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SPECIALE LIBERALIZZAZIONI

Post n°12 pubblicato il 31 Gennaio 2007 da varese.cittanuova

Liberalizzazioni/Non intaccano le tariffe comunali

Le “liberalizzazioni” di Bersani sono come il tamburo: fanno molto rumore, ma dentro non c’è niente. Il metodo seguito è quello giusto: mettere al centro della decisione l’interesse del cittadino consumatore. E’ il medesimo criterio seguito dalla Thatcher per salvare il Regno Unito dal declino, furiosamente contrastata dai sindacati. Metodo giusto, dunque, ma a condizione che sia applicato correttamente.

Purtroppo, il ministro Bersani ha voluto, o dovuto, fare il furbo. Per esempio, il provvedimento che abolisce il costo della ricarica dei telefonini, sfonda a calci una porta già spalancata dalla risoluzione dell’Authority, solo per dare al consumatore un beneficio illusorio, dal momento che il guadagno realizzato nelle ricariche se ne andrà in aumenti tariffari.

Ma la furbizia di più bassa lega consiste nel settarismo che ha guidato la scelta dei soggetti economici che faranno le spese della cosiddetta “liberalizzazione”: nessuno dei quali fa parte del blocco sociale di riferimento del centrosinistra. E’ per coprirne le tracce, che è stata alzata intorno allo spirito settario  una selva di microprovvedimenti di discutibile competenza ministeriale.

Bersani, in coppia con Prodi, si comporta come se i comparti degni di essere presi in considerazione dal suo zelo “liberalizzatore” siano  esclusivamente quelli inclini a votare per il centrodestra.

Quando si deciderà a spostare la sua attenzione sullo scandalo della rendite di posizione monipolista acquisite dalle ex municipalizzate? Queste sono feudo politico delle gerarchie di partito della sinistra e piedistallo del potere locale rosso, a spese dei cittadini contribuenti, che l’assenza di concorrenza lascia non  solo in balia di tariffe troppo alte nei trasporti, gas, elettricità, nettezza urbana, acqua, ma anche nell’impossibilità di chiederne conto. Una volta era la giunta comunale che rispondeva degli aumenti; adesso i responsabili si nascondono dietro l’anonimato del mercato. La situazione è specialmente scandalosa nel settore dello smaltimento dei rifiuti, dove la connessione tra politica e criminalità comune è più stretta. Per la disattenzione di Bersani, la mafia ringrazia.

Liberalizzazioni/Non migliorano l’economia

La “rivoluzione” dei mercati del governo Prodi si è finalmente rivelata per quello che è: qualche intervento su settori marginali con vantaggi spesso più apparenti che reali per i consumatori e che sicuramente non sortirà effetti in grado di determinare una crescita dell’economia.

Quello che è certo è che non sono stati toccati i “santuari”, le rendite di posizione monopoliste che gravano sulla vita dei cittadini e delle imprese. Trasporto pubblico locale, acqua, luce, gas, rifiuti restano saldamente nelle mani di chi può imporre il prezzo e far pagare a imprese e consumatori i suoi sostanziosi e immeritati profitti.

È poi paradossale che si presenti come novità quello che nuovo non è. C’è infine da rilevare che se l’economia italiana non è sufficientemente competitiva non lo si deve certo ai vincoli di distanza minima degli studio di estetiste. Altri sono i veri motivi di debolezza del sistema Italia. Tassazione straordinariamente elevata sulle imprese, sul lavoro, sulle famiglie, ancora insufficiente flessibilità del mercato del lavoro, sistema delle pensioni e più in generale welfare state eccessivamente generoso e sicuramente iniquo.

Questi tre temi: tasse, lavoro, pensioni sono stati al centro dell’azione riformatrice del governo Berlusconi. E su questi aspetti fondamentali il governo Prodi ha fatto fare al Paese passi da gigante all’indietro: le tasse sono cresciute come non mai, sulla legge Biagi gravano minacce di controriforma e sulle pensioni c’è chi nel governo vuole ritoccare non solo la riforma del 2002 ma, addirittura, quella del 1995.

Noi/Uniti nella volontà di rinnovamento

Berlusconi e Forza Italia volano nei sondaggi mentre Prodi e il governo si aggrovigliano tra Afghanistan e Pensioni, tra Pacs e Liberalizzazioni all’acqua di rose. Quella per i barbieri, per intenderci, senza toccare i veri monopoli e gli interessi del proprio elettorato.

La via indicata dal leader azzurro, tuttavia, non punta al gioco di rimessa anche se, realisticamente, Berlusconi vede nel collante del potere la polizza di durata del governo. Ora il punto è quello organizzativo, sia per la politica del partito, sia per la coalizione che ha bisogno di un nuovo progetto in vista di quel grande Partito della Libertà che ebbe nella fantastica scenografia della piazza a Roma, un battesimo più che simbolico. Anzi la dimostrazione di un popolo che precede e indica la strada alla sua classe dirigente, non certo al suo leader.

Sarebbe un errore – e Berlusconi nella cena con i deputati ha voluto scongiurarlo – creare confusione (magari inconsapevole) tra partito e Circoli della Libertà proprio nella fase in cui l’appeal azzurro è tornato a sfiorare le stelle.

Si può consolidare e strutturare meglio Forza Italia riuscendo contemporaneamente a liberare risorse per attrarre nel territorio energie nuove che rilancino il nostro patrimonio ideale? La risposta affermativa è scontata, meno lo è la nostra capacità di far progredire la doppia scommessa che, a ben vedere, proprio Berlusconi ha scelto di giocare spendendosi in prima persona. E sfidando, su questo terreno di novità che raccoglie il meglio della nostra storia dal ’94 ad oggi, tutti gli alleati.

Senza un grande sforzo di rinnovamento rischiamo di restare indietro. Non rispetto ad alchimie di vertice, solo per inseguire con un nostro partito unico quel partito democratico su cui lavorano nell’altra sponda. Ma perché il progetto di bipolarismo nel quale crediamo e al quale Forza Italia, più di chiunque altro, ha offerto il sigillo di garanzia, va difeso e aggiornato nell’interesse dei cittadini e di un popolo che chiede di riconoscersi nella propria parte.

Non possiamo essere noi, che alla leadership di Berlusconi crediamo ben oltre i confini azzurri, a mostrarci dubbiosi o incerti verso una crescita del progetto politico in forme innovative.

La rivoluzione azzurra ha bisogno di un salto in avanti perché l’Italia liberale e quella davvero riformista credano massicciamente al valore dell’impegno in politica, nelle sue varie forme ed opportunità. E questa scommessa può riuscire perché mai come in queste settimane e in quelle che ci attendono l’Italia sente cosa rischia se questo governo e la sua sgangherata maggioranza non vanno a casa.

Tratto da Quaderni di Forza Italia

 
 
 
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