Creato da gatto.delcheshire il 20/07/2007
Riflessioni sulla natura giuridica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa: tesi sperimentale, discussa il 19/7/2007. presente anche in http://trattatocostituzionaledi.splinder.com/ ; http://trattatocostituzionalediroma.blogspot.com/ ; http://blog.dgmag.it/trattato_costituzionale_#

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quarto paragrafo del terzo capitolo

Post n°21 pubblicato il 20 Luglio 2007 da gatto.delcheshire

1.      Il primato del diritto dell’Unione

             Applicare al Trattato – Costituzionale, la concezione formale/prescrittiva della Costituzione, “presupporrebbe che  gli Stati membri abbiano rinunciato alla loro sovranità ed indipendenza”[1], poiché un documento superprimario costituisce il prodotto di procedimenti autoreferenziali, a causa dei quali l’assetto di potere ordinato giuridicamente ed operante concretamente, cioè la Costituzione materiale delle comunità politiche, viene mutato dall’emanazione di una Carta. Nella prospettiva di una Costituzione europea in  senso prescrittivo/formale, dunque, gli ordinamenti statali si trasformerebbero da limitati, per volontà propria dai Trattati istitutivi, in parziali e l’ordinamento europeo assumerebbe  carattere originario. Esso attesta che un ordinamento giuridico è valido, perché non discende da alcun altro superiore, e ne profila la sovranità, di cui il potere costituente è sua manifestazione.

Nel caso del Trattato – Costituzionale, occorre quindi, in primo luogo, appurare la differenza con il passato. Quando gli Stati hanno posto in essere i Trattati istitutivi delle Comunità, nel rispetto dello ius gentium, hanno esercitato pienamente la propria sovranità internazionale, che è la capacità propria delle organizzazioni politico – giuridiche di impegnarsi, per mezzo di regole a cui esse hanno acconsentito: concludere un Trattato, per uno Stato, significa anche possedere la facoltà di limitare le proprie competenze. Se i Paesi aderenti avessero firmato una Costituzione, avrebbero permesso che la loro sovranità (o parte di essa) fosse transitata ad una Costituzione: ciò sarebbe riscontrabile attraverso la presenza di norme, che indicano l’attribuzione ad un organo comunitario della competenza di decidere, in ultima istanza, la sfera delle competenze dell’Unione europea (la cosiddetta Kompetenz – Kompetenz, ossia la competenza sulle competenze).

La sovranità, allora, non sarebbe più attributo esclusivo di un ordinamento giuridico territoriale, ma diventerebbe caratteristica anche dell’Unione, che esclude di trasformarsi in uno Stato: se lo fosse, si avrebbe necessariamente una Costituzione europea, considerato il nesso, imprescindibile in dottrina, fra Stato e Costituzione[2].

Per accertare se l’Unione europea, grazie al Trattato – Costituzionale, esercita competenze sovrane al di fuori della forma statale, è indispensabile prendere in considerazione l’esistenza di una norma che consenta di definire gli strumenti adatti a consentire un allargamento dei confini della propria competenza rispetto a quelle possedute dai membri. L’articolo I – 6 enuncia: “La Costituzione e il diritto adottato dalla istituzioni dell’Unione nell’esercizio delle competenze a questa attribuite prevalgono sul diritto degli Stati membri.” La supremacy clause recepisce il principio del primato sancito giurisprudenzialmente, stabilendo che il diritto prodotto dalle istituzioni prevale su quello statuale interno, ma all’interno delle competenze conferite all’Unione, come viene espresso dall’articolo I – 1. La lettura del I – 6 è precisata dalla Dichiarazione, allegata all’Atto finale, secondo la quale: “La Conferenza constata che l’articolo I – 6 rispecchia la giurisprudenza esistente della Corte di Giustizia delle Comunità europee e del Tribunale di primo grado”.

