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//POP: IL PERIODO PIU' CONTROVERSO DEGLI U2
Post n°12 pubblicato il 26 Agosto 2005 da Andrea130384
Dopo un primo ascolto non può che essere etichettato come "assurdo" l'album della band datato 1997. Effettivamente, dopo pezzi come Mofo, Do you feel loved o Miami le uniche parole che ti vengono in mente sono: "oddio, gli U2 sono impazziti". Ma, come impone la regola n.1 del buon ascoltatore di musica, non bisogna mai lasciarsi ingannare dalle prime impressioni. Hai davanti a te non un disco qualunque, ma il lavoro di una delle band più importanti del pianeta. Allora ascoltalo di nuovo, immedesimati nella sua atmosfera, lasciati rapire dai testi apparentemente "leggeri" ma in realtà molto toccanti. Cogline l'essenza, la melodia nascosta sotto gli innumerevoli effetti elettronici. Allora ti accorgi del potenziale nascosto di POP. Il disco esplode con Discothèque, traccia n.1 e singolo di lancio, per poi proseguire con le già citate Do you feel loved e Mofo, due "mostri" di elettronica in grado di stordire al primo ascolto per poi affascinare lentamente, sempre di più, fino al punto di innamorarsene. Dopo i fuochi d'artificio iniziali, il ritmo cala sensibilmente. Ed ecco entrare silenziosamente, quasi timidamente, If God will send his angels, un lento dall'atmosfera inebriante, anch'esso velato da un leggerissimo strato di tecnologia (tutto il disco, lo ripeto, si basa sulla "lavorazione elettronica" delle canzoni) ma non per questo incapace di inserirsi tra le migliori produzioni del gruppo. Bellissimi i frammenti di testo in cui Bono dice che "l'amore ha preso un treno diretto a Sud, il cieco guida la bionda e Dio ha staccato il telefono", dove emergono ancora una volta i temi della speranza e della fede, sempre molto importanti per il gruppo. Si procede poi con un altro grandissimo pezzo, Staring at the sun, una specie di "diario" di Bono con scritto tutto quello che stava succedendo all'epoca. Le giornate distesi sull'erba, la presenza inglese nell'Irlanda del Nord, l'amore, l'importanza di Ali (la moglie di Bono)... tutto trova posto nel testo di questo splendido brano. Seguono poi Last night on Earth e Gone, quest'ultima scritta per la critica, la quale è sempre più convinta che un artista, una volta raggiunto il successo, diventi automaticamente un fallito. Canzone dopo canzone, passando per Miami (l'unico brano degli U2 che ancora non riesco a comprendere) e The Playboy Mansion, si arriva ad un'altra accoppiata di capolavori, If you wear that velvet dress e Please. La prima ha uno sfondo esplicitamente erotico, in cui sembra addirittura che l'incontro avvenga tra due donne, mentre la seconda è un mix di sentimenti, personali e popolari, del cantante e degli irlandesi ormai lacerati dalla guerra eterna tra Irlanda ed Irlanda del Nord. "E' una preghiera impazzita", afferma Bono. E dal vivo assume una potenza incontrollabile. Il disco si spegne poi con Wake up dead man, una specie di appello a Gesù, del tipo "se esisti fatti vedere perchè qui ne abbiamo bisogno". Il tour che seguì l'uscita di Pop, il PopMart, fu la sintesi perfetta di tutto il lavoro. Palco enorme, tecnologico, quasi dispersivo. Effetti di luce in perfetto stile-discoteca. Amore ed odio da parte del pubblico. In America l'audience medio della tournée non superò le 25-30.000 persone, mentre in Europa si è assistito ad un vero e proprio trionfo (memorabile il concerto di Reggio Emilia, con 150.000 spettatori paganti all'interno dell'arena, ed altrettanti assiepati all'esterno). Anche la critica si divise nel giudicare l'album. E gli U2? Oggi Bono, a distanza di 8 anni da quegli eventi, archivia Pop tra gli errori imperdonabili della loro carriera. Si sono divertiti, questo sì, ma lo stile musicale che avevano adottato ha rschiato quasi di distruggerli. Io sono tra quei fans che ancora oggi ascoltano Pop con molto interesse. Mi piace, sono onesto. Lo considero di gran lunga il migliore tra quelli fatti negli ultimi dieci anni (nei quali troviamo anche All that you can't leave behind, del 2000, e l'ultimo, How to dismantle an atomic bomb). Non dimenticate la regola n.1 del buon ascoltatore di musica: mai lasciarsi ingannare dal primo ascolto. Spesso i lavori più "complicati" sono quelli che racchiudono le idee e le sonorità migliori. E durano nel tempo, rispetto ai soliti dischi easy-listening, tanto orecchiabili all'inizio quanto dimenticati l'anno dopo.
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