« Eccomi alle scuole medie!!!

Superiori, oh superiori... 1^ parte

Post n°5 pubblicato il 12 Settembre 2008 da Wolfuccio

Allora, vediamo se la terza volta è quella buona... sono tre volte che tento di scrivere questo post e sono tre volte che non me lo pubblica... secondo me questo sito è allergico a qualche nome che andrò ad inserire... chissà quale!

Eravamo fermi alla mia uscita di scena dalle medie, un'uscita accompagnata da una scheda che citava, testualmente, "si consiglia l'iscrizione ad una scuola professionale", insomma un modo soft per dire "vedi che il ragazzo è parecchio, ma parecchio svogliato!".

Dal momento che tra tutte le materie ce ne era stata una sola che mi aveva un po' attratto, ovvero Educazione Tecnica (anche se il mitico Prof. Babini l'ho fatto parecchio disperare) e soprattutto fin dalla più tenera età ero attratto dall'elettricità in tutte le sue forme, mi parve quantomai logico che, se proprio dovevo fare una scuola professionale, se non altro dovevo scegliere qualcosa che mi attirava (okkio, perché per avere una tale libertà di scelta in casa mia avrei dovuto asspettare altri 11 anni, ovvero quando già da un bel po' avevo lasciato il caldo nido casalingo). Eccomi allora al primo giorno all'Istituto Professionale Statale per l'Industria e l'Artigianato "C. Callegari", dai "normali" chiamato I.P.S.I.A., dai Ravennati e provincia conosciuto semplicemente come il "Callegari", ovvero... un nome, un programma.

Posizionato in una delle più ridenti zone della cittadina romagnola (tra via Tommaso Gulli e Via Trieste, ovvero nel pieno della zona industriale e dei quartieri popolari ravennati) e ad appena 3 Km da casa mia, iniziai rendndomi immediatamente conto che quell'uno o due persone della mia scuola/classe che speravo di incontrare, invece avevano preso per altri lidi. In fondo la Guido Novello, all'epoca, era la scuola media più rinomata, quella cui era destinata la formazione dei futuri quadri dirigenti della città e del paese. Eravamo in pieno boom Montedison, quando Ferruzzi e Gardini erano nomi conosciuti ed invidiati.

Fatto sta che mi trovai in classe, Prima B - sezione "Elettricisti", con persone che, comunque, avrei conosciuto e, per alcuni, anche stimato per gli anni a seguire. Allora avevamo Gabriele Berti, Gabriele Spalazzi (che con me facevano tre Gabrieli nella stessa classe), Devis Ricci, Piero Giannadrea, alcuni cui ricordo solo il nome o il cognome, tipo Cicognani, detto "Cico", oppure un altro ragazzo, Massimiliano, chiamato "Fenicottero", per le lunghissime gambe e il modo dinoccolato di correre. Maurizio Quaglia, oppure Fedele (anche qui il nome è optional) di Porto Fuori, Alessandro Casali o Daniele Venturini.

Il primo anno fu un po' particolare, perché crearono una nuova sezione, chiamata "sperimentale", cui affluirono tutti quelli che avevano fatto domanda e, soprattutto, più portati della scuola, essendo una sezione più "tosta" del normale cui il Callegari era abituata. Vi fu pertanto un mezzo rimescolamento, così vennero da noi anche altri ragazzi, come Stefano Morettini. Per quanto mi riguarda, la Guido Novello, e in particolare la pazienza della Benini, mi portarono a fare un primo anno decisamente ottimo, soprattutto perché le basi portate dalle medie mi permisero di non ammazzarmi più di tanto sui libri.

Il secondo anno, con l'introduzione di materie un po' più toste come Impianti teorici o costruzioni teoriche, con l'introduzione (FINALMENTE!) della lingua inglese, vide diminuire decisamente il numero di ore di laboratorio a vantaggio di quelle di teoria. Anche il numero dei ripetenti che si unirono a noi (Gabriele Libutti - e con lui facemmo 4 Gabrieli nella stessa classe - Pietro Dalla Casa, Maurizio Rossini, Maurizio Lapi, Tiziano Fabbri, Gioele Morelli) avrebbe dovuto farmi capire che le cose stavano LEGGERMENTE cambiando, ma siccome io sono testardo come un mulo e finché non mi ci "scorno" non ottengo nulla, dovetti trovarmi con una pagella del primo quadrimestre disastrosa, per capire che avrei dovuto iniziare ad aprire qualche libro.

