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I MODERNI FARISEI

Berlusconi: la mancata visita del Papa
induca la sinistra a un esame di coscienza

“La rinuncia a cui è stato costretto il Papa in nome di una presunta laicità della conoscenza è il segno dell’intolleranza e di un certo fanatismo che nulla ha di autenticamente laico”, ha affermato Silvio Berlusconi.

“Una sorpresa molto dolorosa - aggiunge - che ferisce e umilia non il Pontefice, la cui figura è ben al di sopra di queste miserie, ma l’Università italiana e in generale lo Stato, che non si dimostra in grado di garantire la libertà di espressione alla massima autorità religiosa. Come cittadino italiano trovo avvilente che proprio nel mio Paese, proprio a Roma, culla della civiltà cristiana, sia impedito al Pontefice di prendere la parola”.

“La sinistra - prosegue il presidente di FI - ancora una volta dovrebbe fare un severo esame di coscienza: l’alleanza con certe frange intolleranti, e la campagna di anticlericalismo ideologico fomentata da alcuni partiti della maggioranza, hanno creato il clima nel quale è maturata questa pagina vergognosa. Ancora una volta - conclude Berlusconi - la libertà nel nostro Paese ha subìto una grave ferita da parte di una ideologia settaria e faziosa”.

La rinuncia del Papa alla visita alla Sapienza non è soltanto un fatto politico gravissimo e unico nell’Italia repubblicana. È anche la certificazione di una costante ostilità aggressiva di una parte minoritaria, ma significativa del mondo politico, culturale ed intellettuale nei confronti di un Pontefice che ha rimesso al centro dell’attenzione la pericolosissima conciliazione tra la fede e la ragione. La lotta è diventata aspra proprio perché Ratzinger in questi anni ha osato proporre alla ragione laica ed illuminista un percorso comune che potesse finalmente, dopo secoli di incomprensioni, tragedie e liti furibonde, conciliarsi con una fede sostenuta razionalmente.

È stato proprio per questo che “gli apostoli della verità scientifica” hanno fatto saltare la visita del Papa. Lo ha ben spiegato Marcello Cini, fisico e comunista, estensore della lettera al Rettore in cui si chiedeva di non invitare il pontefice: “Il Papa non potendo più usare roghi e pene corporali, ha utilizzato l’effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella scientifica e metterla in riga”. È questo che non si perdona al Papa, è l’apertura della ragione tenendo la mano al mondo laico e invitandolo a ragionare insieme dei temi fondanti per l’umanità: la vita, la sua difesa, il rispetto per la natura e il dovere di non forzarla per manipolarla a piacimento. Tutti temi, quindi, assolutamente razionali e non certamente clericali e reazionari.

Laicità, come hanno ben scritto oggi decine di commentatori, è l’assoluto rispetto per tutte le posizioni politiche, culturali, filosofiche, religiose. Laicità è, proprio grazie all’insegnamento illuminista, tolleranza verso chi la pensa diversamente. L’idolatria antistorica e totalitaria della Dea Ragione, il non riconoscere nessuna patente di verità se non alle scienze esatte, è la deformazione della laicità e della stessa verità; è l’anticamera del fondamentalismo che perde ogni connotato scientifico e diventa semplicemente una parodia della ragione.

Da ieri il solco, non solo tra Italia e Vaticano, ma tra mondo scientifico e sentimento religioso, si è allargato. Eppure Papa Ratzinger avrebbe ancora una volta invitato gli ammuffiti cattedratici, nostalgici del materialismo dialettico e dell’ateismo di stato, e i carnevaleschi epigoni  dei sessantottini d’antan a ragionare insieme, non in nome di una verità confessionale dogmatica e immutabile, ma proprio in nome di quel “logos” comune a tutte le menti, credenti e non, scientifiche e spirituali.

Cattivi maestri e collettivi studenteschi gonfi di livore e ignoranti delle regole più semplici della democrazia, del dialogo e della convivenza civile hanno scritto alla Sapienza di Roma una delle pagine più tristi e drammatiche della storia contemporanea.

Il muro eretto contro il Santo Padre, con la chiara volontà di non farlo intervenire in occasione dell’inaugurazione annuale dell’Ateneo romano, è una ferita e una vergogna agli occhi del mondo. Vergogna che segue quella, che ormai da settimane campeggia sulle prime pagine dei principali giornali internazionali, di una città e di una Regione (Napoli e la Campania) che affondano letteralmente nella spazzatura, dopo essere state amministrate per 15 anni da giunte e leader del centrosinistra intoccabili e anzi idolatrati da gran parte dei media.

Come se tutto questo non bastasse, ecco che arriva il solito avviso di garanzia “mirato” che va a colpire la moglie del guardasigilli, proprio nel giorno in cui lo stesso ministro deve tenere la sua relazione alle Camere sullo stato della Giustizia.

Ora, sarebbe sin troppo facile invitare Prodi a dimettersi al più presto per evitare il completo naufragio di un Paese già stremato da un anno e mezzo di governo del peggiore esecutivo della storia della Repubblica. Certo, Prodi se ne deve andare.

Ma sta all’opposizione di centrodestra e alle forze più responsabili del centrosinistra mantenere la calma, non lasciarsi trascinare su chine pericolose e isolare i facinorosi, gli intolleranti, gli ignoranti che ripetono ancora una volta vecchie, patetiche lezioncine imparate a memoria e prive di qualsiasi fondamento in nome di uno scientismo becero e di un estremismo ideologico che tanti danni hanno già provocato in passato.

Sta a noi, tutti insieme, guardando alla lezione dei padri della Patria, ricostruire una società in disfacimento, fornirle nuove speranze, estirpare il cancro di un declino morale e ideologico che sembra non avere fine. Solo su queste basi potremo dare vita a un vero rinnovamento della politica e restituire agli italiani una speranza per il futuro.

Da parte del centrodestra vi è stata una reazione dura ma responsabile, pacata sia pure giustamente indignata agli avvenimenti di questi giorni.

Ora tocca ai moderati e ai riformisti del centrosinistra prendere, finalmente, le decisioni che da loro tutti si aspettano, e che non possono più essere rimandate.

 
 
 
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