Tele Gibuti in onda
Prove tecniche di trasmissione. Il testo di una famosissima canzone di circa 70 anni fa accompagna la nascita del blog: vediamo come in un sogno tante navi e cerchiamo di comprendere per chi sventoli la bandiera. Dall'altipiano osserviamo l'evolversi degli eventi e parteggiamo per chi ci sembra più coerente con la sua storia e più in grado di intepretare le nostre esigenze.
DJIBOUTI JOKES
A GIBUTI
A Gibuti, nella ex Somalia Francese, un gruppo di persone sta cercando di dare vita ad una nuova esperienza. Cosa altro potevamo fare? Senza tessera del PD o di un altro Partito della sinistra, con un chiaro orientamento eterossesuale, con la convinzione che - nel pieno rispetto dei diritti di tutti - la famiglia è la famiglia naturale, composta da un uomo e da una donna e aperta alla procreazione dei figli... quale poteva essere il nostro futuro in Italia?
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GIBUTI IN UN MINUTO
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Post n°69 pubblicato il 16 Novembre 2009 da alfonso.piccarreta
Ricordo, saranno passati 15 anni o più, una pagina de Lo Stradone in cui campeggiava un articolo scritto da una penna locale che definiva i rappresentanti della Sezione DS di allora (o erano ancora PDS?) “algidi cadaveri”. La definizione mi piacque anche se l’utilizzo di una aggettivazione così aulica risultò un po’ ostica alle mie orecchie. Chi scrisse quell’articolo assegnava – ora come allora – alla parola una funzione determinante e risolutrice: la parola – meglio se virgolettata – ha il compito di sbaragliare il campo e mettere subito in chiaro da che parte stia la cultura.
Nel mio piccolo, provenendo da diversa scuola e non essendo professore, ritengo invece che sia la costruzione del periodo – senza deleghe alle parole “fattizze” – il luogo in cui si misura l’abilità di uno scrittore. Una scrittura piana non è necessariamente banale se la sua complessità può dispiegarsi a diversi livelli semantici (qui ci vuole il tecnicismo): mi diverto quando il lettore, posto davanti allo scritto, riesce comunque a ricavarne un senso e quando più lettori, posti davanti allo stesso scritto, riescono a cogliere differenti sfumature a secondo delle varie sensibilità. Per far questo però non ci devono essere intoppi – le parole difficili – e l’occhio deve giungere agilmente alla conclusione.
E’ una questione di retorica, ovvero di quell’arte dello scrivere che per più di 2500 anni si è insegnata nelle scuole e che da 40 anni è caduta nel dimenticatoio con il bel costrutto che vediamo ogni giorno. Tacito, d’altro canto, già parlava di decadenza della retorica – e non era ieri – sostenendo in un suo dialogo che l’arte oratoria si svilisce quando non c’è espressione democratica. I retori dell’età di Tacito, già lontani dalla nitidezza di stile di un Cesare o di un Cicerone, usavano le parole difficili, gli orpelli e forse anche già cospargevano le loro pagine di quelle inutili virgolette, così abusate dalle pur valide penne dei nostri concittadini.
Orbene, alcuni di quelli che furono definiti “algidi cadaveri” han preso le difese di un uomo di cultura minacciato – a loro dire – dalla barbarie di coloro che, pur senza istruzione, ricoprono un importante ruolo pubblico. “Professore tuttologo” sarebbe l’offesa pronunciata nella massima assise cittadina, una offesa che non regge comunque il confronto con “algidi cadaveri” e che testimonia invece una certa visione nel mondo. A guardar bene, infatti, è il titolo conferito alla persona (professore) ad essere l’oggetto di maggior scherno e non l’attributo (tuttologo): vi sono persone che si definiscono “professori” sedute nei banchi della maggioranza?
Professore, ovvero persona che, godendo di una stipendio fisso, può vivere ripetendo le medesime nozioni senza tenere in conto le modifiche e le innovazioni della vita di ogni giorno: questo intendeva dire la maggioranza. Il “tuttologo” è un qualcosa in più – suona quasi pleonastico (si dice così?); vi sono infatti nella nostra città professori ignoranti in una qualsivoglia materia? |
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