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Post N° 16

Post n°16 pubblicato il 11 Settembre 2005 da Zafuf

Quando posso la vado a trovare.
E' sempre stesa sul suo letto e fuma. Ne consuma una e ne accende un'altra.
Ha nello sguardo un momento di lucidità e mi saluta con un bacio lieve, poi torna lì nel suo mondo distante fatto di cristalli.
Mi dice :- Ho ragionato e non credo che tu sia mia figlia.-
Io le sorrido e scuoto la testa per non turbare troppo quel pensiero, per non destare troppi dubbi.
Poi mi guarda intensamente e mi chiede:- Ma tu non sei un po' figlia mia, vero?-
La rincuoro e le dico quasi sussurrando di no.
Ogni volta che vado da lei, va a finire che si canta.
E' il suo modo per dimostrarmi che è contenta che io sia andata a trovarla.
"La banda suona per noi, la banda suona per voi, lallaralaralala..."
Me la cantava sempre quando ero piccola, prima che il delirio divenisse cronico, e ballavamo strette strette, mi faceva volteggiare e poi mi diceva in un orecchio :- Prima o poi ci andiamo in Argentina a ballare il tango.-

Quel leggero filo che la manteneva in contatto con il mondo reale è svanito poco più di un anno fa, rapito da una malattia che non lascia scampo neanche ai più coraggiosi.
Da allora il suo sforzo è di conservare l'incoscienza di quel che la circonda, non consentendo a nessuno di farle presente che nell'altra metà del letto non ci sia più nessuno a respirarle di fianco la notte.

Non ha mai avuto bambini, ma li ha sempre desiderati.
Ha sempre saputo di essere malata, ma non l'ha mai accettato.
In verità neanche la mentalità piccolo-borghese di sua madre l'ha aiutata a prenderne seriamente atto.

E' partita ormai per luoghi lontani la mia Renata.
Il suo sorriso sghembo talvolta mi si avvicina, talvolta mi consente di toccare con mano i suoi sogni di bambina adulta.
Il suo sorriso mi rammenta i tratti di famiglia, lo sguardo acuto di una mente geniale, la parte non salva di una storia che fa parte di me, l'instabilità drammatica figlia di un'epoca che non ha lasciato molto scampo alle debolezze ed alle fragilità umane.
Oltre il letto, una poltrona che ospita un'altra donna.
Distrutta dall'impotenza, prostrata spesso dal senso di colpa d'esser riuscita a non soccombere al disastro circostante.
Sono sorelle.

Di una di loro non sono figlia.

 
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