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Ideologia di genere: appunti per genitori 2/2

Post n°20 pubblicato il 24 Aprile 2014 da Veritatis1973

Ideologia di genere

Seconda parte

Obbiettivo immediato dell’ideologia di genere è creare un’opinione che consideri l’eguaglianza non come pari dignità, ma come partecipazione statisticamente uguale alla conquista del potere. Apro una brevissima parentesi sulla recente discussione sulla legge elettorale, cioè la pretesa di inserire la parità di genere nelle candidature, dopo i consigli di amministrazione, le pari opportunità, le quote rosa, adesso dovrebbe diventare obbligatorio per legge che ogni lista elettorale preveda la presenza di una metà di donne.

Che così tante persone non si rendano conto che questo modo di ragionare è la peggiore offesa che si possa fare alle donne è veramente difficile da credere. L’agenda di genere mira a eliminare la differenza fra l'uomo e la donna, anche a costo di ricoprire le donne di ridicolo, quasi fossero una specie protetta composta da persone un poco minorate (minus habens), che hanno bisogno della spinta legale per affermarsi, essendo incapaci di farlo da sole.


L’ideologia di genere identifica nella famiglia il maggior impedimento alla costruzione di un mondo nuovo pienamente libero, perché è nella famiglia che secondo questo pensiero avviene il condizionamento sociale dei bambini.

Il cambiamento culturale deve iniziare dalla decostruzione dei ruoli all’interno della famiglia (marito/moglie, madre/padre … )

La fine della famiglia viene vista come la fine dell’istituzione che determina la costruzione sociale della differenza uomo-donna e, quindi, la condizione che rende possibile il ritorno alla sessualità polimorfa originaria in cui non si potrà più parlare di eterosessualità, omosessualità o lesbismo; tali categorie saranno abbandonate grazie alla disponibilità verso qualsiasi forma di rapporto sessuale.


Quale modo miglior per eliminare la famiglia partendo proprio dal matrimonio? Lo abbiamo dimenticato ma la parola “matrimonio” deriva da matris munus (il dono della madre), ossia l’unione stabile aperta al dono del concepimento tra un uomo e una donna. Andiamo quindi al nucleo della questione: Matrimonio omosessuale si o no? Per il cattolico la risposta è evidente. Nel caso in cui si proponga un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge (Congregazione per la dottrina della fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni omosessuali, 3 giugno 2003). Quanto all’Italia: “Riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo (…)l’effetto sarebbe inevitabilmente deletereo per la famiglia (CEI, Nota a riguardo della famiglia 28 marzo 2007). Ma io non sono cattolico!!! Che il matrimonio sia solo quello tra un uomo e una donna è una verità di ragione. La presenza nella società di modelli di matrimonio e famiglia diversi indebolisce l’unica famiglia vera. E se si riconoscono 2 modelli di famiglia perché non 3,4,5? La società con meno famiglia e meno matrimoni produce meno figli e questo è un dato di fatto. Se le nascite non aumentano l’Italia muore. Muore per tutti, cattolici e laicisti, credenti e non perché saranno i portafogli di tutti a doversi aprire per mantenere legioni di pensionati e far fronte a una crisi economica acuità dalla denatalità. Ma qual è il presupposto sulla base del quale lo stato deve riconoscere il matrimonio? L’amore? Love is Love ha detto Obama commentando la sentenza della corte suprema del 26 giugno 2013 che sosteneva l’incostituzionalità a livello federale della nozione di matrimonio solo tra un uomo e una donna. Chi può essere così cattivo da opporsi all’amore? Ma non ogni forma di amore ha riconoscimento giuridico (esempi ne sono l’incesto, la poligamia, la poliandria). Il nostro tempo chiama amore anche l’attrazione sessuale o sentimentale senza un progetto di vita comune. Ogni amore che ha un progetto di vita comune è sullo stesso piano e merita riconoscimento giuridico? Per Obama il criterio è la sincerità dell’amore, ma lo stato non offre il riconoscimento a tutte le forme sincere di amore (donna sposata, incesto poligamia). Lo stato non dice che l’amore non esiste! Ma dice che, amore o no, riconoscere tali progetti comprometterebbe il bene comune della società. La famiglia “naturale” riconosciuta dallo stato riposa su un dato di natura, la differenza tra uomo e donna, che è davvero naturale e non culturale e la capacità di questa sola relazione ad essere feconda e ottimale per la crescita e l’educazione dei figli.


