La collina

Le confessioni


Quando iniziai a scrivere in questo blog mi  proposi di farlo senza reticenza o limiti alla libertà che l'anonimato mi permette di esprimere. Ho inziato cercando un po di compagnia e con la speranza che ci fosse qualcuno a cui piacessi e così ho continuato. Ogni giorno viaggio nei blog che, per comodità di archiviazione ho catalogato come amici, per leggere le loro novità e spesso rallegrarmi delle belle cose che scrivono.Ora mi accorgo che il mio ego tende a nascondere, non raccontando, parte di quello che mi accade, per mostrarmi più desiderabile e appetibile, migliore di quello che sono., Un libro che lessi tanti anni fa e che ancora riprendo tra le mani rileggendone alcune parti particolarmente appetitose e  sento essere sempre ricche di una sostanza di cui mi è difficile assaporarne l'essenza. In queste letture la mia attenzione diventa concentrazione dato che non trova altro di più importante o piacevole in quel momento. Il libro di cui voglio parlare, che considero un testo formativo, è: "Le confessioni" di Sant'Agostino. Non credo che lui scriva proprio tutto di se, anzi nelle pagine in cui Agostino parla di se e di come fu coinvolto nel furto di pere credo che abbia voluto, nella metafora, nascondere o riassumere il suo atteggiamento nei confronti della sessualità. Lui, Agostino, diversamente da me non scriveva da anonimo doveva rendere conto ai lettori vissuti nel suo tempo e a quelli che ancora lo leggono e son passati oltre 1500 anni . Mi convinco che se avesse avuto la possibilità  di scrivere in questo sito oggi avremmo a nostra disposizione un lavoro stupendo. Ma forse è meglio che sia così che l'acqua sporca venga buttata via e noi ci mostriamo per quello che che ci piacerebbe essere: lindi e freschi di bucato.Quel dialogare con se stesso rapportandosi con Dio che, Agostino,  invocava quale testimone della sua volontà di elevare a Lui  la sua persona, credo si realizzò nella sua maturità. Accadde anche a me nel momento in cui passai dalla giovinezza all'eta matura che mi ritrovai solo in una stanza in affitto dove ero andato da poco a vivere.In quei giorni, una domenica vagavo da solo in un mercatino dell'usato e comprai un volume, in edizione economica da 2000 lire, nel quale erano contenuti due lbri di Herman Hesse, Geltrud e Damian. Nel leggere il primo dei due mi comossi e piansi in silenzio come se le lacrime fossero spremute dai miei occhi come si fa con un limone. Infatti erano il frutto dell'amarezza che avevo dentro di me. Le sento ancora scorrere sulle guance in rivoli e lasciarmi un sapore acido in bocca. Non mi riusciva di accompagnare il pianto con i singhiozzi che avrebbero dato veramente sfogo allo scoramento che sentivo dentro. Alcune  sere prima alzandomi dal letto l' avevo sorpresa mentre con le labbra  sfiorava il nostro coinquilino.Quel pomerigio la lettura di quel libro, forse perchè in qualche modo mi ritrovavo in qualcuno dei personaggi, ricordai quanto era accaduto quasi dieci anni prima. Compresi, in maniera nitida e inequivocabile, come il mio agire e le scelte negli anni, che erano seguiti, erano condizionate da unavvenimento della giovinezza e che io avevo rimosso come se, avessi fatto un salto nello spazio e nel tempo e quelli anni non fossero mai esisti. Credo che prossimamente racconterò quegli avvenimenti, cosa che credo non sarà facile.Introspezione, credo che possa essere definita come l'arte di guardarsi dentro e di comprendere le cause che hanno mosso e muovono le nostre azioni. Per quanto mi riguarda io iniziai in quella stanza un processo di vagliatura di quanto avevo vissuto e che continuavo a portarmi dietro senza alcuna utilità per me. Certamente qualcosa è rimasto dentro di me e ancora lo porto dietro, anche se, devo affermare,  mi sentii liberato dal vincolo che quella relazione, negli anni aveva prodotto.Non ho mai ammesso con me stesso che quanto vidi mi fece patire tanto. Il giorno che andai a prendere i bagagli lui era steso sulla poltrona e guardava il soffitto, notai che aveva la patta dei pantaloni rigonfia, lei stava da una parte seduta su una sedia, non guardava me ma il mio fare nella preparazione dei bagagli. Lei non parlava e neanche a me riusciva di farlo e così andai senza far rumore andai via. Credo che qualcosa di simile, mi riferisco alla conoscenza che feci dell'introspezione e non alla vicenda melodrammatica dove lei scelse lui a me, sia accaduto ad Agostino. Nel momento in cui si pone davanti a Dio e nel suo dialogare con il Creatore è evidente come sia riuscito a privarsi di quella zavorra pesante sudicia e, permettettemi, monotona e noiosa. Cosi lavato e pulito può mettere a nudo la sua coscenza davanti al suo Creatore e parlargli dicendogli: "Tardi ti ho amato, o beltà così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco, tu eri dentro  ed io fuori, e qui fuori ti cercavo, e sopra le tue formose creature io deforme mi gettavo famelico. .............. Mi chiamasti e il tuo grido infranse la mia sordità, balenasti e il tuo splendore fugò la mia cecita, spandesti le tue fragranze ed io trassi il respiro anelando a te, ti gustai e ancora di te ho fame e sete".