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Woody Guthrie - Questa terra è la mia terra

Post n°295 pubblicato il 04 Febbraio 2013 da syd_curtis
 


Editore: Marcos y Marcos, 1997.
Traduzione di Cristina Bertea.


Varrebbe la pena di accostarsi al volume (Bound for Glory, pubblicato in originale nel 1943, l'autore poco più che trentenne) anche solo per l'introduzione di Alessandro Portelli, uno di cui ci si può fidare, che traccia paralleli tra Guthrie e una nutrita schiera di esponenti della cultura americana del Novecento. Steinbeck, tra questi, con il suo Furore (uscito nel 1939). I temi, le ambientazioni, gli anni sono gli stessi _i Trenta, gli anni della Grande Depressione_, entrambe le vicende partono dall'Oklahoma e si spostano verso l'Ovest. Steinbeck maneggia con più sicurezza la materia letteraria, ma ciò che conta è la visione: Guthrie racconta da dentro, hobo tra gli hobos, e se ai personaggi del primo pareva sfuggire il senso di ciò che accadeva loro (la perdita delle capacità interpretative è uno dei temi di Furore), Guthrie ne ha presentissima coscienza (di classe). 
Non solo Furore, come s'era detto: ritornano On the road di Kerouac e Il giovane Holden di Salinger, per il ribellismo giovanile; e non ci si dimentica di Jack London, con The Road, Twain con Huckleberry Finn, Chaplin e Easy Rider di Dennis Hopper, per la tradizione americana del vagabondaggio e del viaggio.

Cosa distingue Guthrie tra tutti questi intellettuali?

Il senso della sua opera di musicista, poeta, scrittore rivoluzionario, sta nell'avere cercato e praticato un modo di fare cultura che è un costante attacco alla proprietà privata, all'industria culturale, alla separatezza del ruolo dell'intellettuale, alla divisione fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, fra città e campagna - un modo di fare cultura ispirato a un'etica di solidarietà collettiva classista, al di là della democrazia competitiva dell'individuo e del mercato (Portelli). Posizioni, ricordo brevemente, che gli costarono le attenzioni del senatore McCarthy e il rifiuto di Okemah, sua città natale: ci vollero decenni prima che accettasse il titolo di patria di Woody Guthrie.

Forse vi hanno insegnato a chiamarmi poeta, ma io non sono poeta più di voi. Non sono più di voi un autore di canzoni, né un cantante migliore. La sola storia che ho cercato di scrivere siete voi. Non ho mai scritto una ballata e nemmeno una storia che dicesse tutto quello che c’è da scrivere su di voi. Voi siete il poeta e il vostro parlare di ogni giorno è la nostra poesia migliore, scritta dal nostro migliore poeta. Io non sono che una specie di notaio e di meteorologo, e il mio laboratorio è il marciapiede, la vostra via e il vostro campo, la vostra strada e il vostro palazzo. Non sono niente di più o di meno che un fotografo senza macchina fotografica. Perciò voglio chiamare voi il poeta e voi il cantante, perché voi leggerete queste righe con una voce che ha più musica della mia. (Guthrie da Born to Win, un'antologia di suoi scritti inediti).

 

Woody Guthrie Questa terra è la mia terra



La biografia va giù come il rosolio, mai fiacca, sempre divertente, tra straccioni polverosi, bande di ragazzini terribili, scazzottate e sassaiole, incendi che devastano case di legno e famiglie, fame, lavori raccattati dove capita giusto per riempirsi la pancia, il boom del petrolio e le illusioni, le catapecchie, i profughi della Depressione e i treni presi a scrocco. Soprattutto, treni. Il viaggio di Guthrie è un viaggio abusivo su treni merci, a volte dentro i vagoni, a volte persino al di sopra. Il libro si apre con Woody e alcuni compagni di viaggio appollaiati sul tetto di un vagone per sfuggire a una rissa tra ubriachi, e si chiude nel medesimo posto, sotto una pioggia battente, con la chitarra a far da (precarissima) tettoia: in mezzo c'è un lunghissimo flashback che ripercorre la sua vita e i suoi viaggi. E' una biografia che si apre generosamente sugli altri: inimmaginabile una storia di Woody Guthrie centrata solo su di sé. Persino il racconto della nascita di un cantautore occupa poche pudicissime pagine:

Poi mio zio mi insegnò a suonare la chitarra e così un paio di volte la settimana andavo nei ranch vicini a suonare per le square dances. Andavo dappertutto cantando i vecchi motivi, inventandoci sopra parole sempre nuove. Per vendere i quadri dovevo trovare qualcuno che se li appendesse alle pareti, invece quando cantavo una o più canzoni a una festa in campagna mi pagavano anche tre dollari a sera. Un quadro te lo comperi una volta per tutte e ce l'hai sul groppo per quarant'anni; ma una canzone la canti e arriva nelle orecchie della gente che si mette a saltare e a cantare con te, e quando hai finito di cantarla non c'è più, così ti pagano per cantarla di nuovo. E poi, quando canti dici tutto quello che ti passa per la testa, puoi inventare un sacco di storie per trasmettere le tue idee al prossimo.
E laggiù nelle pianure del Texas, proprio in mezzo alla conca di polvere, con il boom del petrolio ormai finito, il grano soffiato via e la gente a spasso afflitta da ipoteche, debiti, conti, malattie e preoccupazioni che soffiavano da ogni parte, mi sembrò ci fosse la materia per fare un sacco di canzoni.
Ero amato e odiato: c'era chi mi seguiva e chi mi piantava in asso, chi mi scherniva, chi mi tirava su, chi faceva il tifo e chi mi fischiava. Così in poco tempo fui invitato dentro e buttato fuori da ogni posto di pubblico ritrovo del paese. Ma ormai avevo deciso che le canzoni e la musica erano il linguaggio dei linguaggi.
Non composi mai molte canzoni sulle piste delle mandrie o sulla luna che procede a balzelloni per la volta celeste.
All'inizio erano canzoni buffe su storie che prima andavano male e poi finivano per andare meglio o magari peggio.Poi incominciai a prendere coraggio e a scrivere canzoni su quello che veramente pensavo ci fosse di storto, e a come aggiustarlo; insomma canzoni che dicevano quello che tutti pensavano in questo nostro paese.
Ed è questo che mi ha fatto andare avanti da allora.

Oltre al video citato, date un occhio a queste altre due versioni di This Land is Your Land, la sua canzone più famosa: due altri grandi cantastorie americani, Springsteen e Johnny Cash.


I hate a song that makes you think that you are not any good. I hate a song that makes you think that you are just born to lose. Bound to lose. No good to nobody. No good for nothing. Because you are too old or too young or too fat or too slim too ugly or too this or too that. Songs that run you down or poke fun at you on account of your bad luck or hard traveling.
I am out to fight those songs to my very last breath of air and my last drop of blood. I am out to sing songs that will prove to you that this is your world and that if it has hit you pretty hard and knocked you for a dozen loops, no matter what color, what size you are, how you are built. I am out to sing the songs that make you take pride in yourself and in your work.
(WG)

 
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Commenti al Post:
LaDonnaCamel
LaDonnaCamel il 05/02/13 alle 18:53 via WEB
Ma quando hai tolto la (i) che non mi sono accorta? (bella rece, fa venir voglia)
(Rispondi)
 
 
syd_curtis
syd_curtis il 07/02/13 alle 13:24 via WEB
Quale i? :-)
(Rispondi)
 
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