Creato da sono.una.prof il 06/03/2007
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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 07 Marzo 2007 da sono.una.prof

Ci risiamo.

La violenza vive e continua ad alimentarsi nella scuola.

Pochi giorni fa un preside è stato aggredito dai genitori di un alunno che aveva portato a casa una brutta pagella. Un insegnante è stato picchiato per avere sequestrato un telefonino ad un alunno (l'uso del cellulare è impedito da regolamento in ogni scuola ma disatteso quotidianamente).

Ma stavolta non parliamo di scuola superiore o di scuola media. SCUOLA MATERNA, incredibile, ma vero, la violenza comincia proprio da lì. A Messina un bambino di quattro anni ha mandato all'ospedale la maestra. Picchiata alla schiena con una scarpa e colpita ripetutamente alla testa.

Quattro anni, una furia che non si riusciva a frenare... Un soldino di cacio di bambino che si avventa su una donna di sessant'anni e la riempie di lividi.

Chiaro che il bimbo in questione abbia grossi problemi. Mi fa molta pena e mi chiedo se il suo destino da adulto violento non sia già tristemente segnato. Ma vogliamo chiederci dove stiamo andando a finire? La scuola è una polveriera, ci vuole veramente poco e rischia di eslpodere con tutte le sue contraddizioni e soprattutto con il dilagare dei comportamenti violenti che probabilmente all'interno delle mura domestiche vengono tenuti nascosti o giustificati o addirittura incoraggiati. ma tra i nostri doveri, se non c'è quello di prendersi un sacco di botte, c'è sicuramente quello di biasimare la violenza come metodo di risoluzione dei problemi e dei conflitti.

Noi siamo i primi mediatori. Lo siamo per natura. A noi tocca fare da tramite tra generazioni irrequiete, allo sbando, in balia di modelli illusori e privi di senso e un ideale di società che appare poco al passo con i tempi, fortemente in picchiata, assaltato da ogni parte.

Noi siamo i mediatori. Sempre che il nostro mestiere ce lo lascino fare. E che non ci riducano piano piano all'immobilità e al silenzio.

 
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 06 Marzo 2007 da sono.una.prof
Foto di sono.una.prof

La mia è una scuola dei NON.

Non tanto perché sia piena di divieti, tutt'altro, ma per le condizioni in cui siamo costretti a lavorare.

NON ci sono aule sufficienti per le attività integrative e a volte perdiamo anche venti minuti a cercare una sistemazione decente per fare lezione con un piccolo gruppo. L'ultima volta ci siamo messi con un tavolo e qualche sedia davanti alla porta del bagno insegnanti. L'alternativa era scrivere sul materasso della palestra...

NON c'è più carta per le fotocopie e presto finirà anche il toner. O facciamo una colletta tra insegnanti o utilizziamo la cartoleria in piazza. Sempre, ovviamente, a spese nostre.

NON c'è sapone nei bagni. Ce lo portiamo a turno da casa. Vediamo il lato positivo: almeno ognuno di noi sceglie la marca e la profumazione preferita. 

NON c'è il computer della segreteria per scrivere le schede di valutazione. Come monaci amanuensi scriviamo tutto a mano, giudizio dopo giudizio. Fatto per pomeriggi interi significa rischiare di scrivere castronerie a iosa, ma non c'è altra scelta.

NON abbiamo collegamento Internet. Fare ricerche per preparare una lezione multimediale, reperire immagini e informazioni, stimolare i ragazzi è impossibile. Del resto cosa pretendiamo, siamo solo nel 2007 :-)

NON c'è una sala professori con sedie/cassetti per tutti. Chi primo arriva, al mattino, riesce a sedersi. Gli altri in piedi. Chi è di ruolo, di solito, ha un cassetto con serratura. Gli altri sistemano le loro cose dove trovano.

Per stasera mi fermo qui. Ma i NON sono ancora moltissimi e NON si fermano qui, sarebbe troppo bello...

 
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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 06 Marzo 2007 da sono.una.prof
Foto di sono.una.prof

Da dove iniziare? Dal principio, avrebbe detto mia nonna...

Io nasco prof. Quando facevo il liceo le mie cuginette arrivavano a trovarmi con i quaderni e i libri per farmi correggere i compiti e io, buona buona, passavo la domenica così.

Ma non ho sempre fatto la prof.

Ho fatto altri lavori, alcuni dei quali sicuramente più entusiasmanti e meglio retribuiti. Ma la competizione serpeggiava, giravi le spalle e c'era sempre qualcuno pronto a piantarti un coltello in mezzo alle scapole, occorreva stare sempre all'erta, primeggiare per forza. E non è nella mia indole, me ne sono accorta a mie spese.

Un dottorato di ricerca, tre abilitazioni ed eccomi qui, anzi lì, catapultata in una scuola media di provincia non troppo tranquilla ma nemmeno in prima linea. In mezzo a ragazzi che nulla hanno in comune con i ragazzi che eravamo noi. Questi appena ti vedono ti chiedono quanti anni hai, se sei sposata, se hai dei figli, che marca di orologio hai al polso. Sono senza freni, ignorano allegramente il senso delle parole subordinazione e autorità, ma sono anche estremamente fragili.

Non sono abituati al rifiuto. Hanno genitori che li accontentano in tutto e li spalleggiano costantemente. Quando qualcosa non va, si sgretolano all'improvviso come pietre arenarie sotto i colpi di un piccone. I ragazzi si sciolgono spesso in lacrime o si scatenano con pugni sul banco, le ragazze si chiudono spesso in un mutismo assoluto, dimagriscono, impallidiscono e sembrano distanti anni-luce.

Non mi sono certo scelta un lavoro rilassante. Spesso torno a casa e mi porto dietro l'immagine e la preoccupazione di preadolescenti abbandonati a se stessi, con famiglie latitanti, genitori più immaturi di loro, senza certezze, senza valori, preoccupati solo di apparire gradevoli e di costruire il loro futuro su un colpo di fortuna o su un'apparizione in tv.

Noi spesso siamo l'unica figura di adulto disposta ad ascoltarli e a capirli. A loro non interessa se poi li valutiamo con un non sufficiente o se scriviamo sul registro che cosa hanno combinato. In fondo anche quelli sono gesti di interesse nei loro confronti ed è questo che conta: esserci, esistere, destare attenzione. Cosa che tra le mura domestiche, molto spesso, tra madri separate in cerca di un compagno, padri rimasti bambini attaccati alla playstation e nonni che con la loro pensione faticano ad arrivare a fine mese, risulta quasi impossibile.

Sono una prof e cerco di fare il mio lavoro al meglio. Anche se preferirei non dovermi portare da casa la carta per le fotocopie e le matite per chi non le ha, non beccarmi dei sonori vaff... in cambio, ma questo è un mestiere all-inclusive: puoi anche seminare e non raccogliere, lo si sa fin dall'inizio, niente è garantito, niente è dato per scontato. Eppure, più che talvolta, mi piace molto farlo, anche così.

 
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Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 06 Marzo 2007 da sono.una.prof

Mai come in questo periodo la scuola è nell'occhio del ciclone. Ogni giorno notizie che arrivano dalle aule, quasi tutte brutte, in cui la mia categoria è messa alla berlina.

Ma vi siete mai chiesti come si vive all'interno di aule e corridoi, in quali condizioni si lavora, a contatto con quale realtà?

Il mio blog nasce anche per rispondere a queste domande.

                                              BENVENUTI!!!

 
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