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Caratteristiche generali dei progetti di ricerca dell'URANIA Global Village project

Post n°5 pubblicato il 07 Ottobre 2010 da rucal

 

DEFINIAMO LE CARATTERISTICHE GENERALI DEI PROGETTI DI RICERCA CHE DIVERRANNO OPERATIVI CON LA NOSTRA RETE DI TELESCOPI IN GESTIONE REMOTA

 

Inizi ottobre: Marco Thomas ha iniziato i lavori di ripristino del telescopio. Qualche problema meccanico è stato individuato nella frizione. Occorrerà anche verificare il periodismo del traino in AR. Ha anche recuperato un obiettivo per uno dei due astrografi. E’ positivo che non ci siano grossi inghippi nella meccanica! Nei prossimi giorni Thomas parlerà con Salvo Massaro per cominciare ad impostare l’interfacciamento con RICERCA 4.

Salvo mi informa di aver apportato qualche miglioria al software.

Discutiamo anche dei progetti di ricerca. Possiamo così definire una serie piuttosto consistente di attività osservative che qui riassumo.

 

1.      Studi sui transiti di pianeti extrasolari: l’intervallo delle magnitudini delle stelle è : 6-12, mentre la profondità dei transiti si aggira attorno a 10 mmag. L’osservazione dei transiti  extrasolari non è prerogativa esclusiva dei grandi telescopi o dei satelliti in orbita. Tutt’altro! possiamo dire (come ho fatto rilevare in un articolo apparso recentemente su L’ASTROFILO:  http://www.eanweb.com/Astrofilo_articoli/Calanca_n_17_ASTROFILO.pdf) che questo settore di punta dell’astronomia del secondo millennio è anche aperto al contributo degli osservatori che dispongono di telescopi di modeste dimensioni, purché muniti di sistemi di ripresa digitale con tecnologia CCD o CMOS. Un osservatore terrestre può rilevare dei pianeti in transito di taglia confrontabile ai raggi di Giove e Saturno, mentre dallo spazio sarà possibile individuare pianeti di tipo terrestre. Il metodo dei transiti sarà accessibile anche ai piccoli strumenti se il target della ricerca riguarderà pianeti di grandi dimensioni e di corto periodo. Possiamo indicare due tipi di approccio alle osservazioni. Il primo riguarda la fotometria di un gran numero di stelle, con l’intento di rilevare, in un campo fittamente popolato, dei nuovi pianeti in transito.

L’altro, invece, prevede di realizzare la fotometria di una singola stella per appurare se il pianeta, la cui probabile presenza è evidenziata dalle misure della velocità radiale, periodicamente la occulta (ovviamente in modo parziale con una diminuzione della luminosità dell’1% circa). Il metodo dei transiti richiede che si eseguano dei campionamenti frequenti (dell’ordine di uno ogni 2 o 3 minuti) delle stelle in esame, con una elevata precisione fotometrica differenziale, valutabile intorno a 2 o 3 milli-magnitudini. E’ chiaro perciò che le immagini digitali che si raccoglieranno durante le notti d’osservazione, per poi essere misurate in modo utile, devono essere di alta qualità fotometrica. Sono possibili due approcci distinti di ricerca, entrambi messi in pratica da diversi Team di ricerca in tutto il mondo. Quello a “campo piccolo e profondo” (con telescopi “grandi”, alto rapporto Segnale/Rumore per magnitudini fino alla 16-17a) e quello detto a “campo largo e stelle brillanti” (telescopi o teleobiettivi di ridotte dimensioni, campo di vista molto ampio, anche di diversi gradi quadrati e con magnitudini misurabili fino alla 12-13a). Il secondo permette un miglior “ritorno” scientifico in quanto le stelle sono sufficientemente brillanti per essere seguite con la spettroscopia. E’ anche il metodo scelto per il nostro progetto.

Concentreremo la nostra attenzione sulle zone di cielo in prossimità del piano galattico, densamente popolate, dove ci si può attendere una densità stellare tipica, effettivamente misurabile, di circa 200 stelle per grado quadrato. Ribadisco che intendiamo, per misurabili, le stelle di magnitudine compresa tra 9 < V < 11,  la cui eventuale variazione di luminosità non sia inferiore all’1%. Sono di un certo interesse per la ricerca anche gli ammassi aperti, all’interno dei quali è stato stimato la possibilità di rilevare, anche con strumentazione non professionali, pianeti di massa 1,5 volte quella di Giove. Dopo aver individuate il campo di ricerca, si tratterà di riprenderlo per ogni notte serena, e per  almeno due mesi (complessivamente, almeno 20 notti d’osservazione per ogni campo). Si dovrà tener presente quanto segue: si realizzino un numero minimo di 50 flat field, per abbattere il Poisson Noise), e almeno 20 dark frame e bias; Le riprese avranno una durata minima di 120 secondi, in modo da ridurre l’effetto della scintillazione; tenere sempre inserita l’autoguida; riprendere per almeno 5 ore ogni notte (70-80 immagini circa); conservare i file in formato FITS; Si sospendono le osservazioni per una settimana circa, intorno alla Luna piena, quando la luce diffusa dall’astro riduce il numero delle curve di luce di alta qualità. Per il nostro progetto stiamo pensando ad una procedura che consenta l’elaborazione di  una serie, piuttosto ampia, di immagini digitali di un medesimo campo stellare, raccolte durante una notte d’osservazione, al fine di individuare il segnale periodico prodotto, nella curva di luce, da un transito di un esopianeta. Essa sarà inglobata in una versione futura del software RICERCA.

