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Il Carnevale in Trentino

Post n°56 pubblicato il 18 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

MASCHERE E RITI

Gli straordinari personaggi dei carnevali dolomitici

 

Carnevale, la festa popolare per antonomasia, rispecchia ed evidenzia in maniera emblematica questa peculiarità.

E infatti in Trentino esiste una particolare concentrazione di Carnevali tradizionali i quali costituiscono una singolare sintesi di elementi cerimoniali che si rifanno, di volta in volta, a tradizioni schiettamente veneziane, a "riti" tipici di altre regioni dell'Italia settentrionale, del mondo tedesco o più in generale dell'Europa centrale.

Alla dinastia asburgica è dedicato uno dei più importanti ed antichi carnevali del Trentino, ossia quello di Arco; in questa città, rinomata località di cura e soggiorno ai tempi della corte asburgica, si tengono cortei storici e sfilate di carri allegorici, il gran galà e soprattutto il tradizionale gran ballo delle debuttanti. Il capoluogo, Trento, mette in scena festeggiamenti che coinvolgono tutta la città. Diverso lo spirito dei carnevali tradizionali, legati al mondo antico, alle tradizioni e all'identità del territorio: in Valle di Fassa si rievocano i cerimoniali ladini, mentre a Palù in Valle dei Mocheni sono protagoniste le due maschere fondamentali del vecchio e della vecchia, che seguite da un corteo percorrono i sentieri che collegano i vari masi. Caratteristici sono anche i carnevali di Grauno, della Valfloriana, di Predazzo e di San Martino di Castrozza.

 

Il Carnevale asburgico di Arco

Si celebra all'insegna e in onore degli Asburgo il Carnevale più famoso e fastoso del Trentino, quello di Arco. La famiglia imperiale d'Austria amava moltissimo la città di Arco tanto che il principe Alberto nel 1872 fece costruire la splendida villa Arciducale per consentire un soggiorno degno all'imperatore e alla sua corte in quella che era considerata la "riviera dell'Impero".

E' proprio per ricordare quell'epoca che il Comitato organizzatore del Carnevale ha inteso far rivivere un'atmosfera impareggiabile quanto a fasto e splendore.

Il programma è incentrato sul grande ballo in costume dell'ultimo sabato di Carnevale che si terrà nei sontuosi saloni del Casinò. Ballerine nelle elaborate ed elegantissime toilettes d'epoca e ufficiali fasciati da impeccabili divise - costumi realizzati riproducendo fedelmente modelli d'epoca - intrecceranno i loro passi sulle note dei più famosi e travolgenti valzer di Strauss.

Allo scopo di far rivivere fin nei dettagli l'atmosfera asburgica, prima delle danze saranno serviti piatti realizzati sulla base di ricette tratte dal famoso libretto di "Mamma Anna" che risale al 1863.

Gli Asburgo con tutto il loro fasto saranno i protagonisti anche del Carnevale di Madonna di Campiglio dove è in programma un corteo di carrozze d'epoca (e d'epoca saranno anche i costumi di coloro che su quelle carrozze prenderanno posto) e successivamente il Grande Ballo in Maschera (costumi asburgici, naturalmente) nei saloni mitteleuropei dell'Hotel Des Alpes.

Ma per tornare ad Arco, non si può dimenticare che il Carnevale è diventato giustamente famoso per il corteo dei carri mascherati (sfilano la domenica).

 

Il Carnevale di Palù (Valle dei Mocheni)

A Palù in valle dei Mocheni (isola etnico linguistica tedesca del Trentino orientale) la festa di Carnevale è forse la festa più importante dell'anno. Protagonisti e organizzatori della festa sono i "coscritti" nel cui ambito debbono essere scelte le tre maschere fondamentali del Carnevale mocheno: il vecio, la vecia e l'oiertrogar (il raccoglitore di uova).

Molto complesso il cerimoniale cui devono dar vita.

Il lunedì di carnevale visitano una per una le case delle frazioni, ordinano le torte che serviranno l'indomani e raccolgono notizie sulle ragazze che vi abitano.

Il martedì si comincia di buon mattino. Il corteo carnevalesco passa di maso in maso, dove avviene una semina beneaugurante e si raccolgono uova, vino e offerte in denaro. Poi tutti al bar dove il vecio crolla a terra come morto e la vecia (ma poi le parti si invertiranno) scopre il testamento e lo legge.

