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Ill be your mirror Reflect what you are, in case you dont know Ill be the wind, the rain and the sunset The light on your door to show that youre home When you think the night has seen your mind That inside youre twisted and unkind Let me stand to show that you are blind Please put down your hands cause I see you I find it hard to believe you dont know The beauty that you are But if you dont let me be your eyes A hand in your darkness, so you wont be afraid When you think the night has seen your mind That inside youre twisted and unkind Let me stand to show that you are blind Please put down your hands cause I see you Ill be your mirror
Post n°2 pubblicato il 28 Ottobre 2006 da vestita_di_lividi
E quello che avrei voluto fare martedì non era andare a dormire a casa dell'amica noiosa, a trattenere lo stupore di fronte ai suoi capelli di plastica, gialli e finti ascoltandola con compassione buddista raccontare di funerali&matrimoni. Oh, no, volevo rimanere in città e fare l'amore tutta la notte con un ragazzo più giovane, che avrebbe avuto la stessa voce sexy e impostata di Alessio Bertallot. E poi svegliarmi la mattina dopo nuda sul divano arancione, rimettermi gli stivali bianchi, la gonna corta a pieghe che non ho mai avuto e ricominciare tutto da capo.
Post n°1 pubblicato il 27 Ottobre 2006 da vestita_di_lividi
Le braccia doloranti, tumefatte, gonfiori sparsi che modellano montagne russe di pelle macchiata di lividi freddi, crosticine rosse che disegnano piste come filari di fiori ormai secchi e sfatti sugli avambracci; chiazze bluastre testimoniano sicure la presenza di odiati e temuti fuorivena. Quanti aghi ho infilato nelle braccia. Aghi nuovi d’insuline appena scartate, aghi grossi delle “siringhe da cinque”, lucidi tubi di ferro con la punta tagliata di sbieco; aghi spuntati, che bucano male, con fatica premono e non entrano, fanno male quando penetrano nella pelle e devi muoverti avanti e indietro, siringhe con le tacchette e i numeri ormai illeggibili consumati dall’uso, nell’attesa che l’ago rompa la vena e riempia l’insulina di sangue. Oppure gli aghi sottili come capelli delle insuline col tappo rosso, delicate, che lasciano minuscoli forellini rossi, ideali per i capillari, le venuzze sottili che ti vengono incontro, alle quali ti rivolgi quando le altre sono attappate e impraticabili, o invisibili come certe fredde mattine. Siringhe dispettose che si attappano proprio mentre te la stai mandando dentro, le maledici, cercando con una mano di tenerla ferma in vena, la stronza, e con l’altra premi forte lo stantuffo trattenendo il respiro e contraendo i muscoli, nella speranza che violentemente si stappi all’improvviso, facendoti sobbalzare di malsana felicità, che già ce l’hai tutta dentro, tutta in corpo e assapori nel naso e in gola il sapore dell’eroina. A volte non si stappano e devi cambiare l’ago per far uscire i grumi di sangue rosso che otturano la spada. Che ti senti morire dentro a buttare via la roba e quando ti fai le pere e non sei Agnelli, la prima cosa che impari è che l’eroina non si spreca, mai. Ho visto gente scaldare vecchi filtri innaffiandoli di succo di limone cercando di spremerne fuori qualche goccia e beccarsi la febbre ossea, terribile.
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Inviato da: mayafroglia
il 06/11/2008 alle 20:58
Inviato da: vegetableman
il 29/04/2008 alle 09:49
Inviato da: vestita_di_lividi
il 28/04/2008 alle 09:26
Inviato da: glossykitty
il 21/11/2007 alle 09:09
Inviato da: drifter2
il 29/10/2006 alle 10:01