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« Il profumo del tempoIl gusto del tatto »

Baia del silenzio

Post n°504 pubblicato il 12 Agosto 2024 da romanoscuri

 

Ed anche per oggi due bracciate a rana e a dorso le ho inanellate. Ieri sera abbiamo fatto una passeggiata fino a Sestri e così ci siamo resi contro che Cavi Borgo è tutto un altro tipo di vacanza al mare. Inizialmente tutto quel brulichio di gente e soprattutto il lungomare da non contendere alla ferrovia mi son sembrati quanto di più desiderabile. Poi, dopo una breve sosta contemplativa proprio nel centro della Baia del Silenzio e a seguire breve seduta su una panchina circolare che interrompe una trafficata via pedonale, mentre lentamente rientravamo verso la nostra temporanea residenza, sono arrivato alla convinzione che la nostra vacanza riservi un quid che si differenzia da un soggiorno che, senza nulla togliere al bellissimo e frequentato litorale adiacente, in realtà contituisce un modo di vivere un tantino usuale e stereotipato, visto tante altre volte e che forse, sempre immersi in un frenetico tran-tran, non consente un vero distacco dal turbinio di vita che quotidianamente trascorriamo a casa.

Nonostante non lo sia, la vera baia del silenzio mi sembra di trovarla più qui che al centro di quella perla della villeggiatura ligure in cui è effettivamente incastonata. Ma non voglio passare per la volpe che disdegna l'uva solo perché fuori portata. Probabilmente in questo mio giudizio entra in ballo anche l'età meno giovanile ed un mancato desiderio di esibirmi in passerelle ed andirivieni che non hanno soluzione di continuità con quelle vissute il resto dell'anno in tanti centri cittadini.

Che poi non sarei proprio il tipo perennemente immerso nella tranquillità e nel placido fluire della vita, sempre padrone del mio tempo, e connotato da una congrua aura meditativa. Sono insomma perennemente dibattuto fra due posizioni antitetiche, quella più calma e placida di mio padre e quella più frenetica ed energica di mia madre e, anche se in modalità totalmente differenti, è a lei che somiglia molto la mia attività lavorativa.

Rientrando dal lavoro mi capitava spesso di anticipare la telefonata quotidiana a papà, rimasto ormai vedovo. Mi succedeva di raccontargli che avevo fatto più tardi del solito per essermi fermato ancora un po' in ufficio, per risolvere un problema oppure portare uno sviluppo software ad uno stadio di compiutezza maggiore, se proprio non era davvero possibile concluderlo entro sera. E dopo avermi ascoltato, mio padre sentenziava in maniera incontrovertibile che per il lavoro era buono anche il giorno dopo.

Mentre mia madre spesso faceva tardi e le sue giustificazioni riguardo al fatto che c'era da fare, si smontavano di fronte a quanto ribatteva poi suo marito: "Se non le lasci lì, ce ne sono sempre di cose da fare". E per una madre di famiglia e donna di casa, questo è terribilmente sempre vero.

Ma il lavoro per mamma era anche una grande ragione di vita, il senso vero dell'esistenza per lei che lo affrontava con grande dedizione e vero spirito di servizio. Per cui, chi scegliere? Nessuno dei due! O meglio, il buono che c'è in entrambi perché "due is meglio che uan", come recitava una vecchia pubblicità di gelati.

 

 
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