Seguendo la stellaIn carrozzina a Santiago di Compostela |
IL PADRE È LA NOSTRA STRADA, GESÙ LE NOSTRE ALI
L’Europa è nata peregrinando, la sua lingua è il cristianesimo. Papa Giovanni Paolo II, a proposito, lanciò nel 1982 un appello all’Europa proprio da Santiago de Compostela: «Io [...] da Santiago, grido con amore a te, antica Europa», invitando caldamente il vecchio continente a ritrovare se stesso riscoprendo le proprie radici, le proprie origini.
Il cammino verso Santiago de Compostela è un viaggio alla ricerca di se stessi e di ciò che è autentico. È una esperienza singolare che conserva ancora oggi le sue forme tradizionali: ci si muove a piedi o a cavallo, con l'unica aggiunta moderna della bicicletta. Adesso anche in carrozzina (perché NO?!). Lungo gli itinerari, i tracciati principali non sono andati incontro a modifiche rilevanti nel corso dei secoli. I percorsi che portano a Santiago sono stati dichiarati ’patrimonio dell'umanità‘ dall'Unesco nel 1993 e ’itinerario culturale europeo‘ dal Consiglio europeo nel 1987.
È da tempo che penso di intraprendere questa avventura, ora mi piacerebbe affrontarla, in carrozzina e easybike. Sarà dura, difficoltosa, ma sono certo di farcela, la mia scelta è sostenuta da una motivazione importante.
Io sono un ragazzo di 31 anni e da quasi 4 a causa di un incidente stradale in moto sono costretto in carrozzina. Vivendo questa nuova realtà ho imparato a riscoprire ogni giorno sensazioni, fisiche e non solo, che davo per scontate, ho imparato ad ascoltare emozioni nuove, ed è stato il mio nuovo modo di considerare la realtà che mi ha portato a questa iniziativa. Vorrei sensibilizzare l'intera società di fronte alla capacità e alla volontà di movimento di noi diversamente abili e, rivolgendomi a tutte le persone che si trovano nella mia stessa situazione, dico che non dobbiamo vivere nell'ombra e che dobbiamo invece far vedere che esistiamo anche noi! Troppo facile arrabbiarsi e prendersela con il mondo intero, chiudersi tra le quattro mura di casa, magari davanti al pc o alla playstation. La vita va vissuta e apprezzata, non dimenticando mai che è un dono. Bisogna aver fiducia in se stessi sempre, contare prima di tutto sulla propria volontà. Mio nonno mi diceva sempre: «Aiutati che Dio ti aiuta», ed è proprio così! Il mio è un carattere positivo, ma è grazie alla fede che ho sempre fronteggiato tutte le difficoltà con determinazione.
Questa sfida personale la affronterei anche e soprattutto in nome di tutte le persone, sia i disabili sia i loro familiari, che vivono con la tristezza nel cuore la quotidianità della disabilità, e talvolta con la disperazione di chi impotente non sa trovare una via alternativa per far fronte alla situazione.
AVVISO!!
Cari amici le info e le foto sul mio viaggio si trasferiscono sul sito che stiamo allestendo giorno per giorno.
Presto potrete vedere foto,video e leggere il racconto della mia esperienza.
IL SITO
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« Ciao Pellegrini | Perla di saggezza » |
Ciao a tutti, questa sera, ringrazzierò tutti voi che mi avete sostenuto nel mio cammino con il pellegrinaggio notturno al divino amore. Spero di portare sempre la mia testimonianza d' amore a tutte le persone. Affidando la mia vita a Dio.
Il pellegrinaggio notturno a piedi si tiene ogni sabato, dal primo dopo Pasqua all’ultimo di ottobre con partenza a mezza notte da Roma, Piazza di Porta Capena, e arrivo alle ore 5 della domenica al Santuario.
Oltre ai pellegrinaggi del sabato ne sono previsti due straordinari: il 14 agosto, vigilia dell'Assunzione di Maria SS.ma, ed il 7 dicembre, vigilia dell'Immacolata Concezione.
