Labirinto di Minosse

Questo vaso che trabocca


Lo percepisco subito, lo sguardo lo pretende fino a supplicare, ci ricade sopra. Inevitabilmente.E fa male.Sì, fa male, vedere quanto la rabbia possa lasciare il segno. Ma forse dovrei noia, è la noia che colpisce con uno scatto di schizofrenia latente ondeggiando perennemente al bordo. Se il vaso ogni tanto trabocca e non c’è nessun assenso che possa riuscire ad arrestarti, la responsabilità è dovuta alla sconfitta.Alla sconfitta di una vita, partita che si finisce inesorabilmente con il perdere. Soprattutto, quando alzi il braccio e colpisci. Mi colpisci.Urlando spergiuri da ingoiarti anni di storia. Come se non vedessi più nulla, mentre a me scorrono davanti, quegli stessi anni pongono una domanda sola: perché?Perché mi colpisci come a voler distruggere il riflesso di te. Perché ti odi a tal punto che non vedi più niente, solo l’ombra dell’orrore che crei.Il negativo di una fotografia riuscita male.L’irriconoscibile sofferenza di una follia che impera.Solo una volta piegata nell’anima a lambire la terra, allora me ne accorgo, finalmente ti fermi. I silenzi a seguire i suoni gutturali delle violente proteste.Le mani inferme, gli sguardi laterali a cercare i punti rotti, le fratture invisibili. I motivi.Introvabili.Perché non ce ne sono mai di sufficienti, di motivi, non agli occhi. E ciò che resta è l’inganno fin troppo vissuto di ciò che è stanco. Ma l’inganno nemmeno si lascia scorgere, brama disperatamente di dimenticare, anche se mai ci riesce una volta.Quindi finiscila, smettila di sorprenderti se poi mi vedi livida, in punti imprecisati del corpo si palesa perfettamente il ricordo che neghi e invece esiste.Non sono stato io, diciNon sei stato tu, confermo.No.È l’orrore che ti possiede, è la rabbia che ci scava la fossa, è il limbo dove si incontra la follia il punto preciso in cui ci rimuove la visuale e la realtà si trasforma. Laddove c’era l’amore ora compare un ematoma.Sì l’amore, perché non c’era che questo, all’inizio, prima che la paura prendesse il sopravvento alla coscienza.Adesso mi accorgo di quanto sia facile, così affogante, trasformare i sogni in mostruosità dilanianti.Sei tu a sbranarmi.Sono io a darmi la morte.E continuo a lasciarti fare. (Il dipinto è "Giuditta e Oloferne" di Artemisia Gentileschi - a ribaltare il vaso).