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GLI ARGOMENTI DEL GIORNO

Post n°83 pubblicato il 30 Maggio 2007 da varese.cittanuova

1.   Montezemolo/Berlusconi: finalmente ha capito,
tardi ma ha capito, cosa si deve fare

2.   Montezemolo/Bonaiuti: nulla di nuovo

3.   Montezemolo/Perché non escluderlo

4.   Montezemolo/Perché Prodi accusa il colpo

5.   Montezemolo/Perché la sinistra si è divisa

6.   Montezemolo/Perché la sinistra ha paura

 

 (1)

Montezemolo/Berlusconi: finalmente ha capito,
tardi ma ha capito, cosa si deve fare

“Devo dire che, finalmente, anche lui ha capito che cosa si deve fare per riportare l’Italia sulla via maestra del benessere e dello sviluppo. Tardi, ma ha capito”. Lo ha affermato il leader di FI Silvio Berlusconi, commentando le dichiarazioni del presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo.

 

Berlusconi, intervenendo telefonicamente a una manifestazione elettorale a Lecce, ha spiegato che “se ci sarà una sconfitta chiara della sinistra in queste elezioni, per il fatto che ancora non è stato chiarito il risultato definitivo del voto di un anno fa, noi dovremo con forza chiedere che ci siano le dimissioni di questo governo. Si inventi un’altra soluzione o si vada da capo alle elezioni, e dobbiamo farlo con grande determinazione”.

“Se noi avessimo la possibilità di andare alle elezioni nazionali - ha ribadito Berlusconi - avremmo una grande vittoria. I sondaggi ci danno al 57%”. A tal riguardo ha detto di “registrare in tutta Italia un entusiasmo superiore a quello che ho registrato negli anni precedenti”.

“Abbiamo fatto bene a politicizzare questo voto - ha insistito - spiegando ai cittadini che questo voto avrà anche un significato sulla direzione del governo e di questa maggioranza”.

“Se i risultati confermeranno quelli della vigilia, come io credo - ha proseguito Berlusconi - per forza ci sarà un riverbero dell’opinione pubblica nazionale sul voto locale. Se questi saranno i risultati allora dovremmo scendere in campo con forza e chiedere le dimissioni di questo governo e nuove elezioni, anche perchè le vecchie elezioni ancora non hanno un risultato certo”. Sul voto politico del 2006, Berlusconi ha infine ricordato come sia stato chiesto, “sin dalla prima notte, la riconta delle schede valide”. “La sinistra non ce l’ha concessa, però la situazione è chiara. Se sono così sicuri che hanno vinto le elezioni perchè non ci consentono di ricontare le schede?”.

 

Berlusconi ha parlato dell’esistenza di “due sinistre”, una “ideologicamente smarrita”, che subisce “il diktat dell’altra sinistra che invece è molto ideologica”.

La prima sinistra - ha detto - è “quella dei Ds e della Margherita, ideologicamente smarrita perchè ha perso il supporto dell’Unione Sovietica e della ideologia marxista. Non ha ideali, non crede più a niente, è una classe di politici di professione che si realizzano come comitati di gestione di potere a livello nazionale o locale”.

“Subiscono tutti - ha spiegato - il diktat dell’altra sinistra che invece è molto ideologica e vota ancora le sue decisioni e i suoi convincimenti sulle vecchie radici dell’ideologia del comunismo ortodosso”.

“C’è il segno di ciò che pensa questa sinistra - ha continuato Berlusconi - in tutti i provvedimenti del governo. Quando il governo aumenta le tasse, come ha fatto nella finanziaria passata, è perchè questa sinistra ritiene che compito del governo sia di usare lo strumento tributario per togliere alla classe che considera politicamente nemica. Per togliere a chi ha, non per dare a chi non ha, ma per dare più potere al governo, ai partiti che gestiscono il governo”.

“Quando chiedono di tenere aperte le frontiere - ha aggiunto il leader di FI - è perchè pensano da un lato cinicamente che l’immissione di immigrati possa portare, dando loro il voto, ad un cambiamento della composizione del corpo elettorale, e perchè vedono nell’immigrato clandestino un fattore di scontro rispetto alle concessioni che combattono dello Stato borghese basato sul diritto di proprietà e sulle libertà”.

