Wonderfulchet - jazz

Stan Getz, do you remember Chet?


Se Stan Getz ti fulmina con "People time" al Café Montmartre di Copenaghen, sul finire degli anni '80, che fai? Ascolti anche Soul Eyes...e poi ti ricordi dei suoi battibecchi con Chet Baker...ed allora capisci che due galli, eroinomani, nel pollaio sono troppi!!! Spesso i due hanno tentato collaborazioni, sino a giungere aduna manciata di album che li vedeva l'uno indifferentoi all'altro, ma con tanta tensione espressiva nei loro assoli. Vittime delle stesse debolezze, con la stessa passione per le ballads e per gli standard più melanconici. Ricordate "What's new" in "Chet Baker & Stan Getz - My funny valantine"? In utlimo, ringraziando il giornalista musicale Vittorio Pio, del tutto ignaro dell'uso che faccio della sua recensione, vi incollo questo pezzo sull'album di Copenaghen. Sul finire della sua esistenza, Getz, come tanti altri jazzisti americani, elesse questa città a sua seconda e più confoidenziale patria...l'Europa ha per lungo tempo acclamato i geni del jazz, a differenza degli Stati Uniti, che raramente ne hanno capito il grande valore, tranne forse per alcuni (vedi Miles Davis...che però si innamorò di Parigi e della Grecò). "Da tempo fuori catalogo, ritornano finalmente disponibili gli ultimi capolavori di Stan Getz, quando abilmente spalleggiato dall'ossequioso pianoforte di Kenny Barron si trovava spesso a suonare nella sua prediletta Europa. Nel magnifico club di Copenhagen, ora tristemente chiuso, il fraseggio sinuoso e al contempo autorevole di uno dei più grandi di ogni tempo, accarezza un pugno di ballad dalla grana fina, dove canto e accompagnamento non sono mai divisi nella loro estrema grazia. Nonostante il male già avanzato nel fisico, la forma e la vena risultano splendide: prendete Soul Eyes, il capolavoro di Mal Waldron che nelle mani di Getz avvince per la maestosità del suono e la serena e malinconica linea melodica. Qui Barron regge magistralmente il gioco contribuendo alla chiarezza dell'eloquio, ma anche nei brani eseguiti in trio con l'ineccepibile ritmica costituita da Victor Lewis e Rufus Reid, il livello rimane elevatissimo. First Song è l'ennesima perla dai mille riflessi dove classe, interplay, invenzioni armoniche si inseguono senza stancare mai. Imperdibile".