 

2.      Stelle variabili, qui ricordiamo che circa l’80% delle stelle variabili con luminosità inferiore alla 13 a magnitudine è tuttora sconosciuta. Nell’ambito del nostro progetto includiamo inoltre la survey delle seguenti categorie di oggetti “variabili”:

Flare e superflare: le stelle a brillamento sono indicate anche come variabili UV Ceti. Le flare stars sono generalmente delle nane rosse; anche Proxima Centauri, la stella a noi più vicina è una flare star. Di particolare interesse lo studio dei superflare, fenomeni molto rari che riguardano stelle simili al Sole (classi spettrali F8-G8). Studi recenti hanno consentito di creare un breve elenco di superflare, fenomeni ad altissima energia prodotta e di breve durata. Il 27 aprile 1939 la stella HR 4550 (G8 V), che ha uno dei moti propri più elevati, mostrò su alcune lastre, un aumento di luminosità di 0.6 magnitudini, con una durata del fenomeno di appena 18 minuti. Altre stelle di tipo solare, con magnitudini comprese tra la 5 e la 10,  hanno subito variazioni consistenti di luminosità, a livello spettroscopico o nella banda X, per un periodo di qualche decina di minuti, più raramente su di un intervallo di qualche giorno.

I superflare osservati, riguardanti stelle di tipo solare, hanno un particolare interesse perché ci consentono di analizzare le conseguenze di tale evento su eventuali pianeti orbitanti. I calcoli dimostrano che un superflare della durata di un’ora può avere effetti devastanti su di un pianeta, simile alla Terra, posto ad una distanza di 1 AU dalla sua stella. Ciò che effettivamente potrebbe accadere dipende dalla costituzione dell’atmosfera planetaria e dalla banda spettrale e dall’energia emessa durante l’evento.

Ad esempio, un’emissione di energia ionizzante pari a 1036 erg potrebbe distruggere fino all’80% dell’ozono, se la composizione dell’atmosfera fosse simile a quella terrestre. Secondo alcuni autori, nel passato i flare solari hanno causato significative variazioni nella distribuzione dell’ozono nell’alta atmosfera. Studi condotti sul flare magnetico solare del 1-2 settembre 1859 (fortunatamente non si trattò di un superflare, l’energia coinvolta era in quel caso diverse migliaia di volte inferiore), avrebbe causato una diminuzione del 5% dell’ozono su di una scala temporale di alcuni mesi. I superflare stellari potrebbero avere un ruolo fondamentale nell’evoluzione della vita sui pianeti. Nel passato, alcune estinzioni della vita terrestre potrebbero essere state causate da superflare particolarmente energetici. Forse, in molti casi, sono gli stessi superflare a fornire l’energia necessaria alla creazione di nuove molecole organiche.  

 

3.      Ricerca di supernovae: per questo tipologia di ricerca si sfrutteranno le caratteristiche avanzate del software ATC, incluso nel pacchetto di RICERCA. Riassumiamo brevemente la procedura automatica di RICERCA per dare un’idea della qualità della nostra survey:

  • Visualizzazione dell’oggetto di turno della lista d’osservazioni con i relativi dati.
  • Caricamento della schermata di controllo del telescopio.
  • Puntamento dell’oggetto.
  • Caricamento del software di controllo della camera CCD.
  • Eventuale auto-centro  dell’oggetto precedentemente puntato.
  • Eventuale ripresa dell’immagine astronomica  per il confronto con  
  • l’immagine master.
  • Ripresa dell’immagine astronomica con il tempo d’integrazione pre-impostato.
  • Caricamento del programma d’archiviazione dove possono essere salvati tutti i dati.
  • Salvataggio dell’immagine e dei relativi dati che la corredano.
  • Aggiornamento della lista d’oggetti selezionata.
  • Puntamento dell’oggetto successivo appartenente alla lista d’osservazioni.