Sin dagli anni Ottanta il luogo dello scontro culturale si focalizza nei posti d’influenza: nelle università, nelle istituzioni internazionali e nei media.

È opportuno notare come le femministe radicali avevano il loro interesse personale nell'abolizione dei generi. Le loro principali esponenti, infatti (Shulamite Firestone, Grace Atkinson, Anne Koedt, Monique Wittig, Gayle Rubin, Judith Butler...), hanno tutte dei seri problemi nel riconoscersi nel ruolo di genere femminile: hanno tutte, infatti, tendenze omosessuali.


Attraverso una abile operazione strategica che ha visto come momenti fondamentali le conferenze del Cairo (1994) e di Pechino (1995), le femministe radicali sono riuscite a far penetrare le loro idee all'interno dei grandi organismi internazionali (l'ONU, l'OMS, l'UNICEF, l'Unione Europea...) e da qui, a cascata, fin dentro le nostre case e le scuole dei nostri figli senza che ce ne accorgessimo. Da anni, infatti, lo Stato italiano, le Regioni, le Province e i Comuni hanno ministeri, dipartimenti e assessorati "alle pari opportunità".


Di questa strategia è testimone attenta Dale O’Leary, autrice di molti saggi sulla questione femminile; la O’Leary ricostruisce con dovizia di particolari le tattiche con cui le femministe radicali sono riuscite a far passare la propria agenda politica in incontri internazionali di alto profilo.



La responsabilità dell'ONU e dell'Ue nella diffusione dell'ideologia di genere è stata considerevole. Tra le recenti iniziative politiche bisogna ricordare la Raccomandazione del Consiglio d’Europa agli Stati membri sulle misure volte a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere , che ha avuto come prima adesione quella dell’Italia il 16 febbraio 2012.

In seguito a questa adesione è stata promulgata la Strategia Nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere. La strategia nazionale è finalizzata alla realizzazione di un piano triennale di azioni pilota (2013-2015), integrate e multidisciplinari, volte alla prevenzione e al contrasto delle discriminazioni in tale ambito. La strategia è stata pubblicata sul sito dell’UNAR il 30 aprile 2013.



È così che la teoria del “gender” verrà insegnata nelle scuole italiane sin dalla più tenera età. Come anticipato nelle famose “linee guida” approvate all’epoca del governo Monti dall’allora ministro del Lavoro con delega alle Pari opportunità, Elsa Fornero, sono pronti i «percorsi innovativi di formazione e aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con particolare focus sul tema Lgbt e sui temi del bullismo omofobico e transfobico».

«ESSERE GAY INFORMED». Questi percorsi sono delineati in tre libretti partoriti nell’ambito della nuova “strategia nazionale” anti omofobia, affidata per decreto del governo Letta a 29 associazioni del mondo Lgbt e finanziata dai contribuenti con 10 milioni di euro. In sostanza i volumi sono pressoché identici, con qualche variante per “adattarli” ai diversi gradi di scuola: superiore, media inferiore ed elementare. Sotto il generico titolo Educare alla diversità nella scuola, Come si legge, non è più sufficiente «essere gay friendly (amichevoli nei confronti di gay e lesbiche), ma è necessario essere gay informed (informati sulle tematiche gay e lesbiche)». Per evitare, cioè, discriminazioni che nascono da affermazioni o comportamenti che «gli insegnanti devono evitare», non basterà impegnarsi a non insultare o a non assumere atteggiamenti di esclusione. D’ora in poi i docenti dovranno evitare «analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa (cioè che assume che l’eterosessualità sia l’orientamento normale)», poiché queste possono tradursi nel dare per scontato «che un bambino da grande si innamorerà di una donna». Attenzione quindi a non dividere mai i maschi dalle femmine o ad assegnare loro diverse attività. Vietato anche elaborare compiti che non contengano situazioni diverse, occorre formulare problemi così: «Per esempio; “Rosa e i suoi 2 papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”».

