Creato da gatto.delcheshire il 20/07/2007
Riflessioni sulla natura giuridica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa: tesi sperimentale, discussa il 19/7/2007. presente anche in http://trattatocostituzionaledi.splinder.com/ ; http://trattatocostituzionalediroma.blogspot.com/ ; http://blog.dgmag.it/trattato_costituzionale_#

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quinto paragrafo del terzo capitolo

Post n°23 pubblicato il 20 Luglio 2007 da gatto.delcheshire

1.      Le procedure di revisione

Sulla disciplina dell’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea si è sostenuto che, al contrario delle norme sugli assetti comunitari, “non ha corrisposto la costituzionalizzazione delle loro fonti”[1]: dalle caratteristiche della norma quindi, emerge evidente la signoria degli Stati, che è non diversa da quella di cui si avvalgono per tutti gli altri Trattati. In continuità con  gli articoli 236 del TCE, 204 del Trattato CEEA e 96 del CECA, a cui si sostituisce, la norma prevede che il potere di revisione sia della Conferenza dei rappresentanti degli Stati membri, rimettendone ogni decisione per la convocazione al Consiglio, salvo la consultazione, riferita peraltro, in termini non vincolanti, del Parlamento e della Commissione. Esclusa questa circostanza, i protagonisti dell’iniziativa sono, come per le conferenze internazionali, i Governi degli Stati, mentre ruoli marginali spettano agli organi comunitari.

Con il Trattato – Costituzionale ci sono state delle innovazioni, poiché sono state introdotte tre procedure differenti: quella ordinaria, disciplinata all’articolo IV – 443, quella semplificata, al IV – 444 e la procedura semplificata relativamente alle politiche e alle azioni interne all’Unione, nel IV – 445. Nella revisione ordinaria, l’iniziativa appartiene ai Governi, alla Commissione e al Parlamento, e si mantiene il requisito dell’unanimità, per l’approvazione da parte della Conferenza Intergovernativa e nella successiva ratifica.

Rispetto all’articolo 48 TUE, la procedura indica l’utilizzo di una Convenzione, che partecipa alle revisioni e che esamina i progetti sottoposti al Consiglio e trasmessi da questo al Consiglio europeo. La Convenzione agirà con il metodo del consensus, come è accaduto nel 2002 – 2003, e adotterà una raccomandazione da sottoporre alla Conferenza dei Plenipotenziari. Qualora l’ampiezza delle modifiche non giustifichi la creazione della Convenzione, il Consiglio europeo può, sentito il Parlamento, determinare il mandato della Conferenza.

La procedura semplificata, ai termini dell’art. IV – 444, si applica in due casi precisi: il primo riguarda le disposizioni della Parte terza, in cui il Consiglio vota all’unanimità; il secondo coinvolge le norme che prescrivono l’adozione di una legge o una legge quadro europea, tramite la procedura legislativa, con voto unanime. Il Consiglio europeo può adottare, con il parere conforme dei Parlamenti nazionali, una decisione europea che autorizza il Consiglio a deliberare a maggioranza qualificata, che, ai termini dell’articolo I – 25 paragrafo 2, consiste nel 72% dei voti dei rappresentanti degli Stati, che comprendano almeno il 65% della popolazione dell’Unione.

L’ultima procedura, all’art. IV – 445, riguarda il terzo titolo della III Parte, e consiste nella facoltà del Consiglio europeo di modificare all’unanimità le disposizioni relative, seguendo la proposta di un Governo, del Parlamento o della Commissione e sentito il parere dei due organi unitari e della Banca Centrale europea, per questioni sulla moneta. La decisione europea entra in vigore, in conformità alle regole costituzionali degli Stati, dopo la loro approvazione, che, secondo l’intuizione di alcuni[2], implica l’utilizzo di forme di recepimento meno rigorose e formalizzate di quelle di ratifica. 

Nella procedura ordinaria, sull’introduzione del metodo Convenzione, si può notare che[3] il ruolo ritagliatole, a meri fini preparatori, connota un’estrema prudenza, da parte degli Stati, volto a salvaguardare gli equilibri delle trattative interstatali, piuttosto che sottolineare la vicinanza dell’organo agli schemi del costituzionalismo. Nondimeno, un simile meccanismo può essere capace di generare un movimento di forze politiche e sociali che mutino la natura dei lavori Convenzionali da preparatori a deliberativi di fatto, perché gli Stati riluttanti ai cambiamenti suggeriti si troverebbero nella situazione di non opporsi[4]: tutto dipende, in sostanza, dalla capacità della Convenzione di guadagnarsi l’autorevolezza sufficiente, ad ogni revisione[5], non essendo stato specificato, nell’articolo IV – 444, se il consesso debba attenersi ai progetti presentati al Consiglio, oppure possa apportarvi delle modifiche, sull’esempio di quello del 2002 – 2003. 

