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Questo blog è l'evoluzione, o meglio, il seguito di:TUTTO DI BLUES. Buon proseguimento!

 

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IL FIATO DEL BLUES

Nella musica rock, country, e soprattutto blues, c'è uno strumento che come nessun altro evoca stati d'animo e visioni differenti tra di loro: tristezza e gioia di vivere, sconfinate ed assolate praterie, atmosfere campestri e paesaggi metropolitani…amici, sto parlando dell'armonica a bocca!
La prima ditta costruttrice di tale strumento musicale è stata la tedesca HOHNER, fondata nel lontano 1857 da Matthias Hohner, nel piccolo villaggio di Trosingen.
Già nel 1865 si ha il primo riconoscimento ufficiale per la singolare produzione di Herr Matthias: un premio in occasione della mostra internazionale di musica di quell' anno. Seguono altri premi in Belgio, a Stoccarda, a Vienna, a Philadelphia e a Chicago, che forse anche per questo lontano "evento" diventerà con gli anni la vera capitale del Blues….
Nel 1887 la produzione di armoniche Hohner supera il milione di pezzi e verso la fine dell'ottocento c'è il gran balzo verso il mercato d'oltreoceano.
Nei primi anni del novecento sono già trecento i vari tipi di armonica a bocca, la produzione aumenta sensibilmente, ed è per questi motivi che al piccolo villaggio di Trosingen viene conferito un riconoscimento veramente di prestigio: la denominazione di città!
Negli anni trenta la Hohner apre la prima scuola di musica e fonda la prima orchestra di armoniche a bocca che girerà in lungo e in largo l'intero globo.
Gli anni cinquanta e sessanta segnano il "boom" dello strumento, soprattutto per il diffondersi di una nuova musica che attinge fortemente dalla tradizione etno nero-americana: il rock&roll.
Gruppi entrati giustamente nella leggenda della musica moderna come i Beatles e i Rolling Stones hanno usato nelle loro primissime produzioni d'esordio l'armonica, ed addirittura il primo 45 giri del quartetto di Liverpool nell'ottobre del 1962 -"Love me do "- aveva un particolare ed orecchiabile "riff". Forse per primi avevano intuito quanto fosse importante questo piccolissimo strumento che arrivava subito alle orecchie ed al cuore degli ascoltatori!
I Rolling Stones, che hanno preso il loro nome da un vecchio successo del padre del Blues, Muddy Waters, da sempre ancorati alla radice nera del blues, hanno continuato ad usare nei loro dischi e dal vivo l'armonica, suonata sempre in modo semplice e particolare dal loro front man e leader indiscusso Mick Jagger. Un esempio tra tutti il loro successo mondiale "I miss you" del 1978 nel quale figura nientemeno che il grande musicista chicagoano Sugar Blue, già accompagnatore del mitico bluesman Willie Dixon.
Ovviamente la storia dell'armonica non finisce in quegli anni, e va avanti sicura, basta fare mente locale per accorgersi che molti successi di quel fortunato ventennio hanno un minimo comune denominatore: l'armonica a bocca.
Sto parlando di grandi personaggi musicali come Bob Dylan, Neil Young, Stevie Wonder, i Doobie Brothers, John Mayall, Van Morrison e i Them…ma citarli tutti è impossibile, come difficile sarebbe elencare tutti i film, telefilm, video pubblicitari e documentari dove il sottofondo è affidato all'armonica a bocca.
Il successo di questo strumento è legato, anche ad un fattore di comodità, duttilità di utilizzo e prezzo: con una spesa davvero minima è assicurata un'autonomia di parecchie ore di divertimento e buona musica, a patto che le lamelle interne -il cuore dello strumento- non subiscano piegamenti, determinando così la scordatura dell'armonica..

