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Il Tricolore Sportivo

Post n°483 pubblicato il 23 Aprile 2009 da tricolore.sport

IL TRICOLORE SPORTIVO

 

Giovedì, 23 Aprile 2009

 

Il Tricolore Sportivo

 

COPPA ITALIA: JUVE ELIMINATA. LA LAZIO IN FINALE

 

La Lazio affonda la Juve e si qualifica per la finale di Coppa Italia. I bianconeri, sconfitti 2-1, hanno subito la contestazione dei loro tifosi, che hanno preso di mira soprattutto Claudio Ranieri, invitato ad andarsene, e la dirigenza. Vittime delle proteste anche Fabio Cannavaro, in procinto di tornare a Torino, e ancora Mario Balotelli, cori interrotti solo dall'annuncio dello speaker che ha invitato tutti i presenti al fair play. «Quando le cose vanno bene fanno piacere gli elogi - ha commentato Ranieri a fine partita - è ovvio che quando vanno male è giusto accettare le critiche. Il popolo è sovrano».
«I tifosi sono liberi di dire quelli che vogliono - è invece il pensiero del presidente Giovanni Cobolli Gigli - , noi sappiamo che oggi abbiamo fallito uno dei nostri obiettivi ed è giusto adesso concentrarsi sul campionato per fare bene le ultime sei partite. Rinforzeremo la squadra che ha fatto bene fino a due settimane fa e poi indubbiamente è incappata in alcuni incidenti. E' un impegno che mi prendo a nome di tutta la società».

 

ADRIANO-INTER VERSO L’ADDIO

 

La fine più volte annunciata come imminente sta per arrivare. La fine del rapporto tra l’Inter e Adriano. La settimana scorsa il suo agente Gilmar Rinaldi è stato in via Durini per discutere i dettagli dell’accordo, e ora, dopo un intenso scambio di fax tra Italia e Brasile, tutto sarebbe pronto per sancire la rottura.
Adriano rinuncerà alle mensilità che gli spetterebbero fino alla scadenza del contratto, il 30 giugno 2010, un cifra che al lordo si aggira attorno ai 12 milioni di euro. Un grande risparmio per il club nerazzurro, che tutt’al più dovrebbe corrispondergli solo parte del premio scudetto, che sarà proporzionale al numero di partite disputate in questa stagione.Ovviamente in caso di rescissione il giocatore, una volta terminata la sua pausa di riflessione, sarebbe libero di tornare in campo con qualunque maglia, ma non è da escludere che tra le parti esista un’intesa verbale, e che l’ex Imperatore si sia impegnato ad evitare, almeno nell’immediato, destinazioni non gradite alla sua quasi ex società.Per ora Gilmar nega che sia già tutto deciso, e precisa che non si sarebbe parlato di possibili trasferimenti del suo assistito ad altre squadre. Ma al di là delle dichiarazioni di circostanza il destino di Adriano è ormai segnato: dopo otto anni, 74 gol, e una vita extracalcistica all’insegna dell’eccesso,  il momento di dirsi addio è arrivato.

 

ANCELOTTI: VOGLIO RESTARE AL MILAN

 

Una confessione al Corriere della Sera, per ribadire con toni ancora più accorati l’intenzione di restare al Milan. Carlo Ancelotti non cambia musica. Onesto e sincero. E coerente. Perché i concetti espressi sono assolutamente in linea col trend dell’ultimo periodo. Il pensiero ancelottiano trasuda di passione, di attaccamento ai colori, sa di alta fedeltà. “Muoio dalla voglia di restare al Milan” e i vertici societari sono d’accordo - puntualizza subito. Più schietto di così si muore, eppure tutti sappiamo cosa c’è sull’altro piatto della bilancia. C’è il Chelsea, c’è un corteggiamento lungo un anno, di quelli che se non ti prendono per convinzione ti prendono per sfinimento, ci sono 20 milioni netti in tre anni. Ma il Milan è il Milan. Ma ci sono anche delle condizioni. Ci sono dei se e dei ma e a ditrla tutta non è che Ancelotti sia poi un tipo così esigente. Due rinforzi, un centravanti e un difensore centrale per restare competitivi ai massimi livelli, per potersi giocare un’altra fiche in Champions, per congedarsi da vincente. I tifosi storcono il naso, sono scettici. Ancelotti no. Ci crede davvero. Ed è più realista del re: coi tempi che corrono non si può mica pensare di cambiarne sei o sette. Che tempi corrono la società lo renderà pubblico venerdì pomeriggio, quando si terrà l’assemblea dei soci e potremo palpare l’entità del profondo rosso. Ma due ci vogliono. Ancelotti ha posto questa condizione. E lo va ripetendo a piè sospinto. Mentre Berlusconi fa ironia su Adebayor e di fatto è un niet, mentre Galliani scansa l’argomento mercato manco fosse una mina anti-uomo. Il futuro del Milan si scrive entro la fine del prossimo mese. Ancelotti gradirebbe farne parte. Ma non può passar da fesso e sa che di certezze, oggi, nemmeno lui può averne 

