ViolaMente

LA CHIAMO SEMPRE PER COGNOME


La chiamo sempre per cognome ma non per tenerla a distanza, anzi, quando siede un po’ più vicino a me la prego di non spostarsi, che altrimenti non riesco a capire che effetto mi fa il suo corpo. Se mi piace oppure no, intendo. Lei alle volte si scosta, alle altre, invece, mi resta docile accanto. E’ accaduto altre volte, quando siamo usciti da soli, che mi prefiggessi di provarci, ma poi il tempo è scivolato via spassoso che, porca puttana, me ne sono praticamente scordato.Già so che questa sera mi aspetta davanti al locale stizzita per l’ennesimo ritardo, ed infatti eccola, dentro al suo cappottino viola, che cammina avanti e indietro parlando al telefono per spezzare l’attesa. Di tanto in tanto si ferma e traccia sul lastricato del portico dei piccoli cerchi con la punta del piede, alzando e abbassando l’altro a mezza punta al ritmo di chissà quale suono che le riecheggia in testa. Se non avesse smesso di fumare sono certo che ne avrebbe una accesa.  La bacio sulla guancia libera mentre con l’altra è occupata a salutare chissà chi dall’altra parte del telefono e, ancora prima che inizi a rimbrottarmi, la interrompo con un complimento su come le stanno bene i capelli questa sera anche se non sono raccolti come piacciono a me. Entriamo nel locale, piccolissimo e affollato com’è all’ora dell’aperitivo, ordiniamo due Negroni, ci appropriamo in fretta di due sgabelli che si liberano di fianco al bancone e finalmente possiamo parlare di lei – bel sorriso, belle tette. Io, invece, non amo raccontare ciò che mi succede, non per timidezza, figuriamoci, la faccia di bronzo non mi manca, è solo che mettermi a parlare di lavoro mi annoio, delle altre non è il caso, e, per il resto, mi è già capitato di condividere emozioni e riflessioni che nell’attimo esatto in cui le decifravo in parole si mutavano in fuffa senza consistenza negli occhi di chi avevo di fronte, per cui, no, grazie, preferisco tenerle per me. Ed in ogni caso la gente, le donne, adorano parlare di se, e per la maggior parte manco se ne accorgono che, nel mentre, io non mi scopro neppure di un centimetro. Lei sì, l’ha capito e perciò le mie domande si fanno più incalzanti. Le chiedo delle sue passioni, del suo ultimo appuntamento, del perché non ha funzionato...…No, no, non è a causa della sindrome del principe azzurro che le vostre relazioni prettamente sessuali non durano a lungo, è per una ragione squisitamente biologica, un istinto di conservazione della specie che spinge voi donne a cercare una relazione stabile per poter, come fine ultimo, procreare e assicurare il futuro dell’umanità. E’ lo stesso se con gli anni hai maturato l’idea di non voler marmocchi, quello che conta veramente è ciò che ha fatto tua madre, tua nonna…Al secondo Negroni l’atmosfera si fa impalpabile, le nostre mani si sono già cercate un paio di volte, non so se c’è ancora gente o se il locale si è svuotato, se la barista intenta ad ordinare il bancone ci sta guardando e non importa che succederà, le prendo il volto tra le mani e me lo avvicino alle labbra. Si ritrae prima da una parte e poi dall’altra, e comincia a sciorinarmi il perché non possiamo scopare.Du Cojoni, tranquilla, ti volevo solo baciare perché ne ho sentito il desiderio, ma non ce la farei a scopare. Ho già dato, sia ieri sera che stamattina. Credimi, non ce la farei ancora. Lei esplode in una risata rauca e chiassosa, ed incredula dice qualcosa del tipo che un approccio così non le era mai capitato, e si complimenta per lo spirito.Ridiamo, ed allora si lascia baciare, una volta, schiudendo velocemente le labbra alla foga della mia lingua e senza la lentezza dei baci languidi. Uno sguardo interrogativo e poi un’altra volta, adagio, per sentirne il sapore. Piano. Ride, ride e non smette. O è veramente ubriaca o non le manca il senso dell’umorismo.