E' la parte più importante della cerimonia: il testamento è un atto burlesco (in passato veniva scritto nella lingua mochena) attraverso il quale si parla del paese, della sua gente e si stabiliscono gli accoppiamenti tra i giovani per il ballo. La comitiva visita così tutte le frazioni ripetendo il rito senza mutamenti.

La conclusione avviene, questa volta alla presenza di turisti e curiosi (in pochi hanno il coraggio di seguire il corteo nei masi più alti), nella piazza principale dove il cerimoniale si ripete per l'ultima volta. In tarda serata i bambini accendono un grande falò e salutano il Carnevale che se ne va.

 

Il Carnevale ladino della Val di Fassa

In valle di Fassa, isola ladina delle Dolomiti, il Carnevale (Mascherèda, in lingua ladina) vanta tradizioni molto antiche radicate in tutti i paesi anche se con varianti spesso significative.

Tradizionali maschere hanno per protagonisti: Bufòns (ai quali sono permessi tutti gli scherzi), Lachè (servitori e garanti delle maschere) e Marascòns (grandi maschere con le cinture cariche di campanacci, che vengono fatti risuonare a rito di una particolare danza). Il Bufon, che indossa una curiosa maschera di legno con il naso lunghissimo detta "Facera" e veste un ricco costume impreziosito con pizzi e nastri colorati, se la prende con la gente del paese, specie con le donne. Tutti i peccati, veri o presunti, vengono messi in piazza.

A Penia e Alba, i centri più lontani della valle, le maschere corrono di casa in casa a lanciare le loro accuse. Poi a sera c’è l'irriverente festa conclusiva, prima del grande ballo. Nella "variante" di Campitello, la festa avviene in piazza a beneficio del pubblico.

Qui la comunità presenta se stessa agli estranei e si prende in giro e qui c’è poco spazio per il Bufon di fatto privato del suo ruolo rituale. La cerimonia si conclude poi con il "molin de la veies" (il mulino delle vecchie).

Si tratta di una mascherata presente in altri Carnevali europei. Le vecchie vengono catturate e gettate dentro il mulino dove i diavoli le prendono e le gettano nella macina. La ruota però questa volta macinerà la vita in senso contrario e le vecchie rinasceranno giovani e bellissime per ballare con i diavoli a loro volta diventati gagliardi giovanotti.

 

Il Carnevale del Tesino

Si rifà a vicende realmente accadute nel XIV secolo il "Processo al Biagio" ovvero il Carnevale del Tesino, che si conclude non il martedì grasso, ma il mercoledì delle ceneri. Biagio delle Castellare, capitano dell'esercito di Francesco da Carrara, detto il Carrarese, fu per alcuni anni - dal 1356 al 1364 - il tiranno spietato e crudele del Tesino. di lui le genti del Tesino ebbero a patire angherie e privazioni di ogni sorta. E la storia ci dice che alla fine riuscì pure a evitare, fuggendo, il castigo cui i suoi sudditi lo avevano destinato. Ed è per questo che i tesini hanno deciso di giustiziarlo, almeno in effige, in perpetuo: vale a dire alla fine del Carnevale.

La manifestazione è molto complessa - tanto che non tutti gli anni è possibile organizzarla - e prevede la partecipazione di decine di "attori" in costume: armigeri con tanto di corazza, giudici, avvocati, poliziotti, cavalieri e popolani. Si comincia il martedì quando i tesini, divisi in due gruppi, si lanciano alla ricerca del tiranno.

Mercoledì è il giorno del processo che comincia a Pieve Tesino con la lettura del lunghissimo capo d'accusa e la sfilata dei testimoni a carico del tiranno. Tribunale e popolo si spostano poi a Castello Tesino dove entra in scena l'unico teste a discarico: un disgraziato che non giova certo alla causa di Biagio.

Dopo la requisitoria dell'accusa e una non troppo convinta arringa del difensore, la sentenza non può che essere di condanna. A morte.

Il tiranno in carne ed ossa viene sostituito da un fantoccio che finisce sul patibolo mentre la gente applaude la fine di ogni sofferenza e la festa si conclude con una colossale sbigolada (spaghettata) e con l'immancabile grande ballo.

 

Il Carnevale di Grauno

La gente di Grauno, piccolo paese di montagna, è custode gelosa e convinta di uno dei più antichi e particolari Carnevali del Trentino.

Protagonista di questa festa, che non ha bisogno di costumi o di maschere, è l’albero e questo è un retaggio degli antichi riti precristriani di propiziazione e di fecondazione.

