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MILANO RICORDA L’ATTENTATO DI VIA PALESTRO

Post n°733 pubblicato il 27 Luglio 2012 da marcozio1
 
Foto di marcozio1

Oggi, venerdì 27 luglio 2012 ricorre il 19esimo anniversario dell’attentato di matrice mafiosa che colpì la città di Milano nel 1993.

Alle ore 23,14 del 27 luglio 1993, un'autobomba esplose nei pressi del PAC Padiglione d’Arte contemporanea. I morti furono cinque: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, il vigile urbano Alessandro Ferrari e Moussafir Driss, immigrato marocchino che dormiva su una panchina.

Dopo la tradizionale cerimonia con le autorità alle ore 9.30, venerdì 27 luglio, il PAC, dove è in programma una mostra dell’artista israeliano Elad Lassry “Verso una nuova immagine”, resterà eccezionalmente aperto, con orario prolungato, fino alle 24.00.

La mostra è ad ingresso gratuito per tutto il periodo di apertura, fino all’16 settembre 2012.

Sarà aperta, sempre fino alle 24.00 e con ingresso gratuito, anche l’adiacente GAM Galleria d’Arte Moderna.

A tutti i visitatori del PAC e della GAM verrà consegnato il racconto “Pac domestico” di Gianni Biondillo che parla della strage