Tracce per verifica lunedì

Post n°1 pubblicato il 09 Marzo 2012 da la3c

-le tracce degli articoli per lunedì- (non preoccupatevi, non sono stato a ricopiarli tutti, sul sito della reppubblica c'è tutto, mi è bastato fare copiaeincolla :D):

 

Sognando Londra

GAZA Corre Bahaa saltando tra una buca e l' altra sul lungomare devastato da anni di guerre, allungando davanti a un monte di immondizie che brucia all' angolo con la Omar Mukhtar, sullo sfondo un palazzo accartocciato come se la mano di un gigante l' avesse strizzato, macerie ovunque. Quella tuta nera che sfreccia dal marciapiede alla carreggiata invasa dalla sabbia è popolare a Gaza City, la città più bombardata dell' Era moderna. Si alzano le mani in segno di saluto, di sostegno e di simpatia dalla gente per strada, dalla porta delle botteghe perché Bahaa al-Farra non è un quattrocentista come un altro, è un atleta olimpico che si prepara a portare i colori della Palestina ai Giochi di Londra. Per credere nello sport a Gaza ci vuole pazienza e dedizione, bisogna trovare un senso della vita in una realtà dove un' invisibile oppressione sembra stringere il petto. Nei quasi 365 chilometri quadrati di Gaza vivono un milione e seicentomila palestinesi, i tre quarti per mettere assieme il pranzo con la cena dipendono dagli aiuti alimentari internazionali, c' è l' assedio israeliano, le infrastrutture sono distrutte, la disoccupazione supera il 50 % e Hamas impone con manganello e kalashnikov la sua visione del mondo in stile iraniano. È in vigore una tregua "non dichiarata", ma un conflitto "di bassa intensità" prosegue fra gli integralisti di Gaza e Israele dal 2007. Anche stanotte si è dormito poco per i raid aerei dei caccia che hanno bombardato in due quartieri periferici in risposta a un lancio di quattro missili contro le città israeliane sul confine. Bahaa tutto questo lo sente sulla sua pelle, ma come spiega mentre fa stretching sull' arenile per tutti i palestinesi «lo sport è più dello sport, è una missione». Rappresentare il proprio Paese, proprio mentre è in corso da un anno all' Onu un braccio di ferro per il riconoscimento della Palestina, è qualcosa di più. «È un modo per dire al mondo che ci siamo, che la Palestina non è solo bombe, sassi, guerre e odio. Siamo un popolo». La bandiera palestinese sventolò la prima volta alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996, quando un solo atleta partecipò ai Giochi, furono due a Sydney 2000 e tre andarono a Atene nel 2004 e quattro a Pechino nel 2008. Saranno quattro gli atleti palestinesi che parteciperanno ai Giochi Olimpici questa estate. Con Bahaa al-Farra ci sarà il nuotatore Ahmed Jabreel e due ragazze della Cisgiordania, la nuotatrice Sabeen Kharayoon di Betlemmee la podista Warood Maslaha di Nablus. Sono i migliori nel loro campo, ma come dice Hani Halabi, che guiderà la delegazione palestinese a Londra, «era anche importante che i componenti della squadra olimpica rappresentassero tutti i palestinesi, ovunque vivano». Farra non vede l' ora di arrivare a Londra, che non ha mai visto e sogna magari un podio. «Come tutti gli atleti sogno di vincere una medaglia», racconta questo ragazzo di 19 anni figlio di un fornaio, «spero di essere ioa portare la bandiera alla cerimonia inaugurale, dobbiamo dire al mondo che nonostante tutte le difficoltà noi esistiamo». Ma con un tempo medio di 49' ' 04, cioè quasi sei secondi più lento del record mondiale di Michael Johnson (43' ' 18) l' ambizione di una medaglia di Farra è destinata a rimanere un sogno. Ma Majid Abu Maraheel - olimpionico palestinese ad Atlanta che ha visto i suoi tesori atletici e altri trofei scomparire nel crollo della sua casa per un bombardamento - non demorde. «È ancora giovane, pieno di energia e voglia di sfida, mi aspetto che faccia il suo meglio a Londra, il nostro sforzo deve essere quello di elevarci sopra la partecipazione simbolica. Se vogliamo migliorare i record attuali abbiamo bisogno di tutto l' aiuto che possiamo ottenere». Ma la Palestina è una delle tante Cenerentola di uno sport diventato scintillantee milionario; il calcio è molto popolare e assorbe gran parte dei modesti finanziamenti che l' Anp mette a disposizione degli atleti. Per l' atletica leggera non è rimasto nulla. Nonè arrivato un solo dollaro dei 12 mila chiesti un anno fa al Cio palestinese per la preparazione olimpica e una dieta speciale per l' ultima parte degli allenamenti. Le difficoltà non mancano, ma per Bahaa sono un' altra sfida, se la gente di Gaza è sotto la linea di sopravvivenza, lo sport non è da meno. Scarpe e una modesta attrezzatura sono stati donati a Farra dal ricco emirato del Qatar, Hamas che controlla la Striscia da quattro anni non ha nello sport uno dei suoi interessi. «Eppure se vogliamo migliorare i risultati, se crediamo che la partecipazione a grandi eventi sportivi non sia meno importante della lotta politica, dobbiamo avere un budget per finanziare programmi di preparazione biennali e attrezzature degne di questo nome. Invece ... si guardi attorno». Lo stadio Yarmuk, nel cuore della città, ha vissuto certamente giorni migliori. Non ha palestra, non ha spogliatoi. Il prato del campo di calcio sembra una testa afflitta da alopecia, è giallastro, cotto dal sole e dal freddo di questi giorni. La pista che corre attorno, dove Farra si allena, è di sabbia, ondulata, sconnessa e minacciosa per articolazioni e muscoli. Delle tribune di cemento rimangono intatte solo le prime tre file, le altre adesso sono quel cumulo di macerie da dove fa capolino un ratto grande come uno scoiattolo.

