Creato da RunningToStandStill7 il 02/04/2007

U2 & My Music

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Post N° 41

Post n°41 pubblicato il 04 Gennaio 2008 da RunningToStandStill7

JOY  DIVISION

Le meteore più amate

PARTICOLARE BIOGRAFIA DI MARCO TAGLIABUE

"Ecco i giovani, un peso sulle loro spalle
Ecco i giovani, dove sono stati?
Abbiamo bussato alle porte delle camere più scure dell’inferno
Spinti al limite, ci siamo trascinati a forza
Guardammo dalle quinte mentre venivano rifatte le scene
Ci vedemmo ora come non ci eravamo mai visti
Il ritratto dei traumi e delle degenerazioni
Le pene che avevamo sofferto e di cui non ci eravamo mai liberati
Dove sono stati?
Stanchi dentro, ora i nostri cuori sono persi per sempre
Non possiamo rimpiazzare la paura o le emozioni dell’inseguimento
Queste cerimonie svelarono la porta per il nostro vagabondaggio
Aperta e chiusa, poi sbattuta sulla nostra faccia
Dove sono stati?"

(Decades - 1980)

Con queste parole, sulle note di un nastro rallentato fino all’arresto, finiva, con "Closer" (1980), la parabola artistica dei Joy Division. La loro avventura umana si era già tragicamente infranta, poche settimane prima della pubblicazione dell’album, nelle risacche della coscienza di Ian Curtis, voce e immagine della formazione, che pagò con la vita stessa la propria ansia di vivere e di dare un senso nuovo e necessariamente diverso alla propria esistenza.
E’ un tragico momento quello del passaggio dalla giovinezza alla vita adulta, un passo delicato che si compie in genere con la disillusione e la rinuncia ai propri sogni, con l’accettazione di nuove regole e di un nuovo modello di vita; Ian, novello eroe romantico, non volle o non seppe saltare questo steccato e perse la battaglia decisiva contro i fantasmi che si portava dentro, gli stessi fantasmi che avevano in fondo generato la sua Arte.
E’ essenzialmente per questo, per questa malattia inguaribile di cui soffrono gli animi sensibili, che i Joy Division sono e saranno sempre una spina in fondo al cuore per chi, adolescente allora, temporeggia ancora oggi nel crescere e nell’accettarsi adulto, come del resto per chi, adolescente oggi, si accosta per la prima volta alla loro musica.

"Perchè dobbiamo essere repressi quando cerchiamo di fuggire
Perchè dobbiamo tutti crescere quando potremmo solo giocare e giocare
...
Più tardi - sarò terribilmente grande"

(da "At a later date" - 1977)

La loro stagione brevissima fu contrassegnata da due soli album più una manciata di singoli ed e.p., nonchè da poco più di un centinaio di concerti che difficilmente potranno essere scordati da chi ebbe il privilegio di assistervi (la scenografia scarna ed essenziale, le luci basse, le movenze di Ian quasi da marionetta impazzita...), ma il solco tracciato nella storia della "nostra" musica è profondo e fecondo come se ne sono rivelati solo pochissimi altri.
I futuri Joy Division debuttano, con il nome di Stiff Kittens, all’Electric Circus di Manchester il 9 dicembre 1976, in formazione tre compagni di scuola: Bernard Dicken (in seguito Albrecht), Peter Hook e Terry Mason: la loro fugace apparizione non sfugge a Sound che ne darà una pessima recensione. Con l’ingresso di Ian Curtis e di un batterista fisso, Steven Brotherdale (poi Steve Morris), la band assume la sua line-up definitiva e muta il nome in Warsaw, in omaggio al David Bowie decadente della seconda facciata di Low.

Dopo una apparizione - con il brano "At a later date", prima testimonianza vinilitica del gruppo - sul 10" "Short Circuit-Live at the Electric Circus" registrato in occasione di un concerto al famoso locale di Manchester il 2.10.77, i Warsaw registrano nel dicembre 77 il mini-lp "An ideal for living", contenente quattro pezzi (Warsaw, No love lost, Leaders of men, Failures (of the modern man); il disco vedrà però la luce - a spese del gruppo - solo sei mesi più tardi.
Nel frattempo i Warsaw, per evitare problemi di omonimia con un gruppo londinese che aveva appena debuttato sul mercato con un disco a nome " Warsaw Pakt", mutano il nome in Joy Division, termine mutuato dal romanzo" The House of Dolls" di Ka Tzetnik (che già in precedenza aveva offerto spunti per il testo di "No Love Lost") con il quale vengono indicati i reparti dei campi di sterminio nazisti occupati dalle prigioniere sulle quali gli ufficiali tedeschi sono soliti soddisfare i propri reprobi istinti sessuali. Tali elementi, uniti al look piuttosto grigio del gruppo, contribuiranno a fomentare, una volta raggiunta una certa notorietà, ricorrenti accuse di filo-nazismo da parte della stampa musicale "ufficiale" britannica, che non perdona al complesso la dignitosa chiusura alle leggi della società della comunicazione, ovvero a quella del marketing.