Il problema della Kompetenz – Kompetenz emerge[3] a causa della decisione della Corte Costituzionale federale tedesca, chiamata Maastricht – Urteil[4], del 12 ottobre 1993, che segnala come l’Unione non sarebbe un ordinamento sovrano, ma un ente a competenza attribuita, uno Staatenverbund, la cui ampiezza andrebbe determinata dall’esterno, attraverso un esercizio di autorità degli Stati aderenti, che sono Herren der Verträge, cioè signori dei Trattati. Agli organi costituzionali tedeschi, secondo la loro Corte, spetta controllare l’esercizio delle competenze unitarie e di esigerne il rispetto dei limiti. Anche la Corte danese[5], decidendo sulla legittimità del Trattato di Maastricht, ha condiviso le scelte della sua omonima tedesca.

Un controllo costituzionale nazionale sugli atti ultra vires, ossia al di fuori della sfera delle competenze comunitarie e quindi, illegittimi, perché non coperto dagli atti interni di esecuzione del Trattato, si costruisce sulla considerazione della caratteristica “attribuita”, come indicato dall’articolo 5 del Trattato CE, delle competenze. Da parte dello Stato si richiede pertanto, di determinare i propri confini: ciò contrasta con l’affermazione della costituzionalità dell’ordinamento europeo, effettuata dalla Corte di Giustizia. In definitiva, chi decide sugli atti illegittimi? Sono possibili due prospettive.

Nella prima, si può accertare l’ente idoneo a risolvere la quotidianità dei conflitti[6], mentre, nella seconda angolatura, si tratta di definire il depositario dell’originarietà dell’ordinamento comunitario, titolare di una Kompetenz – Kompetenz,  per definire le proprie competenze. Nella prospettiva degli ordinamenti federali, essa è una norma costituzionale, che individua le sfere di competenza per le contese fra soggetti centrali e periferici, ma che, applicata all’ ambito comunitario,  ha il significato di risolvere i contrasti tali da ledere le sfere di sovranità rimaste agli Stati. Se la Costituzione si modifica, sono detentori della  Kompetenz – Kompetenz gli organi deputati alla revisione, ma, una volta realizzata, le norme sulle competenze  devono essere rese effettive e giustiziabili dalle Corti costituzionali.

Nella prima prospettiva, il Trattato ha previsto un  “arbitro ultimo del sistema”, perché gli Stati membri hanno istituito una Corte di Giustizia, per risolvere le controversie emergenti, riconoscendole la giurisdizione di valutare la legittimità e la validità delle misure comunitarie, senza che sia fissato il diritto di non rispettare le decisioni prese dalle istituzioni ultra vires, attraverso il meccanismo dell’autointerpretazione dei Trattati. Naturalmente, si fa notare[7] che l’opinione dominante in dottrina, confermata dalla prassi, conclude che l’autointerpretazione di un Trattato non è giuridicamente rilevante, se le Alte Parti hanno eretto un sistema giudiziario per la risoluzione dei conflitti. Per eliminare le pretese al riconoscimento del valore prescrittivo all’autointerpretazione, i soggetti del diritto internazionale hanno creato i meccanismi di giudizio e quindi, riconoscere ad essi l’autentica interpretazione degli accordi, le cui caratteristiche sono disciplinate dalla Convenzione di Vienna all’articolo 31, significa rispettare pienamente la norma consuetudinaria del pacta sunt servanda. La configurazione di un sistema sovranazionale comporta pertanto, la rinuncia di un controllo giurisdizionale esterno dall’esercizio dei poteri conferiti all’Unione, poiché essa assicura, con la Corte, un meccanismo di accertamento sull’esercizio delle competenze.

Nella seconda prospettiva, individuare chi possiede la Kompetenz – Kompetenz dà luogo a due risposte[8]. Se il fenomeno comunitario trae fondamento dall’autolimitazione degli Stati, a questi e quindi, ai loro organi di giustizia costituzionali spetta la competenza sulle competenze; mentre, essa interessa l’Unione, se è un ordinamento autonomo e originario. Il Trattato – Costituzionale definisce autonomamente le proprie competenze? L’articolo I – 6 chiarisce che tutte le fonti del diritto unitario prevalgono, solamente nei settori di spettanza. La scrittura del principio di supremazia non implica che, attraverso questo riconoscimento all’opera della Corte, gli Stati abbiano voluto impegnarsi, più di quanto abbiano voluto fare precedentemente[9]. A differenza della Costituzione federale americana, ad esempio, in cui è chiaro che essa prevale non soltanto sul diritto degli Stati federati, ma anche sulle loro fonti superprimarie[10], una lettura combinata dell’articolo I – 6, del Preambolo e dell’I – 8, in cui si afferma che il principio del motto “unita nella diversità” esclude che si superino le specificità nazionali, suggerisce che il testo dei Convenzionali non voglia porsi come norma gerarchicamente superiore alle Costituzioni statali.

