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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 30 Settembre 2008 da imeldamay

 

 ABU IL PESCATORE

Abu era figlio di pescatore e nipote di pescatore. Da bambino aveva visto mille e più volte gli uomini del villaggio partire in mare aperto con le barche, con ogni tempo e in ogni stagione, per poi ritornare col pescato e fare festa nel villaggio. Era la vita da pescatori e nulla cambiava.

Un giorno suo padre e gli uomini della sua barca non tornarono dal mare. Una tempesta restituì solo molto più tardi dei pezzi di scafo.

Crescendo, Abu non ne volle sapere di uscire in mare. Imparò tutto dei pesci, i nomi, le varietà, le caratteristiche. Aiutò suo zio pescivendolo in negozio e lavorò anche in locanda, dove imparò a cucinarli. Ma non volle mai andare in mare a pescarli.

Abu crebbe e, per vivere di pesce, com’era tradizione nel villaggio, si mise ad allevarne una specie d’acqua dolce in una vasca che si costruì apposta dietro casa. Gli affari andavano a gonfie vele. Abu era conosciuto in tutta la regione per i suoi pesci prelibati, richiesti anche da molto lontano. Abu era felice e ogni giorno ringraziava Dio per la fortuna che gli aveva concesso. Non doveva uscire in mare, non doveva fare a pugni col tempo, non doveva mantenere la barca. Era sufficiente tenere pulita la vasca e assicurarsi che i pesci si moltiplicassero e avessero cibo a sufficienza. Era l’uomo più felice della terra.

Successe però che i pesci si ammalarono e morirono. Abu se ne fece portare degli altri che morirono anch’essi, subito dopo. Nel villaggio si mormorava che l’acqua del pozzo di Abu fosse inquinata. Allora Abu, con grande dispendio di denaro ed energie, portò l’acqua da un altro pozzo. Ma i pesci morirono lo stesso.

Abu desistette. Non poteva più vivere di pesci. Ora si arrabbiava ogni giorno con Dio per la peste che gli era toccata. Si lamentava con tutti della propria sorte. Era diventato irascibile e scorbutico e pian piano tutti lo abbandonarono, la gente smise di aiutarlo e di sostenerlo. Cadde in miseria e si ammalò. Un giorno ne ebbe abbastanza e volle farla finita. Decise di buttarsi dalla scogliera. Prima di lanciarsi nel vuoto stette a lungo con lo sguardo fisso all’orizzonte. Poi urlò a Dio: “Che vita mi hai destinato? Che senso ha tutto ciò? Non voglio più vivere così. Questa non è vita!”

Dio gli rispose: “Non è vita nemmeno quella vissuta nella paura. Chi vive nella paura muore prima. Non si può scambiare il mare con una vasca. La vita insegna altrimenti.”

Abu stava comunque per morire, perciò ascoltò quelle parole. La morte apre il cuore e la mente, fa cadere tutte le corazze. Abu sentì e capì…

Non morì quel giorno ma molti anni dopo, con la pelle arsa dal sole e dalla salsedine, con gli occhi pieni del blu più profondo del mare con cui si era riconciliato…

 
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Commenti al Post:
naventae
naventae il 01/10/08 alle 00:16 via WEB
Splendido...
(Rispondi)
 
cercomuscoli
cercomuscoli il 01/10/08 alle 08:12 via WEB
Complimenti bella storia a sfondo marinaro, da molto da riflettere...
(Rispondi)
 
lesfleur
lesfleur il 01/10/08 alle 10:05 via WEB
il tuo racconto,già dalle prime righe,mi ha subito riportata con la mente ad un bellissimo libro di Ernest Hemingway"il vecchio e il mare"..adoro lui e quel libro in particolare..te lo consiglio..in giro ne troverai sicuramente ancora qualche copia. Complimenti,è un racconto bellissimo. Un bacio
(Rispondi)
 
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