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Il libro di Thomas Cacioski

Post n°170 pubblicato il 09 Gennaio 2009 da PsicologoOnWeb

Dodici Giorni, di Thomas Cacioski

Settima parte

^^Devo darti una spiegazione, certo che lo farò. Ti chiedo di non avere nessuna paura, nessuna, perché non è mia intenzione farti del male. Il mio pentimento era sincero, la mia richiesta di perdono era sincera, credo di aver fatto un qualcosa che mai avrei pensato di poter fare in tutta la mia vita. Devo darti una spiegazione, si. In un certo senso ho però messo questa mia vita nelle tue mani, ti ho lasciato la libertà di fare di me quello che volevi, di chiedere aiuto e di punirmi. Tu hai fatto una scelta precisa, cosciente, o sbaglio^^. Rivolsi lo sguardo verso terra. Avevo fatto quella scelta volontariamente, era vero. Non dico sempre ma credo accada molto spesso che, le motivazioni che portiamo a noi stessi per spiegarci una scelta non siano mai o sempre quelle vere, quelle che poi realmente ci spingono a farla. Paura di scoprirsi forse, di capire chi siamo veramente e di farlo capire agli altri. Tutto quello che avevo vissuto in prima persona in quei giorni, la violenza, i sentimenti di paura e di rabbia che mi rendevano nello stesso tempo debole e forte, la percezione di una sorta di dolcezza che aleggiava misteriosamente in tutta quella situazione, ma anche i luoghi nei quali mi ero ritrovata non volutamente, la camera in legno con la sua luce soffusa e particolare, la baita bellissima, la montagna, la neve, tutto mi aveva fatto sentire incredibilmente viva e mi era piaciuto. Quando ci si scopre si diventa vulnerabili, questa è la paura, la paura di mostrare quello che si è perché si rischia di essere uccisi non soltanto dagli altri ma ancor prima da se stessi. In quel preciso momento non stavo più mentendo a me stessa, avevo fatto quella scelta perché per la prima volta nella mia vita mi ero sentita viva e tutto quello che avevo vissuto mi era piaciuto. Io ero quella donna. Alzai gli occhi, l’uomo seduto sul piccolo scaletto in legno mi guardava in silenzio aspettando la mia reazione, al suo fianco era seduto l’husky ed anche lui mi guardava attento quasi stesse aspettando la medesima cosa. Sorrisi, perché la scena mi parve molto buffa e simpatica ^^chi sono e dove sono gli altri^^ chiesi con un tono sereno che non mi sorprese più ^^vuoi dire altre persone ?^^ ^^si, vorrei sapere chi sono e dove sono adesso le altre persone che hanno deciso quello che è stato fatto^^ ^^non ci sono altre persone, io sono l’unica^^ ^^rispose meravigliato da quella mia domanda. Come potevano non esserci altre persone e come poteva aver fatto tutto da solo, mi stava certamente mentendo ^^come posso credere che tu abbia organizzato e fatto tutto questo da solo e poi, anche nel biglietto hai scritto “noi andremo” in paese, perché mi stai mentendo ?^^ Sorrise e guardò il suo cane che continuava a rimanere seduto al suo fianco partecipe di quella conversazione, lo accarezzò ^^ quassù siamo solamente io e Fog, nessun altro te lo assicuro^^ disse guardandolo e stringendogli il muso con le mani. Erano loro che sarebbero tornati solo verso sera, lui e il cane, lassù tra la neve. No, non stava mentendo e poi a quel punto non ce ne sarebbe stato davvero motivo. Anche se avevo intuito una leggera inquietudine in lui mi piaceva la tranquillità che manifestava in ogni momento, nel modo che aveva di esprimersi, nei gesti e negli sguardi, nel modo con il quale trattava il suo husky Fog, nebbia, proprio come la nebbia che oramai si era alzata e non mi avvolgeva più ma mi permetteva di vedere chiaramente ogni cosa dentro e fuori di me. Si alzò, ripose lo scaletto nell’angolo dell’attrezzaia, indossò il suo cappello di lana ^^ Laura, prepariamo qualcosa per cena, hai fame ?^^ disse sottovoce. Fog abbaiò due volte quasi a voler rispondere per me e guardandolo sorridemmo entrambi.

 
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