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Storia di Galatone e del Salento

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Matera 2019

Post n°14 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da vittoriozacchino

 

VITTORIO  ZACCHINO

MATERA E LECCE  2019. L’UNIONE FA LA FORZA

 

Dicevano i latini  << in cauda veneno >> , alludendo alla natura dello scorpione che ha il veleno nell’estremità della coda. Producono la sgradevole  sensazione di code  avvelenate  anche i piagnistei  di  certi comprovinciali che non riescono a digerire  la delusione di una Lecce sconfitta da Matera nella gara per la scelta della città capitale d’Europa della cultura per il 2019. Ogni  riflessione inizia con i complimenti  alla vincitrice, e si concludono, acidamente, con un grossissimo MA. Uno stucchevole, finale, inzuppato dalla recriminazione e dal rifiuto di un verdetto, “ingiusto e scandaloso”  imputato a “commissari frettolosi e distratti”, forse un po’ prevenuti e faziosi. Uno stracciarsi le vesti, a Lecce, ormai rituale, chiaramente stupido e  provinciale.

Non appartengo certo al Partito dei Gufi, avendo donato alla nostra  Lecce    monografie, saggi, articoli relativi al Castello di G.G.Dell’Acaya,  a Porta Napoli Obelisco e Mura Urbiche, al complesso gesuitico dei Cassinesi, Chiesa greca, chiesa zimbalesca del Rosario col  cenotafio di Antonio Galateo, Orto Botanico, e così via.

Purtroppo l’intellighentia leccese, che non conosce lo stare in trincea, brilla per la sua   fama di  sputasentenze  nel mentre si rimira l’ombelico, posizionata furbescamente  in  caute postazioni di retrovia. Non le è estranea l’invidia che, come il fuoco, può raggiungere alte cime (invidia tamquam ignis, summa petit) e  renderla ottusa, cieca, e fanatica. 

Non ha senso rodersi per la vittoriosa performance di Matera quando  si rifletta(occorre però studiare) che essa  ha sempre rappresentato per il Mezzogiorno:  una mater dolorosa, che oggi, d’improvviso  sale alla ribalta, muovendo  da zero, da quella “vergogna nazionale”, come venne percepito e  i nsultato il suo habitat di incomparabile bellezza e splendore, quell’unicum, sempre colpevolmente ignorato, quell’alveare rupestre scavato nel tufo, abitato dalla povera humanitas,  il basso popolo oltraggiato nella sua communitas, ma fiero di “quel luogo che il mondo ha voluto inaccessibile”, senza strade, senza ferrovie, senza aeroporti, e nonostante ciò  comodo  serbatoio di voti utili.  Oggi non  i commissari “frettolosi e distratti”,  bensì la loro colta alta coscienza la fa risorgere alla vita, l’orgoglio conculcato, un senso di vendetta e di voglia feroce di riscatto. Motivato dalla coscienza di una identità ancestrale e dalle battaglie culturali dei lucani  migliori, da Giustino Fortunato a Francesco Saverio Nitti,  da Giovan Battista Bronzini a Raffaele Giura Longo, da Gabriele De Rosa ad Antonio Cestaro, oltre che per l’ impegno di scrittori e poeti, da Rocco Scotellaro a Leonardo Sinisgalli, da Tommaso Pedio a Raffaele Nigro, e tanti altri ancora.  Che, nel tempo hanno fatto di Matera una significativa icona e metafora del Sud più  profondo e più povero, quello descritto da Carlo Levi, quello al cui capezzale era accorso nel 1950 uno sconvolto Alcide De Gasperi  per istituirvi la Cassa del Mezzogiorno, affinché i meridionali avessero la sensazione di un aiuto concreto, e sentissero “il suono delle risorse in arrivo”.

Ma anche la Cassa finì per cadere in mani sbagliate e per far abortire il decollo del Mezzogiorno.Non risanò la mentalità malata, tipica di qui, di aspettarsi tutto e sempre dagli altri, come la manna, mentre la grande affermazione di Matera, su altre cinque città gioiello (pensate a Siena e al crollo della MPS) parrebbe dimostrare che  la  gente non vuole più umiliarsi col cappello in mano,  perché ha imparato  a  fare da sé, sa investire nelle idee e nel futuro, si  aspetta  più la grazia di quattrini che piovono dal Cielo.

Matera è trionfo della cultura, Lecce no, della sicumera altezzosa che si permette il lusso di di truccarsi e di strafare;   di non declinare  altissime personalità di spessore europeo, da Antonio Galateo,a  Giulio Cesare Vanini, a Tito Schipa, un flop evidente, un harakiri  per chi ambiva  ad essere scelta a capitale europea della cultura.

L’opportuna intesa tra i sindaci Perrone e Adduce forse limiterà i danni. Perciò viva Matera e viva Lecce. Il  meglio della cultura d’Europa è qui. E così sia.

 
 
 
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