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Post N° 46

Post n°46 pubblicato il 12 Aprile 2008 da RunningToStandStill7

Le Luci Della Centrale Elettrica

Le Luci Della Centrale Elettrica

(2007)

di Mattia  Bergamini

Nella desolazione del panorama indipendente di questi ultimi mesi, queste dieci tracce sono davvero un disperato urlo nel deserto, storto e sincero come l'esordio dei Wolfango, assoluto tanto da staccarsi dalle labbra e includere in una bolla tutto lo sconcerto e la stanchezza per/di una generazione o meglio un popolo intero che si lascia andare alla deriva. Scorie CCCP esibite fieramente in segno di scherno ma anche come una delle pochissime rappresentazioni musicali possibili per un mondo piccoloborghese che s'appiglia nel vuoto d'idee d'una marea indiepop che continua imperterrita ad avanzare. "Proteggimi dai lacrimogeni e dalle canzoni inutili" urla Vasco ed è come se - con il mantra di Lacrimogeni (forse il pezzo più riuscito del demo) - riuscisse finalmente a squarciare quell'apparenza agiata e benestante e così glamour della quale si sono rivestite tante band indipendenti che si divertono ad assumere pose che non sono loro, che non ci appartengono, mentre l'Italia e il mondo intero continua ad andare a rotoli, e nessuno alza la testa dalle sue All Star per rendersi conto che qui non siamo in UK, che tutte quei sorrisi tenui e tutti quei testi buoni solo per dondolare la testolina ci sono rimasti in gola e bruciano nello stomaco come un boccone mal digerito.

Vasco Brodi spazza tutto via come un tornado che ci libera finalmente della nostra angoscia. E lo fa, magari con ingenuità, ma soprattutto fregandosene d'assomigliare ai suoi maestri, o di suonare innovativo. Se dire agli Offlaga che possono richiamare alla mente i CCCP può causare sui loro volti diverse smorfie, LLDCE invece ce lo dice chiaro e tondo: Giovanni Lindo Ferretti e Rino Gaetano. Ci si può sentire anche qualcosa dell'esordio dei Marta Sui Tubi, soprattutto nei testi, nei climax verticali dell'album seguiti da vortici acquatici e ipnotici. Ma se loro trasfiguravano la vuotezza disperata in altri mondi possibili, e tentavano anche un'obliqua ricerca stilistica, Vasco si spoglia e guarda in faccia alla realtà e lo fa con una spontaneità e una ruvidezza che non si sentiva da parecchio tempo. Certe volte lo fa anche con ottica politica, ma mai da una visuale cieca alle contraddizioni come i tanti gruppi che vivono con le feste di partito. C'è quello scarto che ti fa capire che anche le riflessioni politiche non vengono da qualche stramba teoria ma da esperienze vissute, vissute in modo struggente e col coraggio di guardare in faccia all'assurdità della vita ("precaria era l'aria/ ma anche l'acqua della doccia/ ma se ci fosse un volo a basso costo della Ryan Air/ giuro che ti raggiungerei [...]/ arrivava via internet la sera/ e ti deludeva"). E il tutto dalla benestante e benvestita e pigra e ipocrita Ferrara, che si riflette nello scorrere dei raggi delle biciclette e nell'insegna della Coop, "la città degli attacchi d'asma" che a forza di Ventolin cerca di reprimere tutta l'ansia e la violenza che striscia giù per gli scoli e continua a strisciare sotto alle piste ciclabili. C'è anche tanta ingenuità, ma tutto è sconvolto e schiacciato dall'urgenza e dall'oscura necessità che si arroventa nelle nostre e nelle sue viscere.

Un esordio che ridà speranza alla scena indipendente italiana, sempre più ripiegata su se stessa a rimirarsi l'ombelico. Finalmente qualcuno che parla di ciò che succede davvero, di ciò che occupa i discorsi della gioventù che ha smesso di vivere in un telefilm americano per ritrovarsi in una stanza in subaffitto a riflettere sull'ennesimo lavoro interinale. Un disco da cantare a squarciagola per assolvere finalmente alla sua missione Catartica. E chiunque ci metterà le mani in qualche sala d'incisione non potrà che corrompere la sua sporca disperata e spoglia (im)perfezione.

Sul foglio fotocopiato e graffettato che copre il cd leggiamo che questo è stato "registrato il diciannove e il ventuno di dicembre nel container di e da fedeviola" e che è stato "mixato i primi di gennaio tra atroci ubriacature da fedeviola e noi due".

Uno dei 4-5 lavori da salvare nel panorama italiano di questi (e ormai si può già dire) inutili e sbiaditi anni 00.


 
 
 
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