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(ASCOLTATE........)
La Black Unit Band ha fatto un video tra mille difficoltà
Gaza: il rap palestinese contro l'assedio
«La nostra arma sono i microfoni». Ma ad Hamas non piace: «Troppe influenze americane»
(IL CORRIERE.IT)
GERUSALEMME – «Canto forte, così la gente mi può sentire
abolirò, cambierò, farò leggi
voglio cambiare tutte le regole».
E poi:
«L’assedio va sempre peggio e ci hanno costruito intorno una barriera
Tutti insieme rompiamo questo assedio
Il nemico continua ad assediarci e ha costruito un muro
Tutti insieme rompiamo l’assedio».
RAP
- Tre ragazzi in felpa e maglietta, un piccolo studio di registrazione,
una canzone rap. È il messaggio in bottiglia, via web, che arriva dalla
Striscia di Gaza. Il trio si chiama Black Unit Band, ha scritto una
canzone che racconta la vita reclusa d’un milione e mezzo di
palestinesi, ha tradotto nell’hip hop la rabbia dell’isolamento e alla
fine ha messo tutto su MySpace: «Abbiamo molti fan all’estero, specie
in Europa», racconta uno dei tre, Mohammad Wafy. «Condividiamo con loro
il nostro lavoro e cantiamo insieme». «È il miglior modo per esprimere
le nostre opinioni», aggiunge Khaled Harara, «senza usare le armi. La
nostra arma sono i microfoni, non i proiettili o la violenza». E il
terzo ragazzo, Mohand Matr: «L’idea d’incidere un rap ci è venuta dai
neri americani, che cantano la loro sofferenza».
VIDEO - Non è
stato facile fare questo video, per la band. Da tre settimane, dicono
l’Onu e le organizzazioni umanitarie, laggiù manca ormai di tutto:
cibo, carburante, medicinali. E anche lo studio di registrazione del
trio, apparecchiature arrivate nei mesi scorsi soprattutto attraverso
il contrabbando dall’Egitto, è in difficoltà: la Striscia è quasi
sempre senza elettricità e i generatori devono funzionare per cose più
importanti delle canzonette. Il gruppo non s’è dato per vinto, però,
non ha smesso d’imitare i suoi modelli, Tupal, Eminem, 50Cent, e alla
fine ce l’ha fatta: «Ascoltiamo e prendiamo esempio da tutti i rapper
che cantano contro il razzismo e affrontano temi sociali».
TEMI
SOCIALI - I temi sociali non mancano. Gaza, 360 chilometri quadrati, è
una delle aree più densamente popolate al mondo: passata dall’Autorità
palestinese ad Hamas, dopo la vittoria elettorale e il «golpe» del
giugno 2007, isolata da Stati Uniti ed Europa per le attività
terroristiche del movimento islamico al governo, ora stretta d’assedio
dall’esercito israeliano per i numerosi razzi che Hamas lancia sulle
città del sud, la Striscia è diventata una prigione a cielo aperto.
Israele sostiene che i leader di Hamas, in violazione della tregua,
stanno preparando attacchi alla sua sicurezza e per questo ha chiuso i
valichi. I palestinesi dicono che in realtà è stato l’esercito a
rompere la piccola pace, entrando senza motivo nel loro territorio.
L’agenzia Onu per i profughi, l’Unrwa, martedì ha spiegato che negli
ultimi 21 giorni è stato consentito l’ingresso solo a 60 camion d’aiuti
umanitari (in tempi normali, a Gaza ne circolano 4 mila al giorno) e ha
definito «l’assedio un fatto gravissimo e senza precedenti nella storia
dei diritti umani», anche se dalla Libia è salpata una nave d’aiuti e
l’economia dei tunnel consente di far passare qualche merce
dall’Egitto. A nessun giornalista straniero è consentito entrare
nell’area: anche il nunzio vaticano è stato repinto al valico. In
questo isolamento assoluto, il trio prova a far uscire il suo
messaggio. Che piace in Occidente, ma molto meno ai fondamentalisti:
«Il pubblico un po’ ci ama e un po’ no», ammette Wafy. «Qualcuno
sostiene che la nostra è arte occidentale, che ci facciamo influenzare
dai modelli americani». E non è vero? «È vero, non lo neghiamo. Ma noi
usiamo questo titpo d’arte occidentale, il rap, per aiutare la nostra
terra e la nostra gente». Nel blackout su Gaza, anche questo può
servire.