Ciò è ribadito dalla décision del Conseil Constitutionnel francese del 2004, resa su richiesta del Presidente della Repubblica, sulla necessità di revisionare la Costituzione francese del ’58, per autorizzare alla ratifica del Trattato – Costituzionale, e anche dal Tribunal constitutional spagnolo, che, nello stesso anno, ha accertato eventuali antinomie con la Carta del ’78: gli organi di giustizia costituzionale hanno decretato l’essenzialità del primato al sistema unitario, poiché con esso, si garantisce effettività al processo d’integrazione negli ordinamenti statali, ma nei limiti, come si legge nella pronuncia spagnola, della “soberanìa del pueblo español y de la supremacìa de la Constitucìon que éste se ha dado[11].

La delimitazione delle competenze è fondata, in base all’articolo I – 11, sul principio di attribuzione, su cui si fonda il conferimento di ambiti da parte degli Stati membri all’Unione, istituita dalla Costituzione (art. I – 1), per il raggiungimento di obiettivi comuni, ricalcando l’articolo 5 del TCE. La disposizione rivela che i poteri europei derivano da quanto è concesso dagli Stati[12], la cui sovranità esiste indipendentemente dai Trattati e l’uso del modo indicativo, nella seconda proposizione del secondo paragrafo del I – 11, rivela che[13] la situazione di fatto precedente alla Convenzione non è stato trasformata da quanto è sancito nel documento. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione appartiene agli Stati membri e il richiamo ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità confermano il disposto del I – 11. Sia la sussidiarietà, che si applica ex art. I – 11, terzo paragrafo, nei settori non di esclusiva competenza dell’Unione, sia la proporzionalità, a causa di cui, forma e contenuto dell’azione dell’Unione non superano quanto è necessario al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Trattato – Costituzionale, riguardano non tanto l’individuazione delle competenze, quanto il loro esercizio[14].

Il nuovo Trattato non ha prodotto meccanismi adatti ad assicurare all’Unione, attraverso le proprie attività normative, la possibilità di definire le proprie competenze, come appare dall’art. I – 18, paragrafo 1, che riprende il 308 del Trattato che istituisce la Comunità europea (ex 235 nel Trattato del 1957). L’articolo 308[15], denominato “clausola di flessibilità”, modifica il significato del principio del singolo mandato enumerativo, nato a Roma e comprendente la competenza “integrativa” sull’instaurazione del mercato comune e quella sul coordinamento delle politiche economiche dei paesi. Nel 308, la competenza non si fonda su alcuna attribuzione esplicita, ma si deduce dagli scopi, con il vincolo tassativo che il Consiglio non ha il potere di modificare l’attuale ripartizione delle competenze, né porre nuovi obiettivi, diversi da quelli elencati nei Trattati. Inoltre, l’unanimità prevista consente a ciascun paese componente di esercitare un controllo sul processo di espansione[16].

La novità dell’I – 18 consiste nel riferirsi all’intero complesso delle politiche della Parte terza, che non riguardano quindi, esclusivamente il mercato comune, ma anche i pilastri della Politica Estera e di Sicurezza Comune e della Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, aboliti dal Trattato – Costituzionale. Se da una parte, l’indicazione, contenuta nella disposizione, sembra ampliare l’ambito di applicazione del meccanismo della flessibilità, d’altra parte appare più restrittiva[17], perché impone che il raggiungimento dei fini del documento debba essere ricondotto nelle politiche dell’Unione e non ad un generico “funzionamento del mercato comune”.


 
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