Creato da newcolors il 11/05/2006

Specchi dell'anima

Chi sei? Scommetto che non lo sai...

 

 

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Post N° 218

Post n°218 pubblicato il 28 Dicembre 2007 da newcolors

Ieri notte

chiedo un passaggio ad una signora che guida un carretto...

Nel rimorchio vedo una montagna di code mozzate di gatti neri. La visione è ripugnante.

La signora mi dice che ne fa lacci per i capelli, braccialetti e tanti altri accessori.... Chiedo sconvolta di scendere dal carretto. Prima di voltarmi per andare via, spio meglio dentro il rimorchio e vedo che nell’altra metà adiacente alla prima, ci sono i gatti neri ai quali è stata tagliata la coda: sono tantissimi e si lamentano. Scappo via e corro a piedi verso casa.

 .

Stamattina 

sono in vacanza con il mio ragazzo.

Ci rechiamo in una villa: dentro ci sono i miei genitori; ci chiedono di entrare e di pranzare con loro. Insistono. Rimaniamo. (Potrebbe essere la nostra villetta al mare...).

Apro una stanza piccolissima: è la cucina. Dentro ci trovo un leone enorme, a pelo quasi raso. E’ tutto meravigliosamente  nero: ha le zampe massicce , la criniera immensa. La sua espressione sembra docile. Vive come fosse un gatto addomesticato. Penso immediatamente che lì dentro non può correre, non può muoversi. La stanza in cui vive, la cucina,  è piccolissima; trova un muro ad ogni passo. Ma lui vive lì, solo. Dentro la cucina. Dietro quella porta. E’ di proprietà dei miei.

Pranziamo: mi chiedono di prendere qualcosa dal frigo in cucina. Non sono molto convinta: non è facile, né naturale “fidarsi” di un leone. Apro il frigo stando attenta ad ogni movimento che compio: la sua grandezza mi spaventa. Non lo perdo d’occhio. All’improvviso, si slancia e salta ruotando intorno al soffitto, in modo che tutto il movimento sia contenuto all’interno di quella stanza dai cinque, sei metri quadrati. Mi spaventa questa maestosità domata. Sono confusa. I miei mi stordiscono; mi dicono di porgergli del prosciutto, qualche avanzo. Io non voglio. Sono timorosa... Insistono. Insistono. (Accidenti! Insistono sempre fino ad obbligarti...). Ad ogni gesto, la mia ansia aumenta. Ma lui è veramente buono, usa la bocca, i denti, le zampe e gli artigli delicatissimamente. Adesso mi sembra di essere nel balcone della casa di mia nonna. Forse c’è anche lei, con la sua vestaglietta a righe celesti, bianche e blu, il suo chignon, la sua voce dolce.

Mia nonna mi dice di non avere paura...ed implora i miei di lasciarlo stare in pace...

Ci prepariamo per andare via.

Io sono perplessa, stordita, sedata. Questo il mio stato dopo il pranzo con i miei.

Tu mi dici di stare tranquilla. Non sembra più lo stesso luogo: siamo all’estero. Abbiamo preso un aereo ed un pullman per raggiungere questo posto (ci sono di nuovo i miei.) Ci meravigliamo di come faccia ad essersi trasferita qui la nostra amica che siamo venuti a trovare. Mentre vai a prendere la tua roba al piano di sopra entra qualcuno. Ha una pistola in mano. Sale per le scale. Io ti urlo di stare attento. Sono terrorizzata. Il ladro (?) ti stà raggiungendo. Io so che tu sei forte. Penso: “ce la puoi fare”...  Poi si sentono due colpi di pistola. Dopo un attimo ti vedo scendere per le scale. Dobbiamo scappare. Arriva altra gente, le persone che prenderanno in affitto quella villetta dopo di noi: penso che tutti vedranno il sangue, l’uomo ucciso... Ci metteranno in galera. Ti esprimo le mie paure ma tu mi rassereni: mi dici che hai pulito tutto e che non si accorgeranno del morto se non il giorno dopo. Il tempo di ritornare in Italia...   

08.00: suona la mia sveglia.

 

 

 
 
 
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L'AMAZZONE

“Non mi seccate.

Sono un uomo libero. Ho bisogno della libertà, ho bisogno di star solo;

ho bisogno di rimuginare fra me e me le mie vergogne e le mie tristezze, di godermi il sole e i sassi della strada senza compagnia e senza discorsi, con la sola musica del mio cuore.

Cosa volete da me?

Quel che io voglio dire lo stampo; quel che voglio dare lo dò.

La vostra curiosità mi fa stomaco; i vostri complimenti mi umiliano; il vostro tè mi avvelena.

Non debbo nulla a nessuno e ho da fare i miei conti solo con Dio, se esiste”.     

Henry Miller, Tropico del cancro.

 

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