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Post n°41 pubblicato il 04 Gennaio 2008 da RunningToStandStill7
JOY DIVISION Le meteore più amate PARTICOLARE BIOGRAFIA DI MARCO TAGLIABUE "Ecco i giovani, un peso sulle loro spalle (Decades - 1980) Con queste parole, sulle note di un nastro rallentato fino all’arresto, finiva, con "Closer" (1980), la parabola artistica dei Joy Division. La loro avventura umana si era già tragicamente infranta, poche settimane prima della pubblicazione dell’album, nelle risacche della coscienza di Ian Curtis, voce e immagine della formazione, che pagò con la vita stessa la propria ansia di vivere e di dare un senso nuovo e necessariamente diverso alla propria esistenza. "Perchè dobbiamo essere repressi quando cerchiamo di fuggire (da "At a later date" - 1977) La loro stagione brevissima fu contrassegnata da due soli album più una manciata di singoli ed e.p., nonchè da poco più di un centinaio di concerti che difficilmente potranno essere scordati da chi ebbe il privilegio di assistervi (la scenografia scarna ed essenziale, le luci basse, le movenze di Ian quasi da marionetta impazzita...), ma il solco tracciato nella storia della "nostra" musica è profondo e fecondo come se ne sono rivelati solo pochissimi altri. Dopo una apparizione - con il brano "At a later date", prima testimonianza vinilitica del gruppo - sul 10" "Short Circuit-Live at the Electric Circus" registrato in occasione di un concerto al famoso locale di Manchester il 2.10.77, i Warsaw registrano nel dicembre 77 il mini-lp "An ideal for living", contenente quattro pezzi (Warsaw, No love lost, Leaders of men, Failures (of the modern man); il disco vedrà però la luce - a spese del gruppo - solo sei mesi più tardi. Nei primi mesi del 1978, a seguito di un interessamento da parte della RCA, i Joy Division si rinchiudono in studio ed incidono 11 brani: non se ne farà nulla a causa dei termini altamente insoddisfacenti del contratto sottoposto al gruppo e quei nastri andranno, anni più tardi, a costituire il bootleg semi-ufficiale Warsaw. "Unknown Pleasures" esce nel giugno di quell’anno e altro non si può definire se non un monumento di inenarrabile e inarrivabile bellezza. Dalla enigmatica copertina di Peter Saville - da quel momento responsabile unico della grafica del complesso - destinata ad essere ricordata, accanto alla banana dei Velvet o alla mucca dei Pink Floyd, tra le più famose della storia del rock, alla geniale produzione di Hannett, capace di individuare l’esatto punto di equilibrio fra l’irruenza quasi punk dei vecchi Warsaw e le atmosfere oniriche, ipnotico-decadenti, che avrebbero caratterizzato la produzione futura dei Joy Division, tutto di questo disco è ormai storia. E la musica, naturalmente. Questo pezzo, tra i più rappresentativi dell’album, contiene già tutti gli elementi che faranno di "Unknown Pleasures" uno dei 4/5 dischi definitivi della prima new-wave, ideale capostipite di una ininterrotta serie avventure sonore e originale mai eguagliato; ma come tacere poi della solennità di "Day of the Lords", della cupa e rabbiosa poesia di "New Dawn Fades" ("Un cambio di velocità, un cambio di stile/un cambio di scena, senza rimpianti/un’opportunità di guardare, di ammirare la distanza/.../Di tutti gli errori che abbiamo commesso ho preso la colpa/senza meta, così facile da vedere/una pistola carica non ti renderà libero, così dici..."), della melodia scarna e ipnotica di "She’s Lost Control", delle geometrie spigolose di "Shadowplay" e di "Insight" ("Abbiamo sprecato il nostro tempo/proprio non avevamo tempo/ma tutti gli angeli di Dio stiano attenti/e voi giudici state attenti/figli del caso abbiate buona cura/di tutta la gente la fuori non ho più paura"), della tensione doorsiana di "I Remember Nothing"... Dopo l’uscita di "Unknown Pleasures" da segnalare la pubblicazione dei singoli inediti "Transmission/Novelty" (7/79) e "Atmosphere/Dead Souls" (10/79), di diritto fra i loro pezzi migliori di sempre; "Atmosphere" soprattutto, meravigliosa canzone dai timbri onirici e maestosi, costituisce, con la sua solenne drammaticità, un ponte ideale verso produzione dei Joy Divsion di lì a venire. L’11 gennaio 1980 il complesso tiene al Paradiso di Amsterdam uno dei propri concerti più famosi, documentato da svariati bootleg; al ritorno, in una pausa del tour, vengono composti i pezzi che costituiranno il flexi-disc "Komakino". Le sessions per la registrazione del singolo "Love Will Tear Us Apart/These Days" (il disco uscirà con due versioni differenti di LWTUA perchè Ian Curtis e Martin Hennet non erano d’accordo sull’incisione migliore) e del secondo album "Closer" si protraggono per tutto il mese di marzo; al termine le condizioni fisiche di Ian, già affetto da epilessia, peggiorano notevolmente tanto da non consentirgli di portare a termine più di un concerto. Il 2 maggio 1980 i Joy Division tengono il loro ultimo spettacolo alla High Hall di Birmingham. Il 18 maggio 1980, all’alba dello sbarco del gruppo negli Stati Uniti per il primo tour oltreoceano e per la firma di un contratto di distribuzione americana con la WEA del valore di un milione di dollari, Ian Curtis viene trovato impiccato nella sua casa di Macclesfield. E’ la fine dei Joy Division e - inevitabilmente - l’inizio del loro mito. "Questa è la crisi che doveva arrivare (da "Passover" - 1980) La freschezza e l’irruenza di "Unknown Pleasures" cedono quindi il passo a toni più ovattati, a parole e musiche lanciati come stiletti nel cuore dell’ascoltatore: dall’omaggio a Ballard dell’iniziale "Atrocity Exibition", con il suo basso pulsante e la chitarra schizofrenica, ai pugni nello stomaco di The Eternal ("Sdraiato vicino al cancello in fondo al giardino/il mio sguardo spazia dalla siepe al muro/Nessuna parola potrebbe spiegare/nessuna azione potrebbe risolvere/Posso solo guardare gli alberi e le foglie che cadono") e "Decades", con le quali si chiude l’album con un pathos quasi insostenibile, ammorbidito solo dalla glaciale bellezza delle canzoni. "Così questa è la stabilità, l’amore ha distrutto l’orgoglio (da" 24 Hours" - 1980) La storia dei Joy Division finisce quindi così, con una morte pienamente e vanamente annunciata: con quella che, a seconda dei punti di vista, può essere considerata una sconfitta nei confronti della vita o, nella fredda determinazione di essere giudici unici del proprio destino, l’unica vittoria possibile contro di essa. |
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