“In ogni decisione - ha concluso Berlusconi - l’attacco alla famiglia, alla Chiesa cattolica che vorrebbero potesse esprimere le loro opinioni soltanto nell’ambito degli edifici scolastici. La chiesa del silenzio: ne abbiamo già vista una ed era proprio dell’Unione Sovietica, non vogliamo che questo si possa ripetere”.

(2)

Montezemolo/Bonaiuti: nulla di nuovo 

“La riduzione della spesa pubblica, la riduzione delle tasse, i tagli agli sprechi non sono cose nuove: era il programma della discesa in campo di Berlusconi e poi il programma di Forza Italia”.
Così l’on. Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi, commenta a Repubblica Radio-Tv la relazione di ieri di Luca Cordero di Montezemolo all’Assemblea di Confindustria.

Secondo l’esponente azzurro “l’unico uomo capace di coagulare i consensi è proprio Berlusconi”, mentre i temi proposti da Montezemolo “tornano oggi in ballo” perché alla gente “è bastato un anno di questo governo”.

 

(3)

Montezemolo/Perché non escluderlo

L’Impero romano si è formato utilizzando una banale tattica militare: i nemici dei miei nemici, sono miei amici. Applicandola alla politica, se Montezemolo è nemico di Prodi, diventa (almeno temporaneamente) mio alleato.

Passate ventiquattr’ore dal pesante “j’accuse” di Luca alla politica e dopo le prime reazioni a caldo, è certo utile fare una riflessione e porsi due domande: sui contenuti (cosa ha detto Montezemolo) e sugli effetti (cosa ha prodotto il suo discorso). Entrambe le risposte sono lusinghiere per il centrodestra.

·       I contenuti. Il governo litiga, discute, si accapiglia e non decide; le tasse sono oppressive; la riforma delle pensioni della CdL è una tappa basilare del riordino dei conti dello Stato; ci vuole un premierato forte; la Finanziaria del 2005 andava sulla giusta strada; un sindacato vecchio e ideologizzato ingessa il Paese; il blocco della sinistra radicale impedisce la modernizzazione dell’Italia; questo governo si muove in una logica statalista e anti-industriale, la spesa pubblica non conosce argini… e chi più ne ha più ne metta. In conclusione: non c’è una sola riga e un solo punto del “programma di Luca” che non possa essere fatto proprio dal centrodestra.

·       Gli effetti. Il discorso di Montezemolo ha letteralmente “terremotato” la coalizione di governo. Chi ha fatto buon viso a cattivo gioco, pur masticando amaro; chi ha gridato al manifesto dell’antipolitica; chi al colpo di Stato dei poteri forti; chi, segnatamente Prodi, è apparso totalmente spiazzato, inebetito, annichilito, incapace di esprimere un commento articolato, che andasse oltre un infastidito borbottìo e un paio di battute da bar.

Berlusconi ha giustamente ricordato che il manifesto programmatico di Montezemolo altro non è che la riproposizione dei temi forti del centrodestra. E che Luca, avrebbe fatto bene a ricordarsene prima, durante e subito dopo la campagna elettorale.

Ma ora, a bocce ferme o quasi, alla luce degli effetti delle bordate inflitte al governo, si può forse ragionare meglio sulle “convenienze”.

Fa una certa impressione, sfogliando i giornali di oggi, la strana assonanza fra il titolo dell’Unità (“L’antipolitica in campo”) e quelli del Tempo (“Luca fa il professore”) o del Giornale (“Ora Montezemolo vuole rifare l’Italia”). Sinistra e destra che dicono e pensano le stesse cose? Si rischia di diffondere l’impressione che l’evanescente e paventata leadership di Montezemolo faccia paura.

Ovviamente non è e non può essere così. Berlusconi non soltanto ha la primogenitura delle cose che il presidente di Confindustria ha detto, ma ha dalla sua tutto quello che l’altro non ha: il partito più forte del Paese, il consenso della maggioranza degli italiani, una capacità di leadership non in fieri, ma consolidata e rodata. Gli imprenditori che hanno applaudito Montezemolo sono quelli che domenica daranno il loro voto alla CdL, gli stessi che si sono spellati le mani per Berlusconi a Vicenza nel marzo del 2006.