 

 

Quarant'anni dopo l'email stupisce ancora. Ma per essere letti speditele all'alba

 

 IL NUMERO 107 triliardi si fa fatica anche a visualizzare senza fare un confronto. E quindi prendiamo un minuto, un minuto qualunque nella vita del mondo: in quel minuto vengono scaricate oltre 13mila applicazioni per iPhone, scritti 100mila messaggi per Twitter, aggiornati 700mila status su Facebook. E inviate 170 milioni di email. Inviate è la parola giusta. Perché se poi queste email verranno davvero lette è tutto un altro discorso. Aprirle e leggerle tutte probabilmente vorrebbe dire non fare altro per tutto il giorno. Quei messaggi che si accumulano nelle nostre inbox, non sono infatti una festa, sono un assedio. Al quale si risponde nell' unico modo possibile: eliminando la metà dei messaggi in attesa senza neanche aprirli. Premi "cancella": il cestino è il nostro unico alleato. La seconda giovinezza dell' email (scritta senza trattino dopo la e, come ha solennemente stabilito lo scorso anno l' Associated Press Stylebook), sta diventando un problema sociale. O noi o lei. Inventata alla fine del 1971 dall' informatico Ray Tomlinson (prima di lui, il simbolo della chiocciola @ non serviva a molto, e si potevano già mandare messaggi elettronici ma soltanto agli utenti di uno stesso computer), l' email ha praticamente l' età di Internet ed è stata senza dubbio l' applicazione più popolare nei primi decenni della storia della rete. Aprirsi una casella di posta elettronica, anzi spesso più di una, è sempre stato il primo atto di chiunque entri in rete per la prima volta. Il risultato sono gli oltre tre miliardi di profili email attivi nel mondo (uno e mezzo per ogni utente della rete). Parliamo quindi di uno strumento semplicissimo, spesso utilissimo e già quasi antico rispetto alle meraviglie del web 2.0 come gli "hangout" di Google, i videoritrovi dove fino a nove persone possono vedersi, parlare e lavorare a distanza e contemporaneamente sugli stessi documenti. Eppure la vecchia email non solo resiste: cresce. Data per spacciata infinite volte, addirittura sepolta con la nascita dei social network che offrono infiniti modi alternativi di scambiarsi pensieri e parole con le persone che conosciamo, l' email continuaa intasare le nostre caselle postali elettroniche dove si accumulano senza sosta i "messaggi ancora da leggere". Quando il contatore del ritardo diventa a tre cifre, l' unica soluzione è attivare la funzione: "segna tutti i messaggi come letti", ma si tratta evidentemente di una scorciatoia che non elimina il senso di colpa. Ci saremo persi qualcosa di importante assieme a tanta spazzatura elettronica? La spiegazione di questo boom tardivoè semplice: l' email è stata adottata dal marketing, è diventata lo strumento principale per mandarci offerte, proposte, richieste. In una parola: spam, dal nome di una scatoletta di carne che un cameriere continua a proporre ma nessuno vuole in un celebre sketch comico dei Monty Python. Lo spam è diventato un problema serio: riguarda il 70 per cento di tutto il traffico mondiale di email. E il paradosso è che spesso siamo noi ad aver prestato il consenso a ricevere informazioni su prodotti commerciali. Motivo per cui i filtri automatici antispam non funzionano: non possono fermare messaggi che noi abbiamo chiesto di ricevere... A questo, che è un filone ormai consolidato con tanto di studi accademici, negli ultimi anni si è aggiunta la pratica aziendale del "cc": ovvero di mettere quanti più colleghi in "copia conoscenza" di un certo contenuto. Un modo per precostituirsi un alibi. Come a dire: lo sapevate tutti cosa stavo facendo. O almeno avreste dovuto saperlo se aveste aperto la mail che vi ho inviato in "cc". Naturalmente non finisce qui: perché a volte qualcuno inizia a rispondere a queste email con dentro decine di destinatari in "cc", generando altre email e altri "cc". Risultato? Non abbiamo mai speso tanto tempo cercando di mettere ordine nelle nostre inbox, ha calcolato una recente ricerca firmata dalla società di servizi internet Boomerang. I numeri sono impressionanti. In media ogni giorno spendiamo due ore e mezzo per affrontare 147 email. Di queste la metà circa viene cancellata al primo colpo, solo guardando mittente e oggetto: di qui l' importanza di usare la parola giusta nell' oggetto (e quindi meglio "conferenza" "cancellazione" "pagamenti" e "opportunità"; rispetto a "partecipa", "sostieni", "invito" e "conferma"). Ma anche l' orario è decisivo: se non volete che la vostra email venga confusa con una proposta commerciale meglio inviarla alle sei del mattino.

 

 
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