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Il pellegrinaggio notturno a piedi

Post n°29 pubblicato il 31 Maggio 2008 da tofindthetruth

Ciao a tutti, questa sera, ringrazzierò tutti voi che mi avete sostenuto nel mio cammino con il pellegrinaggio notturno al divino amore. Spero di portare sempre la mia testimonianza d' amore a tutte le persone. Affidando la mia vita a Dio.

 Il pellegrinaggio notturno a piedi si tiene ogni sabato, dal primo dopo Pasqua all’ultimo di ottobre con partenza a mezza notte da Roma, Piazza di Porta Capena, e arrivo alle ore 5 della domenica al Santuario.
Oltre ai pellegrinaggi del sabato ne sono previsti due straordinari: il 14 agosto, vigilia dell'Assunzione di Maria SS.ma, ed il 7 dicembre, vigilia dell'Immacolata Concezione.
I pellegrini della notte percorrono la Via Appia Antica fino al Quo Vadis, quindi la Via Ardeatina, passando sopra le Catacombe di San Callisto e davanti al Mausoleo delle Fosse Ardeatine; essi portano ai piedi della Vergine, insieme alle proprie intenzioni, anche le necessità, le speranze della città eterna e la missione della Chiesa di Roma.
Per partecipare non occorre prenotazione.



Nella notte in cammino con Maria

«Ma voi non sentite che cosa cantano e a chi?»: perfino ad un noto anticlericale come Giosuè Carducci, il poeta autore dell’inno A Satana, è capitato di commuoversi al passaggio dei pellegrini del Divino Amore. Era una calda sera di primavera di oltre 100 anni fa e l’anziano uomo di lettere, intento a prendere un po’ d’aria sul balcone dell’abitazione in cui era ospite, fu visto lacrimare. Nessuno dei presenti, inizialmente, capiva il perché. Forse pensava a qualcuno lontano, ricordava qualcosa di perduto, fantasticava di un sogno. Gli domandarono cosa avesse. Ed egli indicando sotto: «Ma non li sentite?».

Passavano per la strada i pellegrini diretti al Santuario di Castel di Leva, i quali cantavano come si canta solo in campagna, con i versi fortemente scanditi, distanziati dalla sillaba finale su cui la voce giunge pienissima per poi lentamente smorzarsi. Quel canto di lode a Maria sovrastava il rumore e il vocio della strada e ridestava anche nel cuore indurito di un vecchio «mangiapreti» la nostalgia di una umanità più lieta. L’avere ascoltato quei canti, l’essersi imbattuto, anche se solo osservandola da lontano, in quella porzione di popolo di Dio pellegrinante, aveva potentemente diradato la nebbia del suo animo. Per un attimo, forse solo per un attimo, aveva avuto la nitida percezione di una realtà che sorprendentemente rispondeva alle attese inappagate del proprio cuore.

 È questa la forza del pellegrinaggio: l’essere il paradigma della vita cristiana. L’essere cioè l’immagine di una umanità nuova che è cosciente del proprio destino, che sa che la propria vita non sfocia in un nulla indefinito. Una umanità che sa che il camminare – così come il vivere quotidiano, il sudare, il lavorare, l’amare, il lottare, il morire – ha un significato, ha una meta. Una umanità, infine, che sa che questa meta si è fatta incontro, si è resa compagnia stabile, ha preso dimora sulla terra incarnandosi nel seno della Vergine Maria ed è presente ogni giorno nella vita della Chiesa.

Una umanità così potrà anche soffrire, potrà essere ridotta agli stenti, ma, poiché vive della grazia di Dio, sarà sempre lieta. Per questo canta, per questo anche solo la sua vista commuove. «Non c’è da meravigliarsi – scriveva negli anni trenta Don Umberto Terenzi – se nonostante le profanazioni e l’abbandono materiale del sacro colle, le folle dei pellegrini avevano seguito ad affluire costantemente al Santuario nei mesi tradizionali di maggio e giugno, perché la devozione al Divino Amore era stata sempre grande».

 Sin dal 1740, anno del primo miracolo, i romani più devoti percorrono a piedi i quattordici chilometri che separano la città da quell’immagine miracolosa. L’appuntamento, ogni sabato sera dalla Pasqua sino alla fine di ottobre, è da decenni nello spiazzo antistante l’edificio che ospita la Fao, nei pressi delle Terme di Caracalla. Ancora oggi, dopo la mezzanotte, è facile incontrare la lunga fila di pellegrini con le torce accese che si incamminano verso Porta San Sebastiano lungo la via Appia Antica. Alternando il canto alla preghiera, alle litanie, alla recita del rosario, il corteo dei fedeli sfila dinnanzi alla chiesetta del «Quo vadis», alle catacombe, al mausoleo delle Fosse Ardeatine, in un suggestivo itinerario di fede e di memoria che si conclude, quando è ormai l’alba, al Santuario di Castel di Leva.

 
 
 
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Data di creazione: 01/04/2008
 

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