E allora, è evidente che una buona tattica da parte del centrodestra sarebbe quella della logica dell’inclusione piuttosto che dell’esclusione e della contrapposizione. Luca, con i suoi proiettili di gomma, ha costretto il governo ad arroccarsi nel suo bunker. Il centrodestra può mettere in campo il suo possente esercito e la sua aviazione, espugnandolo. L’occasione è ghiotta. Perché disperdere la potenza di fuoco per sparare sul “soldato Luca”, che non ha né esercito né armi?

(4)

Montezemolo/Perché Prodi accusa il colpo

Per tutto il pomeriggio e nella serata di ieri fra i politici e gli osservatori correva una domanda: perché quella reazione rabbiosa, espressa al di là di ogni mediazione e di ogni controllo, con la quale il Presidente del Consiglio ha reagito al discorso del Presidente di Confindustria? Quel secco e sgarbato “il discorso si commenta da sé”, pronunciato senza alcun tentativo di interpretazione, e rinunciando a ogni aggiunta di merito, esprimeva soltanto una rabbia incontenibile, e alla quale non si aggiungeva alcuna motivazione. In molti si chiedevano il perché della presenza di Prodi in una occasione che non poteva non contenere motivi di imbarazzo. E ha suscitato stupore la constatazione che i rapporti di Palazzo Chigi con gli imprenditori siano al punto tale da ignorare del tutto quali fossero gli umori della Confindustria, mai come in questa occasione solidale con il suo presidente.

A sinistra, evidentemente, si pensava che bastasse l’annuncio del “cuneo” sul costo del lavoro per far dimenticare all’ultimo momento tutte le promesse non mantenute dal governo verso gli imprenditori.

Fatto sta che le reazioni di Prodi hanno mostrato, più ancora di quanto sia accaduto nel recente passato, un isolamento patologico da un pezzo della sua maggioranza. Bene o male, Fassino ha trovato le cose dette da Montezemolo una frustata utile, mentre Rutelli, pur notando un eccesso di politica nel discorso ne salvava i contenuti. Ha fatto scuola, infine, il giornale Europa, della Margherita, che ha titolato oggi, a tutta pagina: “Luca attacca la politica. Ma lei, furba, si nasconde. Solo Prodi reagisce male”. Ancora una volta, infine, il Presidente del Consiglio ha mostrato il suo legame ombelicale con la estrema sinistra, che con lui non ha nascosto di avere accusato il colpo .

 

 

(5)

Montezemolo/Perché la sinistra si è divisa

Partito come uomo di sinistra, oggi Montezemolo si autoproclama uomo della provvidenza che dice cose di destra. Un attacco al governo, dai costi della politica alla povertà di proposte, dall’attivismo dei partiti all’immobilismo dell’esecutivo, forte quanto imprevisto a giudicare dalla presenza massiccia di ministri e sottosegretari. Un attacco che ha avuto reazioni uguali e contrarie e che ancora una volta divide nei giudizi questa nominale quanto virtuale Unione.

Il premier, il quale probabilmente era fermo al primo Montezemolo, quello targato Vicenza 2006, e quindi certo di un clima più favorevole, ha scelto la tecnica dello struzzo e ha messo la testa sotto l’ala delle parole di Bersani, quelle dei successi del governo ma non quelle di condivisione con il presidente degli industriali.

Rutelli, da canto suo, dà ragione al suo amico Luca per cooptarlo ma comincia ad allenarsi per non farsi sorpassare dall’uomo della Ferrari: “Il Partito democratico arriverà prima di lui”, dice il vicepremier fiorato.

“Sollecitazioni alla politica che la politica non può ignorare” è invece il commento di Fassino che, evidentemente prende tempo per riflettere e per conoscere le reazioni della sua base.

Quella di Mastella è una vera dichiarazione di guerra: Montezemolo rischia di rappresentare quel centro moderato al quale lui vuole assolutamente dare l’imprinting e due galli nel pollaio, si sa, non possono convivere.

La Bonino rivendica il suo buon operato che Montezemolo non le ha riconosciuto, mentre è la sinistra radicale quella che fa la faccia più feroce, da Mussi a Ferrero, a Giordano.

