ViolaMente

non so nemmeno come si chiama di cognome


[prologo. la versione violettiana è qui sotto. dopo averla letta le ho chiesto [a violet, intendo]: bene. posso provare a scrivere come si comporterebbe una personaggio para-inventato da me? i nostri blogghe hanno amoreggiato, e quindi la sua versione è anche sul mio blogghe.]Accidenti, sarà lei? Questa fottutissima incapacità di fissarsi la faccia di qualcuno in testa [strano, no? Fissarsi la faccia di qualcuno in testa]. Sotto quel berretto di lana violacea penso raccolga la chioma ribelle, un po’ il prodromo di un rasta nature. La chioma me la ricordo, non fosse altro per quei ricci nerineri che si aprivano a raggiera mentre le fuggivo lo sguardo quando ci si è presentati. Ero già moderatamente ubriaco, abbastanza da farmi avanti a conoscere una quasi perfetta sconosciuta. Beh sì, in effetti eravamo financo a casa sua, la casa di collina. Io: imbucato ed anche piuttosto impacciato qua e là. Però musica e vino me li ricordo, piacevoli.Sì, dovrebbe essere lei. Se magari la smettesse di parlar al telefono con quell’aria un po’ annoiata di una che gioca con quel che riesce ad uscire di un riccio da una berretta, si girasse, e almeno lei, mi riconoscesse sarebbe fatta. E invece no: qui continua a piovere quella noiosissima pioggerellina nebulizzata, e lei a telefonare. Chissà se s’infeltrisce il berretto di lana leggera. Pensa te: fine aprile coperti come a febbraio.Ehi, pare m’abbia riconosciuto. In effetti è lei, ora lo ricordo. Sembra anche che le si siano anche accesi un po’ gli occhietti. Adesso però finiscila con ‘sta telefonata: se è uno che te la batte non ha speranza, mollalo subito che la fisiognomica della comunicazione cellulare ha le sue regole non scritte. Se il bambascione dall’altra parte non intende il tono che tradisce il suo viso piuttosto insofferente è un altro motivo , se ce ne fosse bisogno, affinché lo si molli.Eddddddai, chiudi ‘sta comunicazione.Ohhh, finalmente.Beh, buonasera. Con quel cappello inumidito ho fatto fatica a riconoscerti: ma ci stanno veramente tutti i tuoi capelli lì dentro? Ah, li hai tagliati: nuova pettinatura, un nuovo taglio di cappelli, sconvolto con chic. Interessante. Me li fai vedere qui fuori o entriamo in questo dannatissimo locale? Occhei, facciamo che mi mostri la nuova acconciatura dentro.Uhm. Carina la barista-pubbista. Lo sapevo avrei dovuto far quello come secondo mestiere. Ora però basta: ci manca solo mi sgami, concentriamo attenzione ed emozione su di lei.Tecniche di dialogo scaccia-imbarazzo. Interessante questo nuovo taglio chic con sconvolgimento. Ancora più interessante la fascia, viola, ovviamente. Cosa indossi d’altro di quel colore? Intimo escluso, ovvio. Dicevo: la fascia, mette in risalto l’ovale del viso, direi che è un bell’effetto. Sì, in effetti ho solo una cartuccia per sera in fatto di complimenti. Questo è il primo e l’ultimo. Ricordo la storia del viola, l’avevi anche la sera in cui mi imbucai alla tua festa estiva in collina. La T-shirt piuttosto attillata, se la memoria non mi inganna. Cioè no, quello lo ricordo bene, l’attillamento intendo. Lo sai che non potresti andar a far il pubblico da fazio su raitre, con qualcosa di viola addosso…?Vino o birra? In effetti siamo in un pub: giusta osservazione. Pungente la ragazza colla fascia viola. Fossimo abbastanza in confidenza scarterei la birra e ti proporrei una specie di scambio culinario: vengo a casa tua e cucino, partiamo con un bianco del trentino. Poi ho trovato uno shiraz (o shyra? Come diavolo si scrive) australiano che è una figata, suppongo lo vinifichino con qualche sostanza psicotropa perché il bouquet ti esplode con qualche attimo ritardo, poi ti da dipendenza. L’hai già provato? Ah, ecco, te ne l’hanno portato una volta e te lo sei bevuto con le amiche: beh, non male, no?E la cena? Ah, come? Si può fare? Si vabbhé, ma facciamo le cose con quel minimo di passaggi pre-formali. Era una boutade un po’ buttata lì per scombinar le carte. Sennò poi come lo giustifico il mio impacciamento pre-culinario. Però, a questo punto, possiamo cominciare a buttar giù il menù. Una cosa tipo mare e monti, un’ordalia di fantasia, non c’è che dire. Quindi: un antipastino a base di pesce, e poi ti faccio i pizzoccheri, li hai mai assaggiati? Così giustifichiamo i vini. Inoltre se ne discendono due altre certezze, in questo bailamme di gioco delle parti: che la cosa si farà presto, perché il pizzocchero quando il caldo comincia a farsi largo non lo si apprezza, inoltre hai la sicurezza fisiologica che dopo non ci proverò, perché lo sforzo digestivo del pizzocchero non si confà molto ad essere contemporaneo con altre attività, più o meno fisiche.Sì, in effetti io sarei timido, però sai la birra la prendo sempre molto forte anche per riuscire a sgabbiarmi le titubanze. Mi sa che mi ha pure sgamato mentre osservavo allontanarsi la pubbista. No, ti giuro non le stavo guardando il culo: solo come il capelli le scendono lungo la schiena. No… no… dai non ridere: sto dicendo sul serio, mi rendo conto possa essere una scusa poco plausibile ma è così. Io sono un tettista convinto. Eddai, credimi! E anche il fatto tu le abbia