 

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LA STORIA

LA STORIA DEL BLUES

Introduzione
Il blues è la musica tradizionale popolare afroamericana sviluppatasi verso la seconda metà dell'Ottocento sulla base dei canti di lavoro degli schiavi neri impiegati nelle piantagioni di cotone del Sud degli Stati Uniti.
Questo genere musicale, conobbe grande fortuna nel corso del XX secolo e fu all’origine di molti generi appartenenti alla tradizione nera come il jazz, il rhythm and blues e il rock 'n' roll. Fin dalla sua comparsa, individuata nel periodo successivo alla guerra di secessione americana, durante la costruzione del nuovo stato federale, il blues riflette la storia e la cultura dell’America nera. Nato nelle zone agrarie povere del Sud, il blues percorse strade che determinarono il suo spostamento verso le metropoli settentrionali durante i primi anni del Novecento, in parallelo a un massiccio fenomeno di immigrazione interna provocata dalla ricerca di nuove opportunità lavorative in zone più ricche da parte di numerosi braccianti neri in cerca di fortuna. Direttamente ancorato alla musica africana tradizionale, il blues nacque come espressione dei travagli della dura esistenza dei neri afroamericani. I testi impiegati in molti brani trattano prevalentemente di vicende imperniate sulle asprezze della vita, nonché sulle tribolazioni sentimentali, spesso metafore di una profonda insoddisfazione esistenziale. Il termine stesso di blues significa in inglese “malinconia” e “tristezza”, ma non solo questo. La parola blues ingloba una vasta serie di emozioni ritualizzate, che comprendono anche il carattere umoristico, spesso salace e ironico. Ci sono infine blues celebri che trattano di eventi storici o significativi per la collettività, come Rising High Water Blues di Blind Lemon Jefferson, che descrive la tragedia dell’alluvione del Mississippi nel 1927, o 34 Blues di Charley Patton, ispirato al dramma della Grande Depressione.

 

 

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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 29 Gennaio 2008 da Shamael0

ERIC CLAPTON

immagine" E' una cosa notevole…essere stato guidato e influenzato per tutta la mia vita dal lavoro di un solo uomo. Nonostante io accetti che è stato sempre la chiave di volta alla base della mia musica, ancora oggi non lo considererei come un'ossessione, al contrario, preferisco pensarlo come un punto di riferimento attorno al quale navigare ogni volta che sento di stare andando alla deriva ". A parlare è la leggendaria chitarra dei Cream, Eric Clapton, e l'uomo in questione è un altrettanto leggendario chitarrista blues, Robert Johnson.
Nessuno, meglio di Clapton stesso, potrebbe introdurre, con parole semplici e concise, il nuovo disco di Slowhand , "Me and Mr. Johnson".
La storia è antica e ben nota, tanto da essere sfumata ormai quasi nel mito. Robert Johnson, nella sua breve vita, ha il tempo di organizzare soltanto due sedute di registrazione: la prima a San Antonio, nel novembre del 1936 e la seconda a Dallas, nel giugno del 1937. Prima di morire avvelenato, nel 1938 a 27 anni, Johnson registra un totale di 29 brani che influenzeranno, nonostante il numero limitato, intere generazioni di esponenti del blues rurale e urbano.
Sono proprio queste generazioni di musicisti, legati indissolubilmente alla "musica del diavolo", che rendono famose le sue poche, ma eccellenti canzoni.
I Cream riprendono "Cross Road Blues" e "From Four Until Late", i