Insomma, se Montezemolo ha avuto un merito in questa occasione è proprio quello di aver ancora una volta dato l’occasione a questi signori di sinistra di mostrare le loro varie anime e aspirazioni che sono la causa e l’effetto della crisi politica. A presentarsi come rappresentanti di un improbabile zoo che accomuna specie incompatibili fra loro. Litigano, poi fanno pace e poi litigano di nuovo. C’è da sperare che, più prima che poi, ci lascino finalmente le penne.

(6)

Montezemolo/Perché la sinistra ha paura

Tutti a chiedersi se è una vera discesa in campo. Chiaro che no. Scendere in campo, in una democrazia, significa presentare la propria persona e la propria proposta al giudizio degli elettori, con ragionevoli chance di successo. Fu il caso di Berlusconi ’94. Non è il caso di Luca Cordero di Montezemolo, se non altro perché le elezioni politiche non sono proprio dietro l’angolo.

Sono altri i motivi per cui la sortita del presidente di Confindustria fa rumore e introduce una variabile in una situazione politica in movimento. Quando prende posizione sullo stato della Nazione, il ceto imprenditoriale si erge a classe generale, investita di una responsabilità nazionale.

L’attenzione suscitata ne viene di conseguenza, anche per la ragionevole aspettativa di effetti sul corso delle cose. In attesa di verificarne la portata, la relazione di Montezemolo ha il valore di un cartello stradale. Indica la strada verso la meta, non la avvicina di un solo passo, ma può influire sul dinamismo dei soggetti politici attivi.

La paura del presidente del Consiglio è che la variabile Montezemolo accentui il senso di precarietà che paralizza la coalizione di governo, accelerandone la caduta. In questo caso, per Prodi, la paura è buona consigliera.

La dichiarazione imprenditoriale di sfiducia nelle possibilità operative della formula di governo, enfatizza il significato politico generale dell’imminente test elettorale. Nella coalizione di centrosinistra, la paura fa novanta. Non solo sarà più difficile mettere una toppa sul nuovo strappo, largamente previsto, nella trama già sfilacciata del consenso, ma il fantasma, avvistato da D’Alema, di un tracollo sistemico in stile ’92-bis ne guadagna in consistenza.

Non meno di un potere politico forte della sua legittimità potrebbe riuscire a mettere il coperchio sul bidone maleodorante scoperchiato dalla deposizione del generale Speciale.

I vecchi peccati hanno le ombre lunghe. Quelle a suo tempo dissolte dall’astuto espediente di attirare l’attenzione sull’ingenua esclamazione di Fassino (“Finalmente abbiamo una banca”…), si ripresentano sull’onda dello scontro tra Visco e Guardia di Finanza. In queste condizioni, la caduta di Prodi rischia di nobilitarsi al rango di quella di Sansone, che si tira dietro tutti i Filistei nel crollo del tempio intitolato al Partito democratico.

Non occorre di più perché il j’accuse imprenditoriale funga da catalizzatore della deflagrazione innescata dall’accostamento, più o meno casuale, di un’avventura politica (quella dell’accozzaglia inidonea a compiti di governo chiamata centrosinistra), e di avventurose ricerche di accesso per via politica al potere finanziario. Entrambe a sfondo catastrofico.

Da ciò il ritorno di attualità delle vie di fuga nelle praterie delle formule emergenziali alternative.

Dal governo istituzionale alle larghe intese, l’inesausta fantasia formulistica di una democrazia allo sbando presenta solo l’imbarazzo della scelta.

L’attrazione esercitata dai futuribili non deve far dimenticare qualche punto fermo:

 

1.   se siamo a questo punto, la responsabilità è di quanti – Prodi in testa – hanno preteso di spacciare un “pari” elettorale per un trionfo da sfruttare con il saccheggio delle posizioni di potere, a cominciare da quelle istituzionali;

 

2.   il modo migliore di ottenere le riforme, costituzionali e non solo, è quello di sostenere il governo animato dalla volontà e dalla forza di realizzarle, e non di reclamarle nel deserto dell’iniziativa politica.

 

Montezemolo poteva parlare quando il governo Berlusconi faceva le riforme, furiosamente ostacolato dalla sinistra. Ma non lo fece. 

 

 Tratto da "Il Quaderno Settimanale" di Forza Italia, fattoci pervenire dall'Amico Pierangelo Berlinguer

 
 
 
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