Labirinto di Minosse

Il rumore del buio


Era quasi l’una del mattino quando l’orchestra smise di suonare e le luci si affievolirono. Era notte e la notte ci era stato detto di non fermarci. Raggiungemmo la gola riarsa in prossimità della linea successiva, avremmo dovuto riunirci alla fanteria ma la sensazione fu di ritrovarci in una voragine infinita. Era deserto. Non c’era più nessuno.Risalimmo a braccio la gola per allontanarci dalla battaglia, sfociammo in una radura e il nostro camminare guardingo non bastò ad impedire di calpestare i segni del massacro. I resti, sparpagliandosi ovunque, non ci lasciarono difesa.La nostra compagnia era stata spazzata via, eravamo soli, dietro di noi il gran correre del nemico che risaliva la steppa.Di fronte, un fioccare leggero ricopriva il terreno. Come piume bianche le polveri si alzavano in aria e riempivano i polmoni.Il capitano assegnò i viveri e ci disse di sdraiarci giù, in silenzio, fino a nuovo ordine. Non si capiva bene cosa dovessimo fare, era notte ma il caldo stava rannicchiato sopra di noi. Le baionette erano puntate nel nulla, il colpo pronto in canna era tra le nostre spalle e gli zaini appena finiti di smontare. Era notte fonda e sentivo il cuore battere forte. L’avallamento dove prendemmo posizione riportava le tracce del precedente reggimento che l’aveva occupato.Poi qualcuno mi disse che ci avrebbero condotto fuori di lì, più a nord, avremmo trovato il terzo battaglione e saremmo arrivati alle spalle del nemico. Immaginavo già di risentire il vento della steppa, l’afa dei calanchi dove avremmo proseguito strisciando.Mi dissero che era il 15 di Ottobre. Un’alba nuova stava sorgendo in lontananza, limpida e chiara, quando la terra fu bagnata di sangue e orina. L’avallamento in cui parlavamo sottovoce fu invaso dallo scoppio di un mortaio. Il cielo si illuminò di rosso e per un momento non si distinse che il silenzio. Poi ci furono soltanto urla e l’abisso del buio. Un versante dell’avallo saltò in aria. La squadra dei mitraglieri si aprì la strada ma sparì subito al suono delle fucilate troppo vicine. Una chimica dura ci ferì il viso. Odore di fumo. Denso e acre. Sapore di terra e sangue.Urla unite alla gioia abbagliante di sentire la fine all’improvviso.Forse, “coraggio”, udii una voce. Poi più nulla, l’orchestra smise di suonare e le luci si affievolirono. Fino ad oggi, certi ricordi non vogliono uscire dal coma.