Per rilevare l’eventuale presenza di una supernova, il software avvia una scansione, pixel per pixel, nell’intorno di ogni galassia. L’algoritmo cerca sorgenti di tipo stellare con un profilo gaussiano, adoperando come parametro di selezione il valore del rapporto Segnale/Rumore relativo. Qualora sia rilevato un segnale, inizia la ricerca di una eventuale controparte, nella medesima posizione, nell’immagine di confronto.

Se la ricerca della controparte fallisce il software “segnala” l’immagine come sospetta. Al termine dell’analisi nell’intorno delle galassie catalogate, il software esegue una ricerca nella restante porzione del frame.

Per evitare i falsi rilevamenti, il programma verifica, in presenza di segnali sospetti, la coincidenza con asteroidi noti, oppure, ne ricava un profilo fotometrico. Il successivo “blink” delle immagini così processate, con quelle di confronto, consente all’esaminatore di verificare direttamente l’eventuale presenza di una SN.

 

4.      Meteoriti e bolidi e asteroidi “killer”: frequenza, luminosità e direzione. Nel momento in cui scrivo, non pare che vi siano ricerche in atto finalizzate ad individuare quei corpi celesti, denominati asteroidi “killer”, a rischio di impatto con il nostro pianeta. Tali oggetti hanno una taglia compresa tra i 10 e i 50 metri, dimensioni che sono dello stesso ordine di grandezza dell’evento Tunguska. Anche se non è molto probabile che un Tunguska-class  possa colpire il nostro pianeta nel prossimo decennio, sarebbe però assai imbarazzante, per la comunità astronomica, se ciò avvenisse, in barba alle probabilità, senza che vi sia stato, prima, alcun serio tentativo per cercare di individuarne l’esistenza!  Un simile impatto avrebbe un effetto catastrofico almeno a livello locale, con un’energia sprigionata equivalente all’esplosione di una bomba termonucleare di 10 megaton (500 volte la bomba di Hiroshima). Un progetto finalizzato all’identificazione, pre-collisione, di queste grosse “pietre cosmiche” deve basarsi su di un’analisi preliminare che qui sintetizziamo. In primo luogo, cerchiamo di stimare la frequenza statistica d’impatto di un asteroide Killer delle dimensioni di D = 10 metri.

I calcoli si basano sui lavori di  Brown e Ivezić che concordano abbastanza bene tra loro. L’espressione utilizzata per determinare la frequenza N è: N ~0.1(D/10m)-2.5 anno-1; essa ci dice che si ha una collisione di un asteroide di 10 metri con la Terra, in media, una volta ogni 10 anni. Un simile oggetto, in rotta di collisione con la Terra, in 24 ore copre una distanza pari a 4LD (LD, Lunar Distance), ad una velocità di 20 Km/s. Questo è un intervallo di tempo molto ridotto per segnalare il pericolo di un impatto. La magnitudine apparente V di un oggetto con diametro D (in m) e collocato in direzione del punto anti-solare e ad una distanza d (AU), si stima con questa espressione:  V ~ 18-5log[(D/10m)x(0.01 AU/d)], dove AU è la distanza in unità astronomiche. Una stima della magnitudine deve tenere conto che la Luna piena ha magnitudine -12.3 e che una roccia di 10 metri alla distanza della Luna ha V = 15, assumendo che il suo albedo sia simile a quello lunare. Per individuare da Terra un asteroide Killer le migliori condizioni si hanno quando la Luna è piena. Ai quarti di Luna la luminosità apparente dell’asteroide è minore di dieci volte mentre diviene invisibile del tutto durante la Luna nuova. La Terra però è costantemente bombardata da tutte le direzioni. Una soluzione è sicuramente quella di collocare nel punto lagrangiano L1 un Osservatorio con il compito di monitorare gli asteroidi Killer. Allo stesso tempo, sarebbe opportuno attivare, sulla superficie terrestre, una sorveglianza costante del cielo, condotta da alcune decine di piccoli Osservatori (diametro telescopio <50cm). Uno degli obiettivi del progetto è di partecipare, in ambito internazionale, a questa importantissima attività di sorveglianza che, secondo la NASA, servirebbe per individuare tutti e 20000 asteroidi “killer” in potenziale rotta di collisione con la Terra.

 

5.       Rilevamento della controparte ottica di GRB e di “optical flash” di origine sconosciuta. I Gamma Ray Burst (GRB) sono intensi lampi di raggi gamma che possono durare da pochi millisecondi a diverse decine di minuti; essi costituiscono il fenomeno più energetico finora osservato ed hanno anche una frequenza abbastanza elevata (all'incirca uno al giorno). La loro distribuzione nel cielo è isotropa. Il lampo gamma più lontano finora osservato, GRB 090423, è avvenuto ad una distanza di oltre 13 miliardi di anni luce dalla Terra.

