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Epatite C

Post n°18 pubblicato il 05 Maggio 2009 da amanda75n

Sintomi e diagnosi 

Una volta penetrato nel fegato il virus causa una epatite acuta che però, nella maggior parte dei casi, è asintomatica. Ciò fa sì che la malattia possa divenire cronica (nell'80% dei casi) senza che il paziente se ne accorga, né possa quindi curarla precocemente. Si stima che su 100 persone infettate dal virus HCV solamente il 15% non sviluppa alcuna patologia cronica liberandosi dal virus grazie al proprio sistema immunitario, il restante 85% sviluppa forme croniche della malattia con complicanze che nel 17% dei casi evolvono in cirrosi epatica, mentre nel 2% in carcinoma epatocellulare.[1] Generalmente i danneggiamenti al fegato non si presentano se non dopo 10-30 anni dall'infezione. Altre patologie possono essere correlate alla presenza del virus C nell'organismo: ad esempio il distiroidismo, la crioglobulinemia mista e alcuni tipi di glomerulonefrite.

Come già detto le forme croniche decorrono per molti anni senza sintomi, ma talvolta si può avere affaticamento, perdita di appetito, nausea, debolezza, lievi dolori addominali.

Il test di screening per individuare gli individui ammalati è la ricerca degli anticorpi (generalmente con metodica immunoenzimatica, EIA) contro il virus, in sigla HCV Ab che sta per Hepatitis C Virus Antibody, in italiano "anticorpo dell'epatite C". Quando è presente significa che il paziente è stato infettato dal virus dell'Epatite C, ma non è in grado di stabilire quando è avvenuto il contagio, né se l'infezione è ancora in atto. Infatti il test rimane positivo per tutta la vita anche nelle persone guarite, sia spontaneamente che con le cure.

Per questo motivo è necessaria una diagnosi più specifica, come la ricerca dell'RNA del virus HCV tramite reazione a catena della polimerasi (PCR). Tale metodica conferma o meno la presenza del virus nel sangue e quindi la presenza o meno della malattia cronica; è indicata in special modo nei soggetti positivi al test di screening per discriminare appunto la malattia attiva o l'avvenuta guarigione e in quelli che devono affrontare una terapia per monitorare la risposta: la negativizzazione di questo test fa capire che la cura è efficace.

Trasmissione 

La fonte di infezione è costituita da soggetti affetti da malattia acuta, ma soprattutto da malattia cronica. Questi spesso non sanno di essere ammalati e possono, inconsapevolmente, trasmettere l’infezione. Le modalità di trasmissione dell’infezione sono soprattutto le seguenti:

  • Via Parenterale: il virus penetra attraverso punture con aghi o strumenti infetti (tossicodipendenti, infermieri, etc) o somministrazione di sangue o emoderivati infetti (prima degli anni Novanta);
  • Via Parenterale Inapparente: il virus penetra attraverso microlesioni difficilmente visibili della cute o delle mucose (spazzolini da denti, lesioni da malattie cutanee, etc.);
  • Via Sessuale: il virus C, sebbene con frequenza di gran lunga inferiore a quella del virus dell’epatite B e/o dell’HIV, si trasmette per via sessuale. La trasmissione per via sessuale avviene solo se durante l'atto vi è scambio di sangue. Non sono infettanti né lo sperma né la saliva, né le secrezioni vaginali. Il rischio è più basso nei partner eterosessuali monogami rispetto ai soggetti con numerosi partner sessuali. In ogni caso il soggetto infetto (monogamo o non) deve sempre informare il partner sano della sua situazione. La coinfezione HIV – HCV aumenta il rischio di trasmissione sessuale di HCV. Altri fattori potenzialmente in grado di aumentare il rischio di infezione sono: la presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili (quali ad es. herpes simplex, gonorrea, tricomoniasi), rapporti sessuali traumatizzanti (ad es. rapporti anali passivi) e mancato uso del condom. Il rischio di infezione appare più frequente nelle donne partners di pazienti infetti che negli uomini partner di donne infette.
  • Via materno–fetale: dai numerosi studi effettuati si può stimare che il rischio di infezione sia inferiore al 5%. Può aumentare solo in certi casi, ad esempio se la madre è tossicodipendente attiva o affetta anche da infezione da HIV. Non è mai stata dimostrata l'utilità del taglio cesareo elettivo (cioè eseguito prima della rottura delle membrane) per ridurre tale rischio. Anche l'allattamento al seno è permesso.

 
 
 
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