Nei primi mesi del 1978, a seguito di un interessamento da parte della RCA, i Joy Division si rinchiudono in studio ed incidono 11 brani: non se ne farà nulla a causa dei termini altamente insoddisfacenti del contratto sottoposto al gruppo e quei nastri andranno, anni più tardi, a costituire il bootleg semi-ufficiale Warsaw.
Dopo un concerto per la neonata Factory Records al Russel Club di Manchester i Joy Division conoscono il produttore Martin Hannett che, da quel momento, non lascerà più il gruppo divenendone a tutti gli effetti il quinto membro ufficiale; altri demo, piccole pubblicazioni e - naturalmente - concerti prima della grande occasione: il 31 gennaio 1979 John Peel invita i Joy Division a suonare nel suo celeberrimo show alla BBC, i quattro pezzi -Exercise One, Insight, Transmission, She’s Lost Control- vengono trasmessi con grande successo il 14 febbraio 1979.
Il gruppo è ormai maturo per l’album di debutto e si chiude, nell’aprile del 1979 sotto la guida di Martin Hannett, negli Strawberry Studios di Stockport: da quelle sessions usciranno 15 pezzi 10 dei quali costituiranno l’esordio ufficiale dei Joy Division.

"Unknown Pleasures" esce nel giugno di quell’anno e altro non si può definire se non un monumento di inenarrabile e inarrivabile bellezza. Dalla enigmatica copertina di Peter Saville - da quel momento responsabile unico della grafica del complesso - destinata ad essere ricordata, accanto alla banana dei Velvet o alla mucca dei Pink Floyd, tra le più famose della storia del rock, alla geniale produzione di Hannett, capace di individuare l’esatto punto di equilibrio fra l’irruenza quasi punk dei vecchi Warsaw e le atmosfere oniriche, ipnotico-decadenti, che avrebbero caratterizzato la produzione futura dei Joy Division, tutto di questo disco è ormai storia. E la musica, naturalmente.
Sono davvero piaceri sconosciuti già dall’intro dell’iniziale "Disorder", con quell’attacco di batteria e quel basso secco ed ipnotico, la chitarra ruvida e tagliente e poi la voce magnetica di Ian ("Ho aspettatto che venisse una guida e mi prendesse per mano/potrebbero queste sensazioni farmi provare i piaceri di un uomo normale?") a declamare liriche intense e struggenti, in una atmosfera plumbea ed inquietante che sovrasta l’ascoltatore fino all’ultima nota, accompagnandolo in un viaggio ideale attraverso il disfacimento della moderna civiltà urbana, fra edifici in degrado e capannoni industriali abbandonati, fra muri che si scrostano e goccie di umidità che cadono incessanti da soffitti ammuffiti...

Questo pezzo, tra i più rappresentativi dell’album, contiene già tutti gli elementi che faranno di "Unknown Pleasures" uno dei 4/5 dischi definitivi della prima new-wave, ideale capostipite di una ininterrotta serie avventure sonore e originale mai eguagliato; ma come tacere poi della solennità di "Day of the Lords", della cupa e rabbiosa poesia di "New Dawn Fades" ("Un cambio di velocità, un cambio di stile/un cambio di scena, senza rimpianti/un’opportunità di guardare, di ammirare la distanza/.../Di tutti gli errori che abbiamo commesso ho preso la colpa/senza meta, così facile da vedere/una pistola carica non ti renderà libero, così dici..."), della melodia scarna e ipnotica di "She’s Lost Control", delle geometrie spigolose di "Shadowplay" e di "Insight" ("Abbiamo sprecato il nostro tempo/proprio non avevamo tempo/ma tutti gli angeli di Dio stiano attenti/e voi giudici state attenti/figli del caso abbiate buona cura/di tutta la gente la fuori non ho più paura"), della tensione doorsiana di "I Remember Nothing"...

Dopo l’uscita di "Unknown Pleasures" da segnalare la pubblicazione dei singoli inediti "Transmission/Novelty" (7/79) e "Atmosphere/Dead Souls" (10/79), di diritto fra i loro pezzi migliori di sempre; "Atmosphere" soprattutto, meravigliosa canzone dai timbri onirici e maestosi, costituisce, con la sua solenne drammaticità, un ponte ideale verso produzione dei Joy Divsion di lì a venire.
Dopo i memorabili concerti dell’8/9/79 al primo Futurama di Leeds, dove ottengono uno strepitoso successo, e del 27-28/10/79 all’Apollo di Manchester, dal quale sono tratti filmati che costituiscono il video VHS "Here Are The Young Men" del 1982, unica testimonianza visiva del gruppo, i Joy registrano il 28/11/79 la seconda "Peel Session", in onda il 10.12.79 con i pezzi "24 Hours/Love Will Tear Us Apart/Colony/Sound of Music".