Il mantenimento del requisito della doppia unanimità, come già nell’articolo 48, impedisce un’assimilazione dell’Unione al modello delle Costituzioni federali, dato che, per esempio, sia negli Stati Uniti sia in Svizzera, la revisione è sottoposta al consenso di una larga maggioranza. L’unanimità rivela la natura pattizia delle norme, anche se è vero che gli statuti e alcuni recenti trattati istitutivi di organizzazioni internazionali prevedono la maggioranza: è il caso del Protocollo di Kyoto o del Fondo Monetario Internazionale, in cui si computano anche criteri diversi dal numero degli aderenti[6]. Inoltre, la Convenzione di Vienna, all’articolo 40, relega l’unanimità ad un ruolo subalterno, poiché è contemplata, solo se un trattato multilaterale non contiene una propria disciplina di revisione e, ai sensi dell’articolo 5, consente, in determinate condizioni, alle Parti di un Trattato multilaterale, di modificarne il contenuto con effetto inter partes[7]. Tuttavia, il superamento del principio dell’unanimità avrebbe fornito con più chiarezza, un indizio conclusivo sulla natura del documento firmato a Roma, anche se c’è chi[8] non manca di sottolineare che uno Stato federale potrebbe definirsi sovrano, anche se le modifiche costituzionali fossero condizionate all’approvazione unanimità dei paesi federati, trattandosi di un procedimento di revisione particolarmente rigida[9].  

Del resto, la previsione della cosiddetta passerella, nell’articolo IV – 444, permette il superamento dell’unanimità e impedisce di conseguenza, la convocazione della Convenzione,  stabilendo la previsione della maggioranza, ma essa può non essere adottata, se uno o più Parlamenti nazionali, a cui il Consiglio trasmette le iniziative intraprese ex articolo IV – 444, decidono di esprimersi in senso contrario alla modifica, configurando un diritto di veto[10], che si somma a quello che gli Stati hanno per utilizzare la passerella, all’interno del Consiglio europeo. Con la passerella, tuttavia, la responsabilità di approvare attivamente un emendamento graverà sui rappresentanti degli Stati membri in Consiglio europeo, come accade negli Stati federali, in cui è istituita una camera territoriale che si fa portavoce degli interessi degli Stati membri[11]. 


[1] Cfr. S. BARTOLE, A proposito della revisione del trattato che istituisce la costituzione dell'Unione Europea, in Diritto Pubblico, 2003, 9, 3, p.775.

[2] Secondo G. BUSIA, Ammissione di nuovi Stati, recesso dall’Unione e revisione del Trattato Costituzionale, in F. BASSANINI, G. TIBERI (a cura di), La Costituzione europea, un primo commento, Bologna, Quaderni di ASTRID, Il Mulino, 2004, p. 261.

[3] In questi termini, L. ALBINO, La progressiva costituzionalizzazione dell’Unione europea. Percorsi e processi tra ipotesi costituenti e consolidamenti normativi, Torino, Giappichelli, 2005, p. 117.

[4] Come nota E. CANNIZZARO, ult. op. cit., p. 260.

[5] Lo ipotizzano G. BUSIA, G. DE MINICO, Revisione, recesso, approvazione e ratifica del trattato costituzionale in F. BASSANINI, G. TIBERI (a cura di), Una Costituzione per l’Europa; dalla Convenzione europea alla Conferenza Intergovernativa, Bologna, Quaderni di ASTRID, Il Mulino, 2003, p. 64.

[6] Tuttavia, L. DIEZ - PICAZO , Treaty or Constitution? The Status of the Constitution for Europe, in WEILER AND EISGRUBER,  eds., Altneuland: The EU Constitution in a Contextual Perspective, Jean Monnet Working Paper 5/04, http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/04/040501-11.html, p. 8, precisa: “consent is unavoidable only to be obligated the first time: once one has voluntary adhered to a club the rules of which allow for their non unanimous amendaments, one will not be entitled to refuse obedience to those amendaments to which one has not consented”.

[7] Così, C. PINELLI, Ratifica e referendum: verso la conclusione del processo costituente europeo?, in Politica del diritto, 2005, 36, p. 76.

[8] Nell’analisi di G. GUZZETTA, Problemi intorno all’adozione di una Costituzione per l’Unione Europea, in Teoria del diritto e dello Stato, 2003, 3, p. 76.

[9] Cfr. A. GATTINI, Questioni di metodo nella revisione dei Trattati, in AA. VV.,Verso la Costituzione europea. Atti dell’incontro di studio. Urbino, 17 giugno 2002, Milano, Giuffrè, 2003, p. 97.

[10] Nel senso, R. BIN, P. CARETTI, Profili costituzionali dell’Unione europea, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 199.

[11] Come ricorda B. DE WITTE, La dimensione nazionale della revisione dei Trattati europei, in Quaderni costituzionali, 2005, 25, 1, p. 53.

 
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