Amazon entra nel mercato della App sulla piattaforma android

Post n°4 pubblicato il 22 Marzo 2011 da FrancescoLoretucci
 

Traduco e pubblico un interessante articolo apparso oggi su Metro UK (il link all'articolo originale puo' essere trovato alla fine di questo post)

 

Appstore e' il nuovo "negozio virtuale" di Amazon che e' stato lanciato negli Stati Uniti. Amazon in questo modo si lancia nel mercato delle apps che nell'ultimo anno ha avuto un incremento vertiginoso in fatto di acquisti/downloads.

La novita' che propone Amazon e' quella di far provare le apps prima di acquistarle.

La festa di Amazon per il lancio di questo nuovo business e' stata pero' rovinata dalla Apple che ha denunciato la Amazon per il nome che ha dato al suo mercato delle Apps, appunto Appstore. La Apple motiva cosi questa decisione:

1. Appstore e Applestore sono molto simili e questo potrebbe portare a confondere i consumatori

2. la Apple sta cercando di registrare la parola "Appstore" e farla diventare cosi a tutti gli effetti un trademark con diritti di copyright (ed ovviamente di suo esclusivo utilizzo).

Microsoft, dal canto suo, si sta battendo contro Apple per impedirgli di far diventare suo copyright la parola Appstore.

Al momento la Amazon propone circa 3800 apps, fra cui il fenomeno "angry birds".

Il portavoce di Amazon ha specificato pero' che al momento questa piattaforma e' disponibile sono negli USA e non ci sono al momento piani per lanciarla in altri paesi (quindi per usarla bisognera' avere un account US Amazon). Aggiunge, pero', che Amazon e' sempre attenta ai trend di mercato e nel caso questo nuovo business portera' i risultati pronosticati, verra' messa disponibile al resto dei mercati.

Per quanto riguarda il mercato delle apps, riporto questo interessante dato:

I ricavi dalle vendite di Web Apps in Italia vanno verso i 50 milioni di euro.

Le applicazioni Web rappresentano ancora solo il 10% del totale mercato Mobile Content. Il fatturato è in crescita e i giganti del settore propongono un’offerta di circa mezzo milione di applicazioni totali. Lo riporta l’Osservatorio Mobile Marketing & Service della School of Management del Politecnico di Milano.

Intanto i dati dello studio di Ernst & Young, intitolato “Monetizzare i media digitali”, dicono che quattro italiani su dieci sono disposti a pagare per editoria digitale. Secondo Idc il download di Web apps nel mondo raggiungerà la quota di 25 miliardi di unità.

(da www.itespresso.it del 20 gennaio)

Per quanto riguarda la app piu' scaricata, questo e' il dato (fonte Apple e Google 2010)

Apple OS: facebook

Android: googlemaps

 
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Il pericolo della comunicazione attraverso i media di informazione

Ieri mattina all'universita' ho letto un articolo molto interessante su alcune "stranezze" (fra virgolette ovviamente) che alcune aziende americane hanno nelle loro campagne di comunicazione. La piu' curiosa, almeno secondo me, riguarda una prassi che hanno in comune Coca-Cola e Mc Donald's: queste due aziende non mandano in onda nessuno spot, di nessun genere, dopo le news dei loro TG nazionali, per un periodo di almeno 15minuti. 

Questo perche' le due aziende non vogliono avere i loro prodotti associati con le cattive notizie (il 90% di un TG, secondo alcune ricerche, riguarda solo notizie negative) e non vogliono che gli spettatori, possibilmente turbati da alcune di queste (cronaca nera, notizie di guerra, economia...), possano percepire le aziende menzionate con valori o sentimenti negativi.

Le due aziende hanno calcolato che la durata di questo "umore negativo dovuto alle news" dura, come gia' menzionato, circa 15 minuti.

Ieri sera, tornando a casa, mi sono messo a leggere le news sui maggiori portali italiani (io vivo in scozia dal 2007) ed ho notato delle cose che, secondo me, vale la pena di menzionare per farci una riflessione sopra.

1. mentre stavo leggendo sull'ansa le notizie dalla Lybia, con migliaia di morti e rischio di guerra civile, durante la lettura dell'articolo in questione si apre a tutto schermo un pop-up gigantesco di un famoso carrier telefonico. Io non credo che l'associazione di questa azienda sia stata molto positiva e nei termini di ritorno di immagine, a mio modesto parere, ci ha perso tantissimo, per due motivi

a. interrompe la lettura di un qualcosa di interessante (ed e' stato accertato da centinaia di ricerche che i consumatori ODIANO la pubblicita' intrusiva nel 95% degli intervistati)

b. per la natura dell'articolo, l'associazione fra pessimo umore o turbamento, ed appunto il logo, non puo' dare risultati positivi.