I pellegrini della notte percorrono la Via Appia Antica fino al Quo Vadis, quindi la Via Ardeatina, passando sopra le Catacombe di San Callisto e davanti al Mausoleo delle Fosse Ardeatine; essi portano ai piedi della Vergine, insieme alle proprie intenzioni, anche le necessità, le speranze della città eterna e la missione della Chiesa di Roma.
Per partecipare non occorre prenotazione.
Nella notte in cammino con Maria
«Ma voi non sentite che cosa cantano e a chi?»: perfino ad un noto anticlericale come Giosuè Carducci, il poeta autore dell’inno A Satana, è capitato di commuoversi al passaggio dei pellegrini del Divino Amore. Era una calda sera di primavera di oltre 100 anni fa e l’anziano uomo di lettere, intento a prendere un po’ d’aria sul balcone dell’abitazione in cui era ospite, fu visto lacrimare. Nessuno dei presenti, inizialmente, capiva il perché. Forse pensava a qualcuno lontano, ricordava qualcosa di perduto, fantasticava di un sogno. Gli domandarono cosa avesse. Ed egli indicando sotto: «Ma non li sentite?».
Passavano per la strada i pellegrini diretti al Santuario di Castel di Leva, i quali cantavano come si canta solo in campagna, con i versi fortemente scanditi, distanziati dalla sillaba finale su cui la voce giunge pienissima per poi lentamente smorzarsi. Quel canto di lode a Maria sovrastava il rumore e il vocio della strada e ridestava anche nel cuore indurito di un vecchio «mangiapreti» la nostalgia di una umanità più lieta. L’avere ascoltato quei canti, l’essersi imbattuto, anche se solo osservandola da lontano, in quella porzione di popolo di Dio pellegrinante, aveva potentemente diradato la nebbia del suo animo. Per un attimo, forse solo per un attimo, aveva avuto la nitida percezione di una realtà che sorprendentemente rispondeva alle attese inappagate del proprio cuore.
È questa la forza del pellegrinaggio: l’essere il paradigma della vita cristiana. L’essere cioè l’immagine di una umanità nuova che è cosciente del proprio destino, che sa che la propria vita non sfocia in un nulla indefinito. Una umanità che sa che il camminare – così come il vivere quotidiano, il sudare, il lavorare, l’amare, il lottare, il morire – ha un significato, ha una meta. Una umanità, infine, che sa che questa meta si è fatta incontro, si è resa compagnia stabile, ha preso dimora sulla terra incarnandosi nel seno della Vergine Maria ed è presente ogni giorno nella vita della Chiesa.
Una umanità così potrà anche soffrire, potrà essere ridotta agli stenti, ma, poiché vive della grazia di Dio, sarà sempre lieta. Per questo canta, per questo anche solo la sua vista commuove. «Non c’è da meravigliarsi – scriveva negli anni trenta Don Umberto Terenzi – se nonostante le profanazioni e l’abbandono materiale del sacro colle, le folle dei pellegrini avevano seguito ad affluire costantemente al Santuario nei mesi tradizionali di maggio e giugno, perché la devozione al Divino Amore era stata sempre grande».
Sin dal 1740, anno del primo miracolo, i romani più devoti percorrono a piedi i quattordici chilometri che separano la città da quell’immagine miracolosa. L’appuntamento, ogni sabato sera dalla Pasqua sino alla fine di ottobre, è da decenni nello spiazzo antistante l’edificio che ospita la Fao, nei pressi delle Terme di Caracalla. Ancora oggi, dopo la mezzanotte, è facile incontrare la lunga fila di pellegrini con le torce accese che si incamminano verso Porta San Sebastiano lungo la via Appia Antica. Alternando il canto alla preghiera, alle litanie, alla recita del rosario, il corteo dei fedeli sfila dinnanzi alla chiesetta del «Quo vadis», alle catacombe, al mausoleo delle Fosse Ardeatine, in un suggestivo itinerario di fede e di memoria che si conclude, quando è ormai l’alba, al Santuario di Castel di Leva.
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