così armonicamente ben presenti qui davanti a noi due è solo una felice casualità.Quando ride è ancora più carina, accidenti. Deve essere quella strana cosa che hanno alcune ragazze, con gli occhietti che parlano loro stessi: e non sono nemmeno azzurri. Quasi quasi, colla scusa di confrontar quanto sono lunghe e affusolate le mani provo a sentire che effetto fa sfiorargliele. Se gliele prendo una delle sue tra le due mie mi sa che la cosa si fa troppo apparente e palese: non è il caso. Però colla scusa del contesto un po’ cultural-retrò colle luci e i toni caldi posso provare a fotografarla. Gli occhietti, la fascia, i capelli pre-rasta, il sorriso ontologico. Viene fuori proprio una figata di fotografia. Un’altra. E un’altra ancora, sposto il punto di vista: così il seno è troppo in primo piano, pure con la resa scenica dell’effetto grandangolo, forse non è il caso di scattare… cioè… però a ripensarci bene… ma anche no. Clicche.Un’altra birra? Quasi quasi, può essere che i blocchi emozionali cedano del tutto ma correremo il rischio. Anche lei mi sembra decisamente più sciolta, quando poi china leggermente il capo e quel ciuffo che le cala sull’occhio s’intriga decisamente il tutto. O forse è la storia del collo che si scopre appena. Questo è il caso piacevole in cui intuisci di come sia un velato, e involontario, segnale metasessuale. Nel senso che lo intuisci perché avresti una gran voglia di baciarlo, senza sapere bene il perché: il suggerimento della corteccia del cervello, quello più profondo e arcaico. E non è solo la questione della pinta e mezza triplo malto che già ci siamo calati a stomaco vuoto.Conservo ancora qualche rimasuglio di lucida analiticità: che si fanculizzi. Perché continuo a provar a leggere il linguaggio del corpo, capendoci quasi una minchia per via delle birre e della piacevole vibrazione che mi coglie nello starle accanto? Se provassi a spegnere il tutto e veder come viene e basta? Ecco, ad esempio, la sua mano che pare stia cercando la mia? Uhm, no forse mi sbaglio: un gesto un po’ involontario. Provo io con un qualche segnale di avvicinamento, di prossimità al suo viso. Prima colle mani, e vediamo come va. Le levo la fascia violacea dei capelli e lascio terreno sgombro ai riccioli pre-rasta. Solleva leggermente il viso mentre tiene chiusi gli occhi e s’assapora il momento della chioma pre-ribelle nuovamente e finalmente libera. Per un attimo ho una visione: deve essere la stessa sensazione fugace un attimo prima di lasciarsi andare, verosimilmente non in un pub, magari senza niente di viola addosso, o al limite, e ancora per poco, giusto l’intimo.Eppure non sono bastate due pinte di birra. Non riesco a dar un seguito sensato alla causalità: desiderio-azione. E me ne rimango una spanna troppo lontano. Vorrei baciarla, la scusa del: mi fai provare quanto sono morbide le labbra non funzionerebbe. Farlo e basta, baciarla intendo, senza prerequisiti di meta e paraverbale non mi riesce proprio. Non capisco se per la mia coglionaggine a priori, oppure se perché questi prerequisiti proprio non ci sono, a prescindere la mia capacità di leggere il linguaggio del corpo capendoci, peraltro, sempre una minchia.E a volte è una questione di attimi.Non mi ricordo chi cantava quel melassosissimo verso del: cambio il verso di ogni cosa, cancellarono di colpo i riflessi le tendine in nylon rosa. Però il senso è quello. Di colpo quel fottutissimo treno mi sembra ormai troppo imminente. Già: non facciamo in tempo a prendere la terza birra, non faccio in tempo a decidere se era il caso di baciarti o meno. Tanto non l’avrei fatto, comunque. Avresti dovuto, tecnicamente, darmi un incipit tu anche solo impercettibile, per quanto sia pusillanime usare questa scusa. Cojone che non son altro, devo andare. Mi si vela un po’ il prosieguo della situazione. Anche la pubbista, mentre vado a pagare, mi sembra ormai melanconicamente indifferente, a prescindere dal suo culo, che oggettivamente saprebbecantare, e pure colla cadenza alla fine dell’aria.Si rimette il berrettino inumidito dalla pioggerellina nebulizzata. È come una specie di titolo di coda, scompaiono i capelli pre-rasta, anche il viso si fa un po’ meno prossimo emozionalmente: è la fisiognomica del farewell.Provare a baciarti mentre ci salutiamo mi pare patetico. Meglio lo sfiorarsi casto del guancia contro guancia.Ci rivediamo? Beh, sì, ricapiterà prima o poi. Ho un treno che sta giungendo. Meglio se me ne vo’.Mi gira un po’ la testa, la situazione congiunta emozional-gastrica mi spingerebbe rispettivamente ad un sorriso amaro ed a un rutto.Sul treno uso il cellulare per ratificare la mia astenia nel pigliar l’attimo che va e le mando un messaggio. L’autodichiarazione da prova-provata del mio non saper dar seguito al desiderio con l’azione, suggellando l’ammisione di resa. “Ti avrei voluto salutare con più trasporto. Ma a volte sono prigioniero di certi blocchi emozionali”.Il treno di sera tardi, per quanto corra veloce, è piuttosto melanconico. Una vibrazione nella tasca: non è la reazione del ventre alle birre, è il cellulare. Nuovo messaggio ricevuto, apri: “Ormai sarai quasi arrivato, buon fine viaggio di ritorno. Ps. Pirla”.