E' come aver detto "questo massacro e questa tragedia sono sponsorizzati da.."

2. Stavo leggendo su un altro sito di informazione l'incidente accaduto a Kubica, il pilota polacco di Formula 1. Nell'articolo si ricostruiva l'incidente, c'erano le foto dell'auto distrutta ed i dettagli di tutte le operazioni che il pilota stava subendo. Incorporato nell'articolo, quindi non un pop up ma un banner fisso, c'era l'immagine di una famosa marca di auto del segmento B (quindi il segmento di Grande Punto, Yaris, Corsa, Fiesta...ovvero il segmento piu' importante e venduto).

Anche qui credo che l'associazione fra incidente d'auto molto grave, foto dell'auto distrutta e banner pubblicitario di una famosa auto non sia stato molto intelligente.

3. Su un altro sito di informazione stavo leggendo della tragedia avvenuta in Nuova Zelanda, con il terremoto che, come sappiamo, ha fatto molte vittime. Clicco per vedere i primi video della tragedia e prima ancora che parta tale video ne parte un'altro con la pubblicita' di una famosa catena di supermercati. Finita la pubblicita' parte il video della news menzionata e poi, finito questo, riparte di nuovo il video di questa catena di supermercati.

Anche qui, non credo sia stata una mossa molto intelligente, ai fini del ritorno di immagine, perche' la catena di supermercati puo' essere tranquillamente associata a morti, distruzione, tragedia, sangue e disperazione, perche' le immagini della notizia hanno mostrato questo.

Capisco che questi siti di informazione abbiano un alto bacino di visitatori che spendono molto tempo a navigare fra le notizie, e quindi offrono un'eccezionale visibilita', pero' il rischio di avere il proprio brand percepito in maniera negativa e' troppo alto, ma sopratutto troppo evidente, con conseguenze disastrose in termini di ritorno di immagine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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l'importanza di un blog per costruire il brand on line

Post n°2 pubblicato il 20 Febbraio 2011 da FrancescoLoretucci
 

Come promesso, traduco un interessante articolo sull'importanza di tenere un blog aziendale per la crescita/costruzione di un brand, sopratutto on line.

L'articolo e' firmato da Danyl Bosomworth, fondatore di Smart Insight (una delle piu' importanti aziende in UK per il marketing intelligence).

Danyl si meraviglia come, ancora oggi, il blog aziendale sia cosi sottovalutato e incompreso (e non incorporato) nella strategia di comunicazione aziendale. Per Danyl, infatti, il blog dovrebbe essere uno dei perni fondamentali della comunicazione. 

Danyl da questi concetti di base prima di spiegare perche' il blog sia cosi importante:

  • il blog e' il primo mezzo che si dovrebbe usare per la primissima comunicazione dell'azienda verso il mondo. Attraverso il blog si possono dare notizie (criptate, sibilline, in codice..) per creare, molto prima del lancio della campagna, attenzione e curiosita' intorno al prodotto/servizio oppure direttamente all'azienda. Il blog e' quindi l'avanguardia del communication marketing mix.
  • il blog puo' essere considerato il punto di contatto con i social network classici: ognuno rafforza l'altro in termini di contenuti e comunicazione.
  • l'influenza del blog e' molto piu' alta di quello che si pensa. Secondo una ricerca di Technorati il blog aziendale ha la stessa attenzione dei media classici e viene secondo solo ad amici e familiari come "credibilita'"'
  • il blog e' una primaria fonte di informazione per almeno 1 internauta su 3. Il 39% poi crede che entro i prossimi 5 anni, in termini di contenuti e coinvolgimento, i blog aziendali potranno addirittura sorpassare i media classici.
  • il blog e' in tempo reale e l'evoluzione della tecnologia (tablet, smartphone) permette lo sviluppo del blog in termini di contenuti (video blog, interactive blog..)
  • il blog influeanza i blogs, quindi un blog aziendale puo' essere connesso, in maniera virale, al resto della blogosfera in modo da espandere i suoi contenuti a 360 gradi anche attraverso canali che, il creatore del blog, non aveva pensato o pianificato all'inizio

 

Il perche' bisogna tenere un blog aziendale dopo aver compreso i concetti che sono alla base del blog

