Il libro Baubo di Ushuaya è pubblicato dall'editore Caosfera
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Non mangiate il cuore. Pitagora
Ho detto: «Non ti posso raccontare le mie parti cosiddette oscure, per me molto chiare e vere, dato che me le vivo». Il patto è: tu con me, in un rapporto prioritario ma non esclusivo (!) Io, con te, fedele a te (però). Che maschilismo! Ok, dire maschilismo è diverso da dire - il maschile. Ora senti questa tiritera: Il fatto è che a me non piacciono solo i babà - sicuramente. Così come a te non piacciono solo le sfogliatelle - probabilmente. Te la sussurro qua, tra il collo e l'orecchio mentre con le dita perlustro la tua barba irta. Ogni pelo una donna? Probabile. Su me cosa potresti perlustrare per contare l'inverso? Ogni neo un maschietto? Sì, meglio così, mica potrei dirti un maschietto ogni lentiggine. Dato che, secondo te, il patto è questo, facciamo così, spostiamoci nell'immaginario tuo e mio. Io non ti chiederò: Ma è vero? È solo nella tua fantasia o davvero te la sei fatta? Tu non chiedere a me se è vero o irreale, immaginario. E non inviare sms del tipo: "Questo non l'ho detto io " Quando leggi i miei pezzi o addirittura: "Chi è questo tizio?" C'è il patto, giusto? Ma lasciamo libera la fantasia. Ora qui, in questo avvallamento tra il tuo mento e le labbra, qui in questa fossetta, tanti pelini di barba grigia. Ora li conto. Mica hai negato quando ho detto: «Ogni pelo una gallina che ti sei pappato». Per cui: uno due tre, una oca, due oche, tre oche... La sai la storiella di Rodari? "Gallo cristallo, gallina cristallina, oca contessa, anatra badessa, uccellino cardellino, andiamo alle nozze di Pollicino". Un pollaio. Tu ti sei fatto un pollaio, e l'unica cosa che sai dire è un Mmmhhh. E non mi toccare il fianco che scatto! Sai che il solletico è esagerato. Molla! Mi fai scat-ta-re! Lascia la presa. La-scia-la-pre-sa! M'arrotolo, qui sul divano dove quatti quatti cercavamo di dormire invece è tutto un toccare, assaltare. Eccolo. Arrivato. Sta fermo, essere! Mi arrapi e m'intimorisci. Vuoi gestire sempre tu, non mi sta bene. E poi sono stanca di sto fatto delle galline che insegui. Sabbie mobili con te. ... Stringi. Mi tieni dentro il tuo braccio e stringi, «Stai zitta». Cerco di tirarmi un po' fuori. Fammi respirare. Sempre la solita storia. «Stai qua». La mia mano va, si muove, sto accanto al tuo corpo che m'attizza in un modo! Ma che cosa! È come se mi sentissi il tuo corpo dentro di me, sto dicendo il tuo tronco dentro il mio. E poi mi vedo - io - che trapasso dentro te, così come sono, tutta allungata. Da starti a fianco, a dentro. E respiro con te. Almeno se ti entro dentro respiro che qui, in questa stretta. La mia mano va, scivola sul tuo petto, sono sui tuoi capezzoli, li stringo, li arrotolo. «Tanto non sento». Dici. «Che c'entra son sempre tuoi, non farne solo una questione di eccitazione, lasciati toccare, senti-ti sotto le mie dita». Ora ti conosci attraverso me. Dalla finestra entra una fioca luce, ambra. È il tramonto, fuori gli azzurri del mare e del cielo sono illuminati, lo so anche se me ne sto qui arrampicata su di te, mi sto estroflettendo, allungando su te. Prolungamento di me. Sento, ma davvero sento, il tuo odore. È come una guaina di sopore tra te e me, come se tu espandessi attorno a te un vapore, un magma sottile e trasparente ma non meno vibrante che m'attira dentro questa sacca intensa. Questa è l'attrazione quando se ne vede la sostanza? La materialità della sua onda? Mi sento come se noi due fossimo dentro un bozzolo ocra di forza e né io né te decidiamo il fare, ma è come se le forze stesse dell'involucro guidassero i nostri gesti. Abbandonati a qualcosa che accade e ci fa accadere oltre noi stessi. Vado verso la tua barba, la bocca, il naso, la fronte, i capelli, accarezzo, sciolgo, scivolo, percorro te. Ti senti? Ti conosci sotto le mie mani? Ti ri-conosci o di te, riscritto attraverso me, altro ti giunge? Altro scopri? Ti sto re-inventando? E soprattutto, mi senti? Io mi sento persa in qualcosa tra te e me e m'arriva la tua voce: «Trova una donna... voglio te e un'altra donna» «Anche io lo voglio, lo sai bene, ma perché la dovrei trovare io?» «Tu la vuoi. Più di me. Tu m'hai infilato questo nella testa, e lo sai. Quindi di che ti lamenti, datti da fare» «Sempre al massimo eh!» Mi strofino sulla tua barba quando invece mi spunterebbero tra le labbra una serie di parolacce che ti lancerei. Mai che mi fai fare la donna nel senso di accontentata, servita e riverita. Sempre sulla cresta. Ormai il file è avviato dentro la testa. M'hai portato dove, pur con tutte le mie paure e resistenze, qua, voglio essere. Dai, andiamo con l'immaginario che poi la realtà arriva di conseguenza.
"Yo te nombrado reina. Hay màs altas que tù, màs altas, Hay màs puras que tu, màs puras. Hay màs bellas que tù, hay màs bellas. Pero tù eres la reina.
Io ti ho nominato regina. Ve né di più alte di te, di più alte. Ve n'è di più pure di te, di più pure. Ve n'è di più belle di te, di più belle. Ma tu sei la regina". P. Neruda
Lei, desiderio tra noi. Onda di sogno che di notte mi chiama che vengo a cercare in parole che dici che nel mio pensiero si lascia legare e dal mio volere ti lasci portare. E noi posseduti da lei.
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Baubo
la dea dell'osceno
"Qui la Forza è intesa nella sua accezione di “eros” vissuto e osservato nella situazione della sessualità ma, come dice l’autrice alla fine del libro, essa, resasi percepibile e presente nelle modalità, nelle espressioni dei corpi e della sessualità, è sperimentabile e gustabile in ogni aspetto della natura, della persona, della vita sulla Terra e nel cosmo.
Libro che spiazza
e se lo lasci fare : destabilizza
ma poi ti esalta.
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