Rolling Stones "Love In Vain", i Blues Brothers l'ormai inconfondibile "Sweet Home Chicago" e i Led Zeppelin "Traveling Riverside Blues". Se non volete affidarvi alle cover, allora basta procurarsi "The Complete Recordings" (Cbs, 1990) che contiene praticamente tutto quello che Robert Johnson ha registrato fino alla sua morte. Abbandonati Cream, Blind Faith e Derek and the Dominos, Eric Clapton si incammina per la sua strada da solista a partire dal 1970 con il disco "Eric Clapton".
Robert Johnson e il blues rimangono una costante fonte d'ispirazione per la sua chitarra, ma Clapton se ne va, spesso e volentieri, per sentieri musicali alternativi, miscelando la "musica del diavolo" con il reggae di "I Shot The Sheriff", il soul di "Hard Times" e, soprattutto nell'ultima parte della sua discografia, con un pop sempre più addomesticato. Sono pochi, in realtà, i suoi lavori prettamente blues e alcuni di questi sono raccolte di brani registrati prima della sua carriera solista.
Oltre, infatti, alla monumentale raccolta "Crossroads" (Polydor, 1988) e all'ottimo "Blues" (Polydor, 1999), Clapton pubblica solo due dischi di materiale originale.
Nel periodo di maggiori critiche per il suo progressivo imborghesimento, pubblica il sanguigno e rustico "From the Cradle" (WB, 1994) che verrà seguito nel 2000 dal progetto con B.B.King, "Riding With The King" (Reprise, 2000). Un po' poco per uno che il blues lo mastica da una vita.
Ecco, allora, che "Me and Mr. Johnson" arriva quasi come un qualcosa di dovuto, sia agli appassionati del blues (e di Clapton), che a uno dei più importanti di quegli artisti che, per primi, ne hanno predicato il simbolismo e l'intensità.
Il primo aspetto di questo disco che salta immediatamente alle orecchie è che siamo di fronte a un gruppo di ottimi musicisti. Fin dai primi accordi di "When You Got A Good Friend", si capisce che Clapton si è fidato di compagni di viaggio esperti e competenti: stupirebbe, in realtà, il contrario. Steve Gadd (batteria), il fido Nathan East (basso) e Andy Fairweather Low (chitarra), insieme al piano di Billy Preston e all'armonica di Jerry Portnoy, formano una squadra pressoché imbattibile. Bisogna, inoltre, ammettere che "Slowhand" è in grandissima forma anche per quanto riguarda la voce, che sembra ringiovanita almeno di una decina d'anni.
La più sonnolenta "Little Queen Of spades" conferma quello che sembra, a tutti gli effetti, un grandissimo album. Alla lunga, tuttavia, "Me and Mr. Johnson" ricorda un po' quelle grandissime squadre di calcio, imbottite di stelle di prima grandezza, ma, alla prova sul campo, claudicanti e incapaci di dare vero spettacolo. Non che questo disco alla fine capitoli, ma resta il dubbio di una partita vinta di misura e sufficienza, con rari spunti di classe vera.
Ascoltando "Me And The Devil Blues", "Kind Hearted Woman Blues" e "If I Had Possession Over Judgement Day", si ha la netta impressione di avere nelle orecchie un suono già ascoltato prima: precisamente, una fotocopia di "From The Cradle".
Molto più gustosi, invece, il piano barrelhouse di "They're Red Hot", il boogie di
immagine"Stop Breakin' Down", il Delta di "Come On In My Kitchen" e la versione di "Traveling Riverside Blues", meno alcolica, ma più fedele di quella dei Led Zeppelin.
Concluso l'ultimo secondo di "Hell Hound On My Trail", si ripone il cd nella custodia con un discreto senso di appagamento: "Me And Mr.Johnson" è un onesto e sentito omaggio alla leggenda. Ma è probabile che chi ascolta questo disco senza aver mai sentito parlare di un certo Robert Johnson, alla fine, ne uscirà convinto che, in fondo, leggendario non lo era poi così tanto.