A dar retta a questi opuscoli, l’identità sessuale sarebbe formata da quattro componenti. La prima componente è l’identità biologica che si riferisce al sesso. La seconda è l’identità di genere che dipende dalla percezione che si ha di sé. E «non sempre l’identità di genere e quella biologica coincidono». Infatti «a volte – si legge – il disagio rispetto al proprio sesso biologico è così forte che la persona è disposta a sottoporsi a cure ormonali e operazioni chirurgiche». La terza componente è poi il ruolo di genere, imposto dalla società, per colpa del quale, ad esempio, una donna «deve imparare a cucinare» o «deve volere un marito e dei figli». Infine c’è l’orientamento sessuale, quello da cui dipende l’attrazione verso altre persone. Le quali ovviamente possono essere indifferentemente di un altro sesso o dello stesso. L’unica cosa che non è normale è che esistano «individui attratti dal proprio sesso che non hanno comportamenti omosessuali o alcuna attività sessuale»: gli scolari italiani impareranno presto che queste persone «hanno forti sensi di colpa rispetto alla propria omosessualità». Secondo i teorici del gender si chiama «omofobia interiorizzata» ed è dovuta a «pregiudizi e discriminazioni che possono rendere più difficile l’accettazione del proprio orientamento». Quanto alle cosiddette «terapie riparative», sono cose «estremamente pericolose». Punto. Segue per sicurezza un bel «ritratto dell’individuo omofobo», che di solito è di «età avanzata» ed è accecato da un alto «grado di religiosità» e di «ideologia conservatrice». Si va dall’«omofobo di tipo religioso che considera l’omosessualità un peccato» a quello «scientifico che la considera una malattia», fino ai «genitori omofobi». 


Nei libretti anti-omofobia sono forniti anche alcuni strumenti: come il questionario per misurare il proprio livello di omofobia.

Le due pagine successive sono dedicate alle Q&A, come quella sul perché ci sono persone con attrazioni dello stesso sesso, a cui si deve replicare che è così «per la stessa ragione per cui altri individui sono attratti da persone del sesso opposto».


A chi domanda se esista una terapia per l’omosessualità indesiderata si deve risponde ovviamente di no, ricordando che «chiunque dica il contrario diffonde un pregiudizio».


COSA GUARDARE IN TV. C’è poi un’ultima sezione dedicata all’insegnamento pratico. Qui viene sottolineato il ruolo dei media italiani che discriminano le famiglie omosessuali, invitando i docenti a chiedere agli alunni come mai «in Italia non ritraggono diverse strutture familiari». Quindi viene caldeggiata la visione di film con modelli di «famiglie allargate» come Modern Family, oppure serie tv su famiglie eterosessuali litigiose come Tutto in famiglia o La vita secondo Jim. Viene proposto inoltre il “Gioco dei fatti e delle opinioni” in cui, ad esempio, se uno studente dice «“due uomini che fanno l’amore sono disgustosi”, a quel punto l’insegnante deve far notare che questa è un’opinione che deriva dal fatto che siamo poco abituati dal cinema e alla tv a vedere due uomini che si baciano o fanno l’amore».


MASTURBAZIONE COME GIOCO. Dopo di che gli insegnanti dovranno tentare di fare immedesimare gli alunni “eterosessuali” con gli “omosessuali” e mettere gli alunni «in contatto con sentimenti e emozioni che possono provare persone gay o lesbiche». Ci sono storielle, attività e strumenti anche per questo, ed è proposto un elenco di documentari come Kràmpack, in cui la masturbazione fra due ragazzi è presentata come esplorazione e «gioco», e L’altra metà del cielo, che racconta «le vite di donne che amano altre donne» le quali «si sono scontrate con l’omofobia della propria famiglia».

Non poteva mancare qualche idea per aiutare le maestre a cambiare nelle teste dei loro alunni il concetto di famiglia. Ecco un esempio: «L’insegnante utilizza un tabellone e incolla a caso le immagini di famiglie differenti (ad esempio, l’immagine di una famiglia multi-razziale: due persone bianche con un bambino nero; le foto di un uomo vecchio, di una donna e di un cane; di due donne; di due uomini ecc). Chiede, allora, agli studenti se, secondo loro, le persone nelle foto potrebbero essere una famiglia (…). L’insegnante fa riferimento, dunque, alla definizione comune di famiglia e ricorda agli studenti che non si tratta di come appare, ma piuttosto di come i membri si supportano tra loro, si amano e si accudiscono a vicenda».


Le "pari opportunità" secondo gli autori dei tre volumetti intitolati "Educare alla diversità a scuola" consisterebbero nell’insegnare a tutti gli alunni, dalle elementari alle superiori, che la famiglia padre-madre-figli è solo uno «stereotipo da pubblicità», che i due generi maschio e femmina sono un’astrazione, che leggere romanzi in cui i protagonisti sono eterosessuali è una violenza e la religiosità un disvalore...

 

 
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