Nel 1997 si è aperta una nuova fase nello studio di questi oggetti celesti con la scoperta del primo afterglow, l'emissione residua associata ad un GRB e visibile in tutte le bande spettrali. Il nostro sarà un progetto ottimizzato per la ricerca della radiazione ottica emessa contemporaneamente all’evento GRB.

L’osservazione sarà attivata dalla comunicazione in tempo reale fornita dal GCN (GRB Coordinate Network, http://gcn.gsfc.nasa.gov/), un sistema della NASA in grado di fornire le coordinate dell’evento con un errore di alcuni primi d’arco. MAASS sarà programmato per allertarsi ed essere disponibile entro qualche minuto dalla ricezione del messaggio (si conta di poter avere il sistema pienamente operativo in meno di un minuto).

Le riprese del campo che contiene il GRB saranno eseguite dai due teleobiettivi, muniti di camere digitali CMOS, che opereranno in parallelo al telescopio S-C di 25cm, sul quale invece lavorerà una camera CCD classica. Per avere un elevato livello di risposta, la montatura sarà movimentata da motori passo-passo e lettori angolari costituiti da encoder incrementali. La massima accelerazione sui due assi sarà di circa 15°/sec2 in AR e 20°/sec2 in decl. La massima velocità di puntamento sui due assi sarà di 35°/sec. Con questa velocità, il telescopio si muoverà da orizzonte ad orizzonte in 8 secondi.

Una sequenza standard di immagini consisterà di due esposizioni di 90 secondi, shiftate di 10 pixel per evitare la sovrapposizione di eventuali fotoelementi difettosi. Nei minuti successivi alla segnalazione di un GRB, inizierà una sequenza di acquisizione di immagini di 10, 5, 10, 20, 80 e 60 secondi. MAASS project potrà contare, almeno nelle sue prime fasi operative, su di un sistema molto simile al BART, nella repubblica Ceca e BOOTES-1, BOOTES-1B, entrambi in Andalusia, Spagna.

Con un’unica differenza: anziché CCD al fuoco dei teleobiettivi, si impiegheranno camere digitali commerciali CMOS. BART attualmente utilizza un telescopio S-C di 25cm con un CCD 1024x1024; FOV = 28’x28’ (mlim = 17.5, 60s filtro R). In parallelo un teleobiettivo Maksutov-Cassegrain, 89mm, F = 500mm, sensore CCD 3088x2056; FOV = 3.1°x2.1° (mlim = 16, 60s). BOOTES-1B utilizza uno S-C di 30cm dotato di una camera CCD 1536x1024 (FOV = 27’x28’); dall’entrata in servizio (settembre 2006) ha rilevato cinque GRB (Jelínek 2010).     BART ha osservato numerosi GRB tra il 2002 ed il 2007, alcuni di magnitudine

inferiore a V = 15, con tempi di risposta, in alcuni casi, di poche decine di secondi

dall’annuncio GCN.

 

6.      Ricerca di nuove comete.  URANIA Project ha le giuste caratteristiche per eseguire una ricerca automatica di comete. Tutti gli strumenti ottici che saranno disponibili a Monterosso potranno essere utilizzati per questa tipologia di ricerca.  La tecnica osservativa impiegata richiede l’esecuzione di riprese digitali su aree contigue di cielo con tempi di integrazione compresi tra 60 e 90 secondi e, dopo l’acquisizione di una serie di aree, tornare sulla prima di queste, per ripetere la scansione. Si otterranno delle coppie di immagini delle stesse aree di cielo che potranno essere confrontate sia visualmente, con un blinking, sia in modo automatico. Si prevede di poter coprire alcune centinaia di gradi quadrati del cielo per ogni notte d’osservazione. Si potranno anche sperimentare delle interessantissime ricerche “miste”. Supponendo di voler fare simultaneamente una ricerca di SN e di comete luminose, si preparerà, ad esempio, una lista di 150 galassie da esplorare nel corso di una singola notte. I due teleobiettivi (F =400mm) disporranno di digicam con sensori CMOS 15x22mm, e FOV = 2°x3° ciascuno. La strategia di ricerca prevede di eseguire una ventina di immagini di galassie e, simultaneamente con i teleobiettivi, i campi adiacenti. Quindi si  ritornerebbe di nuovo sulle stesse galassie, per una seconda scansione, dopo una trentina di minuti. In pratica, nel corso di una notte, si otterranno 300 immagini di 150 galassie  allo S-C di 25cm e 600 immagini con i teleobiettivi. La copertura di cielo, ottenuta con i teleobiettivi nel corso di una notte, sarà pari a circa 1700 gradi quadrati, ovvero 1/13 della volta celeste con una magnitudine limite intorno alla 14. L’unica avvertenza è di scegliere le galassie in modo da evitare una troppo marcata sovrapposizione dei campi coperti dai teleobiettivi. 

 

 
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