Discografia

• Bluesbreakers (1966)
• Blind Faith (1969)
• Layla And Other Assorted Love Songs (1970)
• Eric Clapton (1970)
• 461 Ocean Boulevard (1974)
• No Reason To Cry (1976)
• Slowhand (1977)
• Backless (1978)
• Another Ticket (1981)
• Money And Cigarettes (1983)
• Behind The Sun (1985)
• August (1986)
• Journeyman (1989)
• Unplugged (1992)
• From The Cradle (1994)
• Pilgrim (1998)
• Me And Mr Johnson (2004)
• Back Home (2005)
• The Road To Escondido (2006)

Dal sito: www.bluesandblues.it

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Data di creazione: 29/01/2008
 

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Rosco Gordon

Queste sono le ultime session di Rosco Gordon. La sua carriera iniziata a fine dei ‘40, decolla nel ‘52 con “Booted”, incisa negli studi di Sam Phillips e ceduta alla Chess. Per tutti i ‘50, nonostante la confusa situazione contrattuale con le case discografiche, Gordon se la cava benino, con qualche altro hit r&b, come “No more doggin’” e “Just a little bit”, anche comparendo nel film “Rock baby, rock it”. Il seguito non sarà pari alle premesse e l’artista memphisiano non riuscirà a farsi valorizzare in pieno (nel ‘69, insieme alla moglie, fonda un’etichetta a cui mancherà un’adeguata distribuzione). Ma le sue performance canto e piano sono sempre state apprezzate, fino a portare a termine le travagliate registrazioni di questo album con la testardaggine del produttore e multistrumentista Lij, in collaborazione con Chris King che è anche estensore delle ottime note, e dei molti altri coinvolti, sessionmen e tecnici. In qualche caso Rosco utilizza anche la sua vecchia chitarra, ma è il piano che fa da supporto e “seconda voce” ai suoi cantautorali toni agro-dolci. Composti da lui stesso, i quindici brani spaziano dal blues, al r&b, al jump, ai colori antillani. La voce risente dell’età (quasi 70) ma tiene bene per genuinità e grande desiderio di comunicare. La ritmica r&b di “No dark in America”, scritta sull’emozione del tragico 11 settembre, è un incitamento a reagire al dolore e allo sconforto, e la successiva “Cheese & Crackers” riprende lo stile jump dei ‘40-’50. Ma dopo la caraibica “A night in Rio” i toni si avviano ad essere più malinconici: da “Girl in my world” a “I am the one” e vari altri. Di passaggio, “You look bad when you’re naked”, mi sembra straordinariamente pungente mentre per la commovente “Are you mine?” si potrebbe pensare al grande Ted Hawkins. Gli aromi di un passito.

 Gianni Del Savio

Dal sito: www.outoftime.it

  

 
 

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ROADHOUSE BLUES


 

FILMOGRAFIA BLUES

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immagineRED, WHITE & BLUES, diretto da Mike Figgis e presentato in anteprima alla 60a Mostra del Cinema di Venezia 2003, rappresenta l'aspetto "britannico" del blues e si inserisce magnificamente nella straordianria serie THE BLUES. Dice Figgis: "Mi piacerebbe scoprire perché c'è stato tanto interesse in questa musica nera tra gli europei ... Mi piacerebbe mettere insieme un gruppo di questi giovani musicisti, miscelare il line-up con alcuni talenti più giovani, e coinvolgerli nella registrazione di alcuni blues standard." Il film di Figgis è un'esplorazione personale dell'invasione britannica, quando all'inizio degli anni '60, giovani come Eric Clapton, Mick Jagger e John Mayall ascoltavano i suoni blues che attraversavano l'Atlantico e li riportarono in America dove erano stati momentaneamente dimenticati. Figgis stesso fu uno degli esploratori di questa invasione; egli faceva parte della sezione fiati della immagineprima band di Bryan Ferry, The Gas Board. Attraverso conversazioni e concerti estemporanei con svariate persone come Jagger, Keith Richards, Jeff Beck, Tom Jones e lo stesso Figgis, che suonerà in alcune sessioni, Figgis richiamerà nel film quei meravigliosi momenti quando i ragazzi di Liverpool e Manchester fecero propri il sound blues e spianarono la strada per un abbraccio universale della musica.

dal sito: www.theblues.it

 

ROCK ME BABY

 

NEL BLUES DIPINTO DI BLUES

Ci sono canti  che vorresti durassero per sempre.
Come questo, e butti giù tutte le parole che  non sai dire.
Tutte lì, esplose in gola a reclamare voce e suoni.
Non sai nemmeno che forma abbiano.
Sai solo che prendono un sacco di spazio e a te ne resta poco.
Vorresti andassero via. Velocemente e fuori da te,
senza lasciare tracce. 
E ne arrivassero altre, celeste chiaro come cieli di maggio.
A raccontare serenità inaspettate e alchimie nate così per caso.
Parole nuove e diverse.
Come bambini, imparare di nuovo a comunicare.
Senza rischi nè pericoli.
                                                                                                                                 C.D.G
Salve a tutti! 
Fermatevi ad scoltare! 
Ho inserito questo video nel blog perchè credo che questa voce meriti davvero di essere ascoltata con attenzione. Credo che, grazie al suo peculiare timbro vocale, possa cantare dal Jazz alla musica Folk.
Questo è il  commento lasciato nel blog da Moira (la cantante): 
"...in realtà mi piace tutta la musica...che riesca a trasmettermi emozioni...che sia classica o rock o altro ma credo di riuscire a trovare veramente me stessa(anche perchè canto) nelle sonorità black...il blues il soul rispecchiano la mia personalità spesso malinconica ma che cela un'anima pulsante e piena di passionalità nel senso ampio del termine. Il tutto contornato da sfumature rock..."

                                                                                                                            C.D.G

                        Got the Blues
 
 

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