Creato da VELENOnelleVENE il 21/09/2007

PUNTO. E A CAPO

Minchiate assortite gusto fragola, vaniglia, rabarbaro, caffè o mais.

 

 

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GLI UOMINI

Post n°105 pubblicato il 04 Settembre 2011 da VELENOnelleVENE

Swòoop. Il suono ovattato della portiera della Punto che si richiude mi fa riprendere i sensi. Momentaneamente non so dove sono, quando né perché. Ma non mi interessa neanche. C’è solo un vuoto ristoratore nella mia testa. “Andiamo?!” Non riconosco nemmeno la voce maschile che mi esorta e di cui non capisco la provenienza. Ma non mi interessa neanche questo. Meccanicamente ubbidisco alla richiesta e mi alzo come fossi completamente lucida. Ed in quel momento ritorno alla realtà.

È il primo venerdì di settembre. Mi sono data assente agli inviti per la serata della compagnia. Ma non voglio starmene in casa questa sera. Contatto il mio amico ed usciamo nella notte come lupi, più o meno all’ora in cui  i nostri genitori se ne vanno a letto.

 In macchina scherziamo sui fidanzamenti improbabili e sul conseguente fatto che il patrimonio genetico dell’umanità si va degradando dato che gli esemplari meno dotati di fascino ed intelligenza sembrano essere i migliori edificatori di nidi coniugali. Mentre noi siamo soli come cani da anni per l’evidente ragione che non ci accontentiamo. Rifiutiamo senza possibilità di appello i pretendenti di fascia inferiore a quella in cui, presuntuosi come macachi, ci reputiamo noi. E ci rimane l’amarezza nell’essere a nostra volta rifiutati da chi ci considera inadeguati al suo livello. Ma così gira la ruota e con gli anni abbiamo imparato a vedere la giustizia insita in questo meccanismo iniquo e ci limitiamo a stare a guardare, tra l’invidia e il disprezzo, quelli in fondo alla scala che si godono felici le proprie insulse vite.

È già passata la mezza notte quando riusciamo ad entrare nel locale. E’ pieno di gente contrariamente all’ultima volta in cui c’eravamo stati. C’è da mangiare come al solito ed io certo non mi risparmio di gratificarmi con un bombolone alla crema. Me lo posso ancora permettere. Intorno all’una ci raggiungono gli altri. Mi rendo conto che probabilmente ad ispirarmi ad uscire dalla mia tana stasera è stato il fatto che il più anziano di essi la sera prima mi avesse contattato per sapere se ci saremmo stati. Ci siamo conosciuti un mese fa. Nello stesso posto. Ad un orario improbabile, quando la musica cominciava a degradare e la stanchezza a pesare sulle palpebre ci siamo ritrovati fuori attorno ad un tavolino, io, lui ed il mio amico. E imprevedibilmente ma in modo del tutto naturale, come un fiume che scorre pacifico nel suo alveo si trasforma in rapide, dalle solite cazzate siamo finiti nella stanza buia dei sentimenti.  L’uomo che ci parlava portava sulle spalle un bagaglio di vita per cui poteva permettersi di sorridere delle nostre “storie importanti” che neanche hanno superato il primo o il secondo anno. Lui, che con un matrimonio finito per decisione sua, si riferisce ancora alla sua compagna per vent’anni con “mia moglie” e non rinnega nulla di quella vita. Né di quella che ha condotto successivamente. Lui, che potrebbe essere nostro padre ed è effettivamente un padre, ci sbatte davanti agli occhi la nostra mancanza di umiltà che si traduce nell’incapacità della nostra generazione di gestire relazioni più impegnative di un flirt. Ma dove è finita l’umiltà? mi sono chiesta per giorni dopo quell’incontro. Come si fa a recuperarla? Basta volerla o quando è perduta è perduta per sempre? E poi le coppie son di due persone, se anche uno ce l’ha ma l’altro no come la mettiamo?

Dunque stasera è la presenza di quest'uomo a tirarmi fuori dalla mia tana. Non ho alcun interesse di tipo sessuale o sentimentale, anche la mia passione per gli uomini più grandi di me ha un limite. È quel tipo di interesse che hanno i fedeli nei confronti di un oracolo piuttosto. “E allora che hai combinato in ferie?” mi domanda. Niente. Proprio niente.” Rispondo. “E con quel tipo che ti piace come va?!” Mi incalza. “Bah, prima di partire gli ho chiesto di riflettere su cosa prova per me. E di chiudermi in maniera definitiva la porta in faccia se non glie ne frega nulla, invece di tenersi aperto uno spiraglio con risposte vaghe che limitano il suo rifiuto a questo periodo.” “E ti ha risposto?” “No come al solito, dovrò rompergli le palle ancora se voglio una risposta.” L’uomo si fa pensieroso. Tace per alcuni secondi. E poi serio dice “Lascia stare, non chiedere.” Non so quale analisi della psiche maschile l’abbia indotto a formulare questo consiglio. Ma io che proprio gli uomini non li capisco e non so come prenderli, quella risposta la registro come Verbo. Ormai in effetti cercare risposta da Fabrizio è diventato più un capriccio autolesionista che altro. È evidente che non ne ha per  te.” mi trafigge senza pietà alcuna Sara quando salta fuori l’argomento. Sì è evidente, ma vorrei sentirmelo dire da lui. È così sbagliato pretendere dagli uomini che siano uomini?

Manca poco alle quattro quando ci avviamo ad uscire dal locale. La gente è ormai sfollata quasi tutta. È stata una piacevole serata. È stata una piacevole serata lontano dalle mie compagnie usuali in mezzo alle quali a volte mi sento del tutto fuori luogo. Non che qui non lo fossi. Anzi. Ma il mio essere fuori luogo stasera era una condizione naturale ed accettata. Ero libera di esserlo senza pudore alcuno.

“Andiamo?” Mi tiro su dal sedile posteriore della Punto. “Quanto ho dormito?” chiedo al mio amico intuendo una luce nel buio pesto che ho in testa. “Venti minuti.” Cazzo, penso, mi ha aspettato fuori dalla macchina tutto questo tempo. Con movimenti robotici apro la portiera, esco e rientro al mio posto di guida. Mi si chiudevano gli occhi al volante così ci siamo fermati in un parcheggio perché potessi dormire un po’. Gli avevo detto che mi bastavano cinque minuti ma gli sono infinitamente grata di avermi concesso un quarto d’ora in più. Ci accoglie la prima nebbia pochi chilometri più avanti e questa notte mi sembra sempre più un pianeta alieno in cui è stato bello atterrare.

 
 
 
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