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Ho letto del suicidio del padrigno di Valentino Rossi, ho letto del suicidio di qualcuno.

Nel leggere di questa notizia ho avuto un doppio shock.

Il suicidio, una delle azioni di "non ritorno" che l'essere umano può compiere, la più scioccante. Commettere un suicido richiede un coraggio oltre misura, richiede sangue freddo, richiede una "non accettazione" della propria realtà difficile da comprendere, richiede qualcosa che non riesco ad afferrare.

Leggere dei suicidi mi fa sempre un male, sento la ferita nel mio cuore come se me la stessi facendo da sola, leggere dei suicidi mi mette paura.

Ma questo suicido m'ha toccato anche perchè lo si collega al Valentino nazionale, quel ragazzo che vediamo correre e sorridere, che con uno "smile" ci comunica le sue numerose vittorie, che condivide con noi le sue gioie e che ci rende felici, partepici.

Immaginare questo stesso Valentino senza sorrido, sapere che nel suo cuore ha una ferita molto più grossa di quella che io posso provare anche solo empaticamente, mi porta a quei pensieri che attanagliano la mente per non lasciarla mai più.