L’organizzazione spetta ai giovani, che devono addobbare, solo dopo la mezzanotte, le quattro fontane del paese con rami di pino. La festa vera e propria si svolge però negli ultimi giorni di Carnevale.

In primo luogo i giovani devono salire sul monte e tagliare un grande albero: il più bello del bosco. Niente paura, non si tratta di un atto di "vandalismo": la foresta è comunale ed è con la vendita di un lotto di legname che viene finanziato il Carnevale.

Spogliato dei rami, il pino viene trascinato in paese dove viene "battezzato" davanti a tutta la gente che poi assiste a una recita scritta per l’occasione, che si rifà a fatti e fatterelli accaduti nel corso dell’anno e nella quale vengono presi in giro i personaggi più noti del paese. A questo punto ha inizio la fase più spettacolare. Il pino viene trascinato fino al "doss del Carneval" (il colle del Carnevale) e piantato nella "busa del Carneval".

La buca, profonda 7 metri, è la stessa da sempre e la terra è impastata col carbone di decine e decine di alberi. Il pino viene issato e ricoperto da cima a fondo di paglia. A sera attorno a questo gigantesco totem si raduna tutta la gente del paese e l’ultimo sposo dell’anno scortato dalla sposina ha il compito di dare fuoco all’albero che arde subito come una gigantesca torcia visibile da tutta la valle. Ancora oggi i più vecchi del paese sanno trarre dall'andamento delle scintille auspici sui prossimi raccolti.

 

Il Carnevale di Valfloriana

Quello della Valfloriana è uno dei più antichi Carnevali del Trentino. E’ tanto particolare da costituire una delle più interessanti mascherate dell’intero arco alpino. Anche qui, come in val di Fassa, grande importanza hanno le maschere di legno, realizzate dagli artigiani locai.

Il Carnevale di Valfloriana si svolge in un periodo che va dall’Epifania al martedì grasso, ma senza date fisse. 

 Gli abitanti di ogni frazione (delle 13 che compongono il comune), decidono infatti a sorpresa di "andare in maschera" e di visitare le altre frazioni che a loro volta a sorpresa restituiranno la visita. Tante le maschere di questa festa: i matoci, gli arlecchini, i sonadori, la bèla, i sposi, i paiaci.

Il personaggio principale è il matocio. Mascherato e con l’abito addobbato di pizzi e nastri colorati, il viso nascosto dalla maschera di legno (facèra), ha il compito di precedere il corteo dei compaesani.

All’ingresso di ogni frazione viene fermto e interrogato, ma lui rispondendo in falsetto aiutato anche dalla maschera di legno, deve essere tanto abile da non farsi riconoscere.

Di frazione in frazione il corteo variopinto e sghignazzante (ci pensano i paiaci) arriva fino a Casatta, la più bassa, dove in genere ha luogo il grande ballo finale. Tutte le frazioni si sfidano in questa gara antica e sempre nuova.

 

Il Carnevale di Romarzolo

Molto particolari le celebrazioni del Carnevale del Romarzolo, frazione di Arco composta da tre nuclei: Chiarano, Varignano e Vigne. Come avviene nel Carnevale di Grauno in valle di Cembra, a Romarzolo non sono maschere e costumi a caratterizzare la festa, ma le piante.

In questo caso il bambù e soprattutto l’alloro, piante che prosperano nell’Alto Garda favorite dal clima particolarmente mite. 

Con le canne di bambù, lunghe diritte e molto leggere, i ragazzi di ciascuna delle tre frazioni realizzano una struttura a forma di piramide (chiamata carnevali) che viene poi rivestita con rametti di alloro e addobbata sulla punta con una fronda particolarmente ricca della stessa pianta.

I carnevali, cui vengono appese corone di stelle filanti - ma anche salamini, sardine, arance e focacce - vengono portati in processione lungo le strade dei tre paesi la prima domenica di quaresima.

Sotto a ciascuna piramide si nasconde un ragazzino che suona in continuazione un campanaccio. Il corteo è preceduto da altri ragazzi che reggono rametti di alloro detti solagni.

Intonando senza sosta la cantilena "Carneval de la bruta gial" il corteo si snoda lungo le strette stradine delle frazioni (e non sempre è agevole superare i bassi porticati) fino a raggiungere una radura posta sulla collina dove i carnevali vengono uniti a formare un’unica grande catasta e quindi bruciati. Non prima di aver tolto le cibarie che vengono distribuite tra la gente mentre si consuma il "sacrificio" a base di alloro e bambù.

 
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