Transmission

Soil & Pimp sessions: chi diavolo sono, costoro? Sei giapponesi tamarri, presto i nomi: Shacho l'agitatore, Tabu Zombie alla tromba, Motoharu al sax, Josei alle tastiere, Akita al contrabbasso e Midorin alla batteria. Soil & Pimp Sessions è una club jazz band. 6 è il loro ultimo forsennato album, uscito in Giappone nel 2009 e da noi con grave ritardo.

Predisposizione all'ascolto tamarro di -mettiamo- pop korn, uno dei pezzi più hard. Anzitutto, ingoiare acciughe, aglio, cipolla cruda, come in una sorta di bagna cauda grossolana; poi piazzare la testa in un pentolone, alto, di quelli usati per cuocere la pasta. Percuotere il pentolone con un cucchiaio di legno dal manico lungo, cercando per quanto possibile di tenere il ritmo. Cosa non semplice. Persistere nell'operazione sino al subentro della voce. Spalancare la bocca, esalare la bagna cauda sui generis e gridare, urlare, pAp kArn, pAp kArn, con quanta voce in gola. Liberatorio. E' consentito cedere pure al meteorismo, se l'assunzione degli ingredienti poc'anzi descritti dovesse indurlo.

Batteria forsennatissima, fiati che dettano il ritmo, fracasso adorabile che si stempera persino nel samba di paraiso, si scioglie nei pezzi con voce, non molti, giusto un paio; maestri del kitsch: si guardi l'orrenda schiantosa copertina. Volete altro, amici? Puppa.

Di Bongolian, alias Nasser Bouzida, incredibile polistrumentista (fa tutto da sé, o quasi), dicono faccia soul funk jazz e udite udite boogaloo, termine che mi fa strippare al solo udirlo. Boogaloo. Un nome adatto a un cane. Tipo tobia. Vieni qui, boogaloo. Bellissimo, non trovate.

Bongos for Beatniks è un disco strepitoso, parecchio cool (una vita che aspettavo l'occasione per usare l'aggettivo), immagino serate con martini bianco a bordo piscina, stecchino orrido tra i denti, peli sotto le ascelle, sorrisi sdentati o guasti alla shane mcgowan, donne in bilico su tacchi da vertigine, smalto e talloni rosso fuego, occhiali scuri, cravattino.

Il dischetto, ripeto, è strepitoso, divertente che più proprio non si potrebbe. Se volete, dalle parti nostre ci sono i Calibro 35 che si avventurano in territori simili. Batteria forsennata come per i pimpe, fiati meno invasivi, tastierine hammond in bella vista e tocchi giusti giusti di campane, violini, chitarrucce jazzy, tutto ciò che fa vintage (secondo aggettivo atteso da mo'). Meno acid dei pimpe, molto più rilassato, ma dio del cielo che classe, che bellezza. Bongos for beatniks. Se devo (devo?) citare i pezzi migliori, beh, dico che ho trovato irresistibili a qualunque ora del giorno jackies half nelson e lauren's the clock maker, per tacere di quel give it to me (on the left side)  del cui testo segue esatta traduzione.

Bongos for beatniks. Cercatelo, porco cazzo, e mi ringrazierete.

Give it to me (on the left side).

In un merdoso
e tardo
pomeriggio di settembre
scende dal treno
e si incammina
verso l'uscita
della stazione.

Dammelo, ma sul lato sinistro.

Sulla piattaforma,
una giovane donna,
capelli rossi e jeans stretti,
un paio di infradito nere
o forse sandali apertissimi
a seconda dei punti di vista.

Dammelo, ma sul lato sinistro.

Le dita sembrano tozze
viste da dietro
ma l'alluce no
e nemmeno le altre,
a dire il vero.

Dammelo, ma sul lato sinistro.

Ha lo smalto nero,
ma la cosa che lo colpisce,
alluce a parte,
è la bordatura,
sulla fascia che dalle dita
va verso il tallone.

Dammelo, ma sul lato sinistro.

Una sorta di bordatura indiana
d'argento ricamato,
piuttosto larga,
con ninnoli a pendere.

Dammelo, ma sul lato sinistro.

Cammina
e la bordatura le sta scivolando
molto lentamente
dal tallone
fin sotto la pianta del piede.

Dammelo, ma sul lato sinistro.
Dammelo, ma dal lato sinistro.
(qui il ritmo si fa concitato)

Lo spazio,
scuro,
tra la pianta
e la soletta dell'infradito
è una bocca.

Dammelo, ma sul lato sinistro.

Che frutto può dare la pianta del piede?
Dammelo, dammelo,
ma solo da quel dannato lato sinistro.