 

MOU: LA PREMIER E’ IL PARADISO

 

I 4-4 sfornati a ripetizione dal calcio inglese piacciono al Mourinho spettatore, ma da allenatore – per sua stessa ammissione – non li gradirebbe affatto. Eppure per lo Special One la Premier League è il Paradiso. Non ci sono pressioni, si può lavorare per il futuro, puntare sui giovani, non si vive solo per il risultato. Insomma tutta un’altra cultura che permette ad esempio a Benitez e Wenger di prolungare continuamente la loro permanenza sulle panchine di Liverpool e Arsenal pur non portando a casa un campionato da anni. Ancora una volta, insomma, José torna a ribadire come l’Inghilterra sia un’isola felice e quanto gli piaccia la mentalità made in England. In Italia, invece, ci sono già stati 10 esoneri nella sola serie A. Ecco perché gli allenatori lavorano più per se stessi che per un progetto a lungo termine con il club. L’enorme amore di Mourinho per la Premier fa sì che non vengano mai cancellati definitivamente i  dubbi su  una sua possibile partenza da Milano, tanto che se gli si chiede un parere sull’ipotesi di fermarsi all’Inter a lungo termine, taglia corto: “3 anni”.

Si sa che il portoghese vuole vincere anche in Spagna e si sa che al Chelsea lo riaccoglierebbero subito a braccia aperte. A Manchester sponda City sono pronti a coprirlo di soldi, mentre sulla sponda United lo pensano già come sostituto di Sir Alex Ferguson, 23 anni alla guida dei Red Devils. Insomma le sirene continuano a suonare attorno a Mourinho. Prima però c’è un progetto a tinte nerazzurre da portare avanti, riuscendo magari a trasformare in realtà un sogno cullato da oltre 40 anni.

 

MOU DIFENDE LA JUVE

 

«Quello di sabato sera non era razzismo e la Juve comunque non c’entra nulla». José Mourinho spiazza ancora una volta tutti, e delude tutti quelli che si aspettavano un nuovo attacco a testa bassa ai nemici bianconeri proprio ora che l’affare Balotelli offre spunti e materiale per rinfocolare un’inimicizia già evidente e palese. E invece no.

Dopo Massimo Moratti - che rispetto all’indignazione di domenica già ieri aveva fatto marcia indietro, chiarendo che non voleva in alcun modo che venisse colpita la Juve - oggi anche l’allenatore portoghese ha scagionato il club bianconero dalla responsabilità oggettiva di quanto accaduto.

Perché sabato sera saranno stati anche in tanti a insultare SuperMario, ma è vero pure che queste cose sono accadute altre volte e altrove, San Siro compreso, quando i tifosi avversari incontrano l’Inter. E allora non è giusto gettare la croce addosso ai tifosi della Juve, che in fondo non sono più razzisti o più maleducati di altri. L’Italia anzi non è razzista, come non lo è il nostro calcio, precisa lo Special One, perché quello che spinge i tifosi contro Balotelli va chiamata piuttosto ignoranza, paura di un avversario forte.

Se poi l’ignoranza è un male tanto comune - viene da pensare - non possiamo di certo considerarlo neppure un mezzo gaudio.

Ma un turno di campionato a porte chiuse forse è davvero un po’ troppo; e se questa volta ad aiutare la Juve ci prova pure l’Inter, vorrà pur dire qualcosa.

 
 
 
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