episodio compare in Plutarco. Indubbiamente questa è l'unica regione in cui potevano continuare ad esistere le tribù sarmate. Dal punto di vista archeologico è certo che Alani e Unni erano diretti discendenti della stirpe sarmata e in quanto tali possono avere continuato ad osservare certi costumi antichi. Da quanto tempo le Amazzoni dominassero le steppe, prima che facessero la loro apparizione nella storia greca del secondo millennio a.C., non è verificabile; certo è che il loro dominio durò fino al II secolo a.C.. A che fu dovuto questo declino? Un'ipotesi plausibile è l'assimilazione. E' probabile che i Sarmati, nomadi delle steppe, furono così colpiti dalla maggiore civiltà di queste genti del mar Nero che, fenomeno comune a molti barbari, iniziarono a imitarne i costumi, fin tanto da bandire dalla loro storia le antiche tradizioni delle donne guerriere, ritenute ormai un segno di arretratezza e barbarie.Tralasciando la mitologia e passando alla storia, troviamo un corpo militare delle Amazzoni veramente esistito. Il re Houégbadja  aveva già organizzato un distaccamento di “cacciatrici di elefanti” facente funzione anche di guardia del corpo. Il figlio del re Agadia, ne fece delle vere e proprie guerriere. E. Chaudoin nel 1891 le descrisse nel modo seguente: ”Vecchie o giovani, brutte o belle, sono meravigliose da contemplare. Solidamente muscolose come i guerrieri neri, la loro attitudine è disciplinata e corretta allo stesso tempo, allineate come alla corda”. Alcune donne si arruolavano volontariamente, altre, insofferenti della vita matrimoniale e di cui mariti si lamentavano col re, erano arruolate d'ufficio. Il servizio militare le disciplinava e quella forza di carattere che mostravano nella vita matrimoniale e poteva così esprimersi nell'azione militare. Sul campo di battaglia, le Amazzoni proteggevano il re e prendevano parte attivamente ai combattimenti, sacrificando la loro stessa vita, non potevano sposarsi e avere figli, finché rimanevano nell’esercito. Forgiate per la guerra per principio a questa dovevano consacrare lo loro vita. "Noi siano degli uomini, non delle donne. Chi ritorna dalla guerra senza aver conquistato deve morire. Qualora ci ritirassimo in battaglia, la nostra vita sarebbe alla mercé del re. Quale che sia la città da attaccare, noi dobbiamo conquistarla o sotterrarci nelle sue rovine. Guézo è il re dei re. Finché sarà in vita noi non temeremo nulla. Guézo ci ha donato nuova vita. Noi siamo le sue donne, le sue figlie, i suoi guerrieri. La guerra è il nostro passatempo, essa ci veste, essa ci nutre". Spesso ubriache di gin, abituate alle sofferenze e pronte ad uccidere senza preoccuparsi della propria vita, combattevano valorosamente e precedevano sempre le truppe incitandole al combattimento. Nel 1894, all'inizio della guerra fra le truppe del generale Dodds e quelle del regno di Abomey, l'armata contava circa 4000 amazzoni, suddivise in tre brigate. "Esse sono armate di daga a doppio taglio e di carabine Winchester. Queste amazzoni operano prodigi di valore; vengono a farsi uccidere a trenta metri dai nostri schieramenti..." (Capitano Jouvelet, 1894). Il corpo delle amazzoni fu dissolto dopo la sconfitta del regno d'Abomey, dal successore di Gbêhanzin, Agoli Agbo.