  1. il blog crea e rafforza i valori che il brand vuole comunicare, chiarificando e stabilendo la sua posizione nel mercato e nei confronti dei consumatori
  2. il blog genera fiducia e costruisce la reputazione del brand e dell'azienda. I brand piu' importanti, sottolinea Danyl, sono quelli che riescono a superare le aspettative dei consumatori ed il blog e' uno strumento quasi unico per questo obiettivo
  3. il blog offre un servizio aggiunto che da un valore tangibile al brand ed all'azienda, sopratutto attraverso l'uso di video ed altri contenuti multimediali. Danyl sottolinea che i contenuti possono anche essere "fuori" della sfera aziendale, ma comunque affini all'imagine o alla reputazione che l'azienda vuole ottenere. (N.d.T. ci sono esempi quali essere linkati a blog di organizzazioni internazionali no profit, oppure ad eventi che hanno dei significati particolari a cui l'azienda si sente molto vicino, ecc..ecc..). Il blog in questo caso funziona in maniera "associativa". Danyl poi enfatizza il fatto che i consumatori possono avere uno spazio di domande/risposte a cui i manager aziendali possono partecipare. Il consumatore in questo modo si sente importante in quanto ha l'attenzione dell'azienda da un punto di vista ufficiale N.d.T pensiamo ad esempio al blog di Steve Jobs di Apple in cui il CEO risponde direttamente ai suoi clienti).
  4. Il modo piu' economico che l'azienda ha per avere feedback da parte del mercato in tempo reale, in modo da prevenire in maniera molto anticipata alcune tendenze oppure correre ai ripari in caso di problema risparmiando un sacco di tempo (e di denaro). 
  5. il blog e' uno strumento per far tornare piu' spesso i consumatori sul sito aziendale
  6. Per costruire relazioni con il mercato sotto tutte le forme: consumatori, fornitori, partners e concorrenti. Il blog inoltre e' un modo di dare all'azienda un senso di autorita', di personalita' e di sicurezza al mercato, un po' come dire "siamo qui e non temiamo nulla, qualsiasi cosa possiate dire".

A questo articolo si aggiungono i commenti di Dave Chaffey, guru di marketing americano specializzato nella comunicazione 2.0. Secondo una sua ricerca, ci sono sopratutto 2 punti per cui i manager hanno timore di scrivere un blog:

a. non hanno niente da dire

b. hanno paura che i feedback ed i commenti possano essere negativi.

Secondo Chaffey, questi 2 punti sono sintomi importanti di problemi piu' grandi all'interno dell'azienda, perche' e' difficile che un'azienda non abbia nessuna notizia da dare o nessun commento da fare in termini globali ed il fatto di avere il timore di commenti negativi e' indice di "coscienza sporca" oppure di gravi gap nel loro controllo qualita'.

Chaffey aggiunte inoltre, ai punti gia' indicati da Danyl, l'importanza di avere blogs interni all'azienda stessa, ovvero blog tenuti direttamente dai dipendenti che possono essere visti solo all'interno della compagnia (un social network interno in poche parole). Alcune aziende americane hanno sperimentato con successo questo tipo di pratica, guadagnando non solo in termini di prestazione eliminando i colli di bottiglia nei loro blueprint (la struttura delle meccaniche aziendali N.d.T) ma anche in termini di sviluppo di nuovi prodotti ricevendo idee/commenti, in tempo reale, dai propri dipendenti.

Secondo il mio parere, questo secondo punto sui blog interni aziendali e' il miglior ritorno, in termini di investimento, del capitale umano a disposizione dell'azienda.

 

per maggiori informazioni

www.smartinsights.com

www.davechaffey.com

 

 

 

 
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dall'era comunicazione all'era della conversazione

Questa mattina ho avuto una simpatica discussione con il mio professione di E-marketing a proposito della comunicazione su internet e come si e' evoluta. Il pretesto di questo scambio di opinioni e' stata la citazione, in una mia ricerca di marketing, di Joseph Jaffe (guru americano esperto in PR e comunicazione).

Jaffe, nel suo libro "join the conversation", dichiara che con l'avvento di internet e' finita l'era della comunicazione (intesa come un canale unico da produttore a consumatore), ed e' iniziata l'era della conversazione, un'era in cui c'e' uno scambio di informazioni che coinvolge i consumatori a livello diretto sotto varie forme: forum, blogs, social networks e cosi via.

Per Jaffe la partecipazione diretta delle aziende in questo tipo di "conversazione" e' fattore chiave che permette non solo di raggiungere vantaggi dal punto di vista della competitivita', ma permette anche di avere un flusso di dati continuo (in entrata ed in uscita) per migliorare tutti i dipartimenti aziendali, sopratutto il customer care che si sta evolvendo con ruoli piu' attivi e dinamici all'interno delle strategie aziendali.

Attraverso la "conversazione" le aziende sono in grado di fornire/ricevere tutte quelle informazioni che una normale comunicazione non puo' fare e rende piu' efficace il marketing mix.