L’11 gennaio 1980 il complesso tiene al Paradiso di Amsterdam uno dei propri concerti più famosi, documentato da svariati bootleg; al ritorno, in una pausa del tour, vengono composti i pezzi che costituiranno il flexi-disc "Komakino". Le sessions per la registrazione del singolo "Love Will Tear Us Apart/These Days" (il disco uscirà con due versioni differenti di LWTUA perchè Ian Curtis e Martin Hennet non erano d’accordo sull’incisione migliore) e del secondo album "Closer" si protraggono per tutto il mese di marzo; al termine le condizioni fisiche di Ian, già affetto da epilessia, peggiorano notevolmente tanto da non consentirgli di portare a termine più di un concerto.

Il 2 maggio 1980 i Joy Division tengono il loro ultimo spettacolo alla High Hall di Birmingham. Il 18 maggio 1980, all’alba dello sbarco del gruppo negli Stati Uniti per il primo tour oltreoceano e per la firma di un contratto di distribuzione americana con la WEA del valore di un milione di dollari, Ian Curtis viene trovato impiccato nella sua casa di Macclesfield. E’ la fine dei Joy Division e - inevitabilmente - l’inizio del loro mito.
Nel luglio del 1980, preceduto dalla struggente melodia del singolo "Love Will Tear Us Apart" che, con la sua dolente immediatezza pop, diventerà il brano manifesto del gruppo - anche attraverso una miriade di omaggi, dagli Swans a Paul Mc Cartney - esce il secondo album "Closer". Già, che dire di "Closer"? Disco cruciale per l’evoluzione del rock degli anni ‘80? Fondamenta di tutto il movimento dark britannico della prima metà della decade?
Closer" è tutto questo e molto altro ancora, ma è soprattutto l’urlo disperato di un uomo solo, urlo che non è richiesta di aiuto ma, come purtroppo tragicamente dimostrato, accettazione irrimediabile di una sconfitta. Dalla funerea copertina (che tutti giurano decisa quando Ian era ancora in vita) ai ritmi rallentati e avari di melodia, dalle angoscianti verità dei testi alle atmosfere rarefatte e tanto dense da sembrare palpabili, si respira ovunque aria di morte e di desolazione.

"Questa è la crisi che doveva arrivare
a distruggere l’equilibrio che avevo conservato
...
Sono stato pazzo a chiedere così tanto
senza la protezione e la difesa dell’infanzia
va tutto a pezzi al primo tocco"

(da "Passover" - 1980)

La freschezza e l’irruenza di "Unknown Pleasures" cedono quindi il passo a toni più ovattati, a parole e musiche lanciati come stiletti nel cuore dell’ascoltatore: dall’omaggio a Ballard dell’iniziale "Atrocity Exibition", con il suo basso pulsante e la chitarra schizofrenica, ai pugni nello stomaco di The Eternal ("Sdraiato vicino al cancello in fondo al giardino/il mio sguardo spazia dalla siepe al muro/Nessuna parola potrebbe spiegare/nessuna azione potrebbe risolvere/Posso solo guardare gli alberi e le foglie che cadono") e "Decades", con le quali si chiude l’album con un pathos quasi insostenibile, ammorbidito solo dalla glaciale bellezza delle canzoni.

"Così questa è la stabilità, l’amore ha distrutto l’orgoglio
Quello che una volta era innocenza è passato dall’altra parte
Una nube incombe su di me, segue ogni movimento
Profondo nella memoria, quello che una volta era amore
...
Andiamo a fare un giro e vediamo cosa possiamo trovare
Una collezione senza valore di speranze e desideri passati
...
Ora che mi sono reso conto di come tutto sia andato storto
Devo trovare una terapia, la cura richiede troppo tempo
Nel profondo del cuore dove domina il cordoglio
Devo trovare il mio destino prima che sia troppo tardi"

(da" 24 Hours" - 1980)

La storia dei Joy Division finisce quindi così, con una morte pienamente e vanamente annunciata: con quella che, a seconda dei punti di vista, può essere considerata una sconfitta nei confronti della vita o, nella fredda determinazione di essere giudici unici del proprio destino, l’unica vittoria possibile contro di essa.
Dopo la fine dei Joy, gli altri componenti, come era stato stabilito nel caso qualcuno per un motivo o per un’altro avesse lasciato il gruppo, cambiano il nome in New Order e cominciano una carriera che, fra alti e bassi, è continuata fino ai nostri giorni: ma questa è certamente un’altra storia...
Da segnalare infine fra le uscite postume (trattate grazie al cielo con estemo rispetto alla memoria del gruppo, evitando inutili e inappropriate speculazioni), oltre alle due "Peel’s Sessions", "Still" (1981) e "Substance 77-80" (1988). Il primo, doppio album, raccoglie i pezzi scartati dalle sessions di "Unknown Pleasures" e altri inediti oltre alla registrazione integrale dell’ultimo concerto dei Joy Division del 2/5/80 (durante il quale vennero eseguite per la prima e unica volta dal vivo "Ceremony" e "Decades") ed a una curiosa cover live di "Sister Ray" dei Velvet. Substance invece contempla, nella versione CD, tutti i pezzi facenti parte dei singoli ed e.p. del gruppo, dando così ampia reperibilità a tutto - o quasi - il materiale pubblicato dai Joy Division.

 
 
 
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