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Post n°104 pubblicato il 10 Ottobre 2007 da VegaLyrae
Che cos'è la preghiera? SandaliAlSole, in un commento al post precedente, dice che il controllo delle emozioni non coincide con il controllo dei neurotrasmettitori. Io invece dico che è esattamente il contrario. Cioè che meditare significa "concentrarsi" al punto da riuscire ad influenzare l'attività elettrica del cervello e quindi indurre un maggiore o minor rilascio di certi neurotrasmettitori. Magari avviene in modo indiretto, nel senso che ci concentriamo sulla sensazione, non sui neuroni, ma di fatto credo si sortisca esattamente questo. |
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Suppongo che la spiegazione di molta parte del tuo messaggio risieda nell'ora tarda in cui è stato scritto e con il probabile contributo di qualche supporto alcoolico.
Eccerto che l'articolo da me citato è stato pubblicato sull'Australus Pitecus. Trattasi infatti di una delle riviste più antiche e prestigiose che vanta uno dei più alti impact factor e che trova personalmente in Lucy il suo editor. Ehehehe Non dirmi che non lo sapevi!! ;-)).
Ovviamente il cervello è legato con la sua attività, altrimenti dove starebbe la capacità di autoregolazione e di feed-back? E ovviamente la macchina della verità traduce emozioni in onde elettriche ed ha a sua volta la capacità di modificare le onde elettriche stesse: io ti sfido a lasciare invariato il tracciato, rispondendo alla medesima domanda (che ne so, ad es sulle tue esperienze in fatto di organi erettili..) attaccato oppure no alla macchina della verità eheheh!!
E gli organi erettili sono innanzitutto condizionati dall'attività cerebrale! Mai sentito dire che nasce tutto dal cervello e che se quello non è intrippato, anche il resto non funziona?? Penso anzi che ti sia anche capitato, tanto per restare sul vago e l'empirico e non scendere nei dettagli degli effetti operati dal sistema nervoso parasimpatico e dall'asse: corteccia-sistema limbico-ipotalamo-ipofisi-testicolo.
Infine vuoi sapere cosa farò io tra 3,1 anni? Beh, dipende a che ora ti riferisci... sai, ho un'agenda già bella zeppa e così su due piedi non sono in grado di risponderti.
Ehehehe Rido divertita! ;-))
Ti sottolineo che questo commento non vuole costituire alcuna critica alle tue idee, che rispetto come se fossero le mie - ed è proprio per questo che sono qui a contraddirle - ma vuole essere solo un invito (Ossignur, ancora!) ad un dialogo tra opinioni di pari valore...
grazie dell'attenzione, vincanto
Ossignur! (e mai esclamazione fu più adatta ad un post!!), nemmeno io riconosco alcun potere taumaturgico alla preghiera e in questi termini sono convinitissima che nessuna malattia organica possa essere risolta col solo potere della mente a diferenza di ciò che vorrebbero far credere certi santoni. D'altro canto però non sono completamente convinta che l'alleggerimento delle tensioni sortito dalla meditazione (o dalla preghiera) risieda solo in uno stato di quiete indotto. O meglio, dipende da cosa si intendi per "Stato di quiete indotto". La semplice "distrazione" dal problema è solo un effetto momentaneo e superficiale, però esistano persone (e in questo sono perfettamente d'accordo con te che la risposta è squisitamente individuale) in cui il credere (convincersi) che esista una realtà ultraterrena inneschi una sorta di feed-back positivo a livello cerebrale con effetti antidepressivi. Da un punto di vista molecolare questo feed-back positivo consiste in un'alterata produzione e rilascio di neurotraslettitori e nello stabilirsi di nuovi equilibri neuronali, con effetto anche duraturo.
E sono perfettamente d'accordo con te che fede e preghiera possano anche essere responsabili di effetti negativi, infatti nel link cheavevo messo nel post viene proprio trattato il rapposto tra fede morbosa e alcune forme di psicosi. Ovviamente quella è una situazione estrema, ma certamente esistono anche tutte le situazioni intermedie in cui fattori come sensi di colpa, paura della punizione divina e altre cose simili possono essere causa di depressione. Ad esempio - e so che qui apparirò blasfema ai più - io sono convinta che l'estasi mistica che alcuni dicono di vivere non sia altro che qualcosa di patologico, una forma di psicopatia, una sublimazione spirituale di quell'orgasmo che probabilmente non riscono a vivere fisicamente.
Per tornare al punto di partenza, la qualità della nostra vita dipende in larga misura dalle idee che abbiamo in testa e queste a sua volta dipendono dalla natura del nostro cervello e dall'equilibrio che si stabilisce fra i diversi neurotrasmettitori. Però il cervello non è affatto un sistema chiuso su se stesso perchè esso, per definizione, media i rapporti dell'organismo con il mondo esterno e risponde alle sollecitazioni che da qui riceve. Come lo fa dipende in larga misura dal DNA di ognuno di noi.
sulla "apertura" del sistema cervello son d'accordo, però, solo in teoria perchè troppe volte verifico in me stesso, come nelle altre persone, che l'apertura è solo parziale o molto selettiva, nel senso che spesso si resta legati a letture delle realtà che impediscono un reale adeguamento ad essa... e ciò non credo c'entri molto col DNA, quanto piuttosto con una scarsa educazione ad accettare quanto non si condivide - è chiaro che mi riferisco a situazioni di "normalità", cioè all'assenza di patologie...
PS ti scoccia se ti chiedo di chiarirmi la tua ultima affermazione?...
buona serata, vincanto
Dunque, ciascuno di noi è il risultato di due componenti: il proprio DNA e l'ambiente in cui si trova a vivere, o meglio, è il risultato dell'interazione fra i propri geni e l'ambiente esterno. Sempre più spesso si sente dire anche nei servizi di divulgazione scientifica rivolta all'ampio pubblico, che anche molti aspetti della personalità - ad esempio se siamo tendenzialmente tirchi o generosi oppure nottambuli o mattinieri o ancora fedeli oppure infedeli e via così - sono scritti nei nostri geni.... Ovviamente non esiste un gene della tirchieria, nè queste caratteristiche vengono trasmesse come caratteri mendeliani semplici; tuttavia ci sono sempre più evidenze che il tipo di risposta ad una certa sollecitazione proveniente dall'ambiente esterno dipenda da particolari combinazioni genetiche. I geni che intervengono e che si influenzano a vicenda sono moltissimi e nessuno di essi è in grado di sortire da solo quello specifico effetto comportamentale, tuttavia il coktail sì.
Ecco perchè ad esempio persone diverse rispondono in modo diverso alla stessa situazione; perfino due fratelli, nati e cresciuti nello stesso contesto ambientale ed educati dagli stessi genitori, sviluppano caratteri completamente diversi. E che cos'è che li rende diversi se non la loro genetica? Se non il loro DNA? A volte bastano sfumature genetiche minime ad indurre grandi differenze. Un tempo si dava prevalente importanza all'ambiente per lo sviluppo della personalità, oggi si tende a riconoscere anche l'importanza della componente biochimica, e quindi genetica. Evidentemente l'ambiente da solo non basta a stimolare un certo tipo di comportamento; interviene anche la componente biologica e quando parlo di livelli di neurotrasmettitori mi riferisco proprio a questo. Così come la componente genetica da sola non basta, essa deve passare attraverso il crivello dell'ambiente.