Per Jaffe il marketing mix, nella strategia di conversazione, viene cosi ampliato:

Product: le informazioni sul prodotto/servizio sono pubbliche e chiare ai massimi livelli. Questo permette ai consumatori di comparare i prodotti in maniera trasparente e dinamica. L'azienda di contro riceve feedback quasi in tempo reale dai suoi consumatori in modo da migliorare o modificare il prodotto/servizio stesso rendendolo piu' efficiente, appetibile (ai nuovi consumatori che si muovono nella rete alla ricerca di notizie) e soddisfare in maniera totale i clienti gia' acquisiti creando loyalty.

Price: le informazioni sul prezzo sono chiare e trasparenti dando come risultato una migliore comprensione del prodotto stesso (viene percepita' una qualita' piu' alta che in qualche modo potrebbe giustificare un eventuale aumento di prezzo o il prezzo, che poteva essere giudicato eccessivo, viene accettato come prezzo corretto dopo confronto con la concorrenza nel mercato o spiegazioni da parte dell'azienda).

Place: la distribuzione multicanale non e' piu' un lusso per le aziende, ma un obbligo ed una necessita' per rimanere competitivi nel mercato. Il web e' l'unico "negozio" aperto 24/7/365 che richiede procedure operative standard, non richiede quindi particolari sforzi ma un'attenzione che puo' essere data da chiunque. La conversazione, per questa caratteristica del marketing mix, aiuta a sviluppare la strategia di distribuzione a livelli ottimali ottenendo una distribuzione efficace con costi competitivi perche' l'azienda conosce quasi perfettamente il proprio target di clienti e sa dove andarlo a prendere, ovunque esso sia (multichannel). Per Jaffe non si ha piu' solo una situazione in cui il consumatore va dal produttore o il produttore va dal consumatore, ma si crea una terza situazione in cui produttore e consumatre si possono incontrare a meta' strada in luogo ottimale per tutti e due.

Promotion: per Jaffe la promozione e' diventata cosi classica e monotona che spesso non ci si accorge di essa. Una promozione invece, inserita nella conversazione fra azienda e consumatore,  crea quel fattore emozionale che rende piu' efficace la promozione stessa. Questa pero' deve osservare delle caratteristiche ben precise per essere appunto efficace: l'azienda deve promuovere, nelle sue conversazioni, con solide fondamenta di Relevance (Pertinenza), Utility (Utilita') ed Entertainment (il fattore Emozionale), o RUE.

Jeff, a tal fine, ha creato le 6C che regolano la strategia di Conversazione che si affiancano alle 4/7 P del marketing mix. Le sue 6C sono

Context: la conversazione si deve adattare al contesto in cui viene effettuata mantenendo comunque l'obiettivo originale. Questo permette una conoscenza profonda del consumatore e, di conseguenza, una migliore segmentazione del mercato e di chi lo compone

Community: un ricco bacino di utenza da esplorare e da ascoltare a cui le aziende devono partecipare

Content: qualcuno in azienda deve dire qualcosa di rilevante e interessante ma, sopratutto, coinvolgente

Consumer: la conversazione deve essere a favore del cliente e/o deve avere come finalita' il soddisfacimento dei suoi bisogni.

Conversation: le aziende devono ascoltare e dialogare con i propri clienti e coloro che potrebbero esserlo un giorno, qualsiasi cosa dicano. Per Jaff qualsiasi tipo di conversazione puo' portare solo esperienza e conoscenza.

Customization: attraverso la conversazione si puo' raggiungere una personalizzazione del servizio/prodotto cosi alta e qualitativa che in termini di mass market tradizionale non si potrebbe fare/avere. Questo fattore e' ovviamente una conseguenza del Context: migliore e' la conoscenza del cliente e migliore, e piu' personalizzabile, sara' l'esperienza del prodotto/servizio acquistato.

Commerce: la conversazione, anche se ha comunque come obiettivo un ritorno in termini economici, non si deve basare solo su di questo. Il ritorno per l'azienda puo' e deve essere consideato anche sotto altre forme come moralita', umanita', etica e cosi via.

Le aziende quindi, secondo Jaffe, devono affiancare strategie di Conversazione a quelle di Comunicazione, partecipando attivamente alla vita sociale del web in tutte le sue forme. Per Jaffe i social network sono il simbolo piu' importante di questo cambiamento di strategia, ma ancora non sono stati utilizzati o sfruttati al pieno delle loro potenzialita'. In piu' non sono l'unica fonte di comunicazione/conversazione, sebbene sia una delle piu' importanti, ma Jaffe indica la partecipazione ai forum, alle community e, sopratutto, alla scrittura di un blog aziendale come basi fondamentali da affiancare all'utilizzo dei social networks.

Sui blog, e sulla loro importanza dal punto di vista commerciale, postero' qualcosa a breve (sto traducendo un articolo molto interessante di un altro guru americano al riguardo).

 

 

 

 
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