Di tutti i nuovi arrivati, mi piace aprire qualche parentesi su alcuni: Pietro Dalla Casa mi diede l'idea (Pie', t'ho copiato, ma tu sei stato GENIALE!) di andare a scuola in 24 ore. Pare assurdo, ma abbandonai lo zainetto e cominciai con la valigetta. Certo, un po' scomoda da portare in bici o in motorino, ma comoda in quanto i libri non subivano manco una piega e avevi sempre tutto in ordine, trovando penne, matite, gomme e quant'altro alla prima "botta".

Maurizio Rossini mi aspetto di vederlo quanto prima candidato onorevole o in piena lotta sindacale, lui che aveva già, a quell'età, piena coscienza politica ed era sempre iper-informato su tutto quello che riguardava la scuola in generale. Grazie a lui, poi, conobbi anche qualche bella donzella, che però, come prassi, neppure mi calcolò. Ripeto di nuovo: aver avuto l'esperienza e il modo di fare di adesso quando avevo 14-15 anni... sai quante ne facevo crepare! Allora avevo anche il fisico dalla mia, ora con la "mega-pancetta" da impiegato, quando vado in spiaggia sembro più una balenottera arenata che un macho.

Tiziano Fabbri mi ha insegnato, invece, cosa vuol dire prepararsi, come si scrive e, soprattutto, di quanto sia importante leggere di tutto, dal romanzo al libro storico, da quello di fantasia alla semplice colonna della cronaca sul quotidiano.

Invece Gioele Morelli fu per me un'autentica spina nel fianco. Prima di tutto non mancava occasione per mettere il dito sul fatto che io fossi di origine romana, ma oltretutto in occasione dell'elezione del Rappresentante di classe, dove io arrivai 1° e lui 2°, cedette la carica al terzo giustificandola con un "non faccio il rappresentante insieme ad un terrone". Non c'è che dire... l'eleganza fatta persona! Caro Gioele, se mai tu leggerai queste righe, evita di arrabbiarti: è cronaca e realtà, non certo frutto della mia fantasia! Anche perché sono felice ed ORGOGLIOSO della mia origine romana, anzi Trasteverina. Capisco che la tua sia una leggera "bottarella d'invidia", ma che vuoi farci...

Gabriele Libutti, invece, a "primo acchitto" (come diremmo a Roma), ti dava l'idea della classica persona che, se incontravi per strada, cambiavi marciapiede. Invece era (e credo lo sia ancora) una persona splendida e buona d'animo. E che mi pregio d'orgoglio per aver conosciuto!

Fatto sta, tornando alla mera cronaca, che il secondo anno fu un po' particolare. Ad esempio fui così emozionato dall'aver finalmente iniziato a studiare l'inglese che al primo compito in classe con la Casemurate presi 4 (leggasi quattro)! Evidentemente mi ero emozionato un po' troppo...

Quello fu l'anno in cui iniziammo lo studio della fisica e, scusate se è poco, con una prof che, come si diceva in istituto, "la prof di Fisica ha fisico"! La mitica Albertini! Che grazie a "Cico", dopo la prima lezione con noi si guardò bene dal ripresentarsi in gonna.

Comunque al secondo quadrimestre iniziai a darci sotto un bel po' di più. L'idea di una bocciaturra mi stressava davvero e anche gli esami di riparazione sarebbero stati un'autentica rottura di scatole. Anche perché (e qui spezzo una lancia a favore della Callegari) per tutta Ravenna si è sempre pensato (anche oggi) che il Callegari sia una scuola dove non si studia e dove finiscono gli "scarti" delle altre scuole di Ravenna e dintorni. Invece al Callegari si studiava, e si studiava parecchio. Certo, il fatto di avere ore di laboratorio aiutava parecchio, ma fare 3-4 ore di impianti al pomeriggio dopo il rientro (avevamo due rientri a settimana) voleva dire comunque stare concentrati su quello che dovevi fare che, di volta in volta, diventava più complicato per l'utilizzo di apparecchiature nuove o, semplicemente, perché dovevi stare attento a quello che facevi. Spalazzi fece saltare due fasi di un motore e quando accade una cosa del genere non è proprio una bella cosa, perché devi ricominciare da capo, magari solo per una semplice cavolatina. Oppure un circuito stampato che hai "impresso" un minuto di meno del previsto e te lo ritrovi che si scioglie nella soda caustica, per cui devi ricominciare tutto da capo, naturalmente con professori che tengono conto dei tuoi errori che vanno a fare media. Diciamo che a me ha sempre detto bene.... anzi no, perché in aggiustaggio, dopo una mesata che stavo dietro ad un pezzo "ad incastro", limai un millimetro di troppo l'ultimo angolo e l'incastro saltò. Quando lo feci vedere al professore, per usare un eufemismo, diciamo che si "inqiuietò non poco"...

Quell'anno l'episodio davvero divertente riguardò il laboratorio di costruzioni. Un giorno arrivò il mitico Prof. Tarozzi - uno che se non stavi attento quando spiegava ti tirava la prima cosa che trovava sotto mano, dal registro al quaderno. Per questo evitavamo accuratamente di lasciargli sulla cattedra oggetti "contundenti" tipo portaceneri o portapenne - dicendo che non avremmo potuto più fare circuiti stampati in quanto l'acqua ossigenata (ad 80°), necessaria per la soluzione di soda che serviva a sciogliere le tracce inutili dalle basette, era finita e l'istituto non poteva più comprarne perché (sparò una cifra) costava 50.000 (dell'epoca) a boccia da 5 litri. Ora, siccome sono figlio di un parrucchiere e ho sempre visto mio padre (ma anche mia madre) con questa benedetta acqua ossigenata a disposizione per fare le tinture, risposi che era una balla, che era possibile trovarla in commercio a poco più di 1.000 lire a litro. Anzi, risposi che la volta seguente l'avrei portata. Cosa che puntualmente feci, sapendo dove stava a Ravenna il negozio che la vendeva alla modica cifra di 1370 lire al litro.

Il prof rimase decisamente di stucco, ma visto che avevo salvato capra e cavoli, mi incaricò di indicare agli altri dove poterla acquistare al fine di poter continuare a lavorare. Purtroppo non facemmo in tempo, perché arrivati al negozio ci dissero che era passato un signore e gliela aveva acquistata tutta: 20 litri finiti subito. Chiedemmo la descrizione dell'uomo e ci rendemmo subito conto di chi fosse: TAROZZI! Il mito d'uomo era andato al negozio e, come ci spiegò, per paura che non la trovassimo l'aveva comperata tutta!

Comunque anche il secondo anno passò, con una buona media e una bella estate da vivere.

Arrivammo al terzo anno, l'anno degli esami. L'inglese diventò "tecnico", la fisica diventò un po' più tosta, aggiustaggio sparì e comparverò quasi tutte materie tecniche. Gli unici laboratori erano "impianti" (mi pare per 6 o 8 ore la settimana) e costruzioni (non ricordo se per 3 o 4 ore la settimana). Anche altre materie "generali" diminuirono, come italiano o matematica, a vantaggio di impianti teorici o costruzioni teoriche, due autentiche "palle"! Ma successivamente sono state due materie che tanto mi hanno aiutato, specialmente nel fai da te.

In impianti, quell'anno, iniziai la mia conoscenza del PLC, il processore di porte logiche utilizzato in elettromeccanica. Un buon inizio per il seguente studio dell'elettronica che avrei intrapreso al 4° e 5° anno. E grazie alla programmazione con il PLC compresi l'utilizzo delle porte logiche grazie alla quale me la cavai benissimo alla maturità. Ma questa cosa a suo tempo...

Quell'anno fu anche l'anno del mio amore "adolescenziale", Barbara Boni , per cui mi sa che aprirò un post a parte. Ha significato tanto nella mia vita e, anche se alla fine ci siamo lasciati in un bruttissimo modo, ci sono tante cose che vorrei chiarire con lei. Chissà se l'essere maturati un po' possa aiutare...

Fatto sta che alla fine del primo quadrimestre, come al solito, avevo un disastro di pagella. Lei minacciò di lasciarmi se non avessi migliorato, ed allora eccomi sotto a studiare! Incredibile, alzai mostruosamente la media di materie come costruzioni teoriche, passando dal 4 al 7. Insomma, la dimostrazione che bastava impegnarsi un po' di più. Con Barbara ci lasciammo, ma il gusto dei bei voti e del poter arrivare all'esame facendo una bella figura avevano preso il mio animo.

L'esame fu non proprio difficile, ma il tema di italiano ci frego un po' a tutti. Il titolo, se non ricordo male, era "quale film ti ha maggiormente colpito e perché". Il disastro (PER TUTTI!) fu che il giorno prima vedemmo TUTTI su Rete 4 "Rambo". Questo ci rovinò, perché in blocco sembrava che avessimo fatto scendere un telo sulla nostra memoria. Affrontammo tutti il tema parlando dello stesso film, ovvero Rambo, e delle sue ragioni patriottiche. C'è chi come Rossini lo affrontò con la sua coscienza politica, chi come Fabbri lo affrontò forte delle conoscenze di cronaca e di storia. Chi come me lo affrontò alla bell'e meglio...

E pensare che, benché avessi appena 16 anni, di film di cui parlare che avevano rapito la mia attenzione ce ne erano già un bel po': dalle commedie, come "Non ci resta che piangere", dove avrei potuto affrontare il lato storico medievale, anche se non in programma, a "Qualcuno volò sul nido del cuculo", con tutte le sue varie sfaccettature inerenti la libertà di espressione e le varie problematiche che il film stesso affrontavano, come la pazzia.

L'unico che cercò (devo dire con molto coraggio) di variare fu Dalla Casa che, vinto anche lui da quel velo che avvolse tutti, l'unico film che si ricordava era quello che, durante l'anno, avevamo visto tutti insieme con la scuola, ovvero "Mosca addio" un film con Liv Ullmann di una PALLA mostruosa!

Gli altri esami andarono bene, tranne matematica che, purtroppo per colpa mia, mi abbassò il voto. Uscii però lo stesso con una bella media esatta del 7, ovvero 4 materie con sei, quattro con sette e quattro con otto, tra queste ultime naturalmente i laboratori di impianti e costruzioni.

E con questo bel risultato conclusi il terzo anno. Non posso dire "felicemente", perché già da mesi era pianificato il mio trasferimento. Il mio patrigno, infatti, era stato trasferito a settembre del 1986 a Monaco di Baviera ed era destino che, l'anno successivo, ci trasferissimo tutti quanti. Fu un anno "conclusivo" sia per me che per le mie sorelle: mia sorella grande a luglio del 1987 si sposò, lasciando definitivamente casa; quella piccola finì il 5° anno integrativo dell'artistico e si trasferì a Milano, all'Istituto Europeo di Design; io finii il triennio e avrei, pertanto, iniziato il biennio conclusivo in altro luogo. Dato che la missione del mio patrigno durava tre anni (il primo coincidente con il mio 3° anno di superiori), se non avessi fatto passi falsi (che in casa mia non erano neppure presi in considerazione), avrei concluso i successivi due anni con la maturità e, successivamente, con il rientro in Italia della famiglia.

Ora voi cercate di immaginare un adolescente, che ha un fiotto di amici (maggior parte della parrocchia) a Ravenna, che ha inziato (seppur con ben poco successo) a giochicchiare a pallone nelle squadre di Ravenna, che ha una ragazza con cui si è lasciato ma che vorrebbe riconquistare. Soprattutto che ha un certo approccio, ormai triennale, con i professori e con la scuola di Ravenna. Ecco, ora che ve lo siete immaginato, immaginate di portargli d'un botto via tutto: amicizie, passioni, abitudini. E chiedetegli di ricomnciare tutto da capo, stavolta non a Ravenna, bensì a BOLZANO! E di farlo stando in un convitto, non certo a casa! Di mettersi a parlare Tedesco (mai parlato fino a quel momento) con persone che, per lavorare, dovevano saperlo come l'italiano. Ecco... secondo voi cosa succede a quell'adolescente??? Ve lo spiego nella seconda parte. Sappiate solo che proprio grazie a certe esperienze ho capito cosa NON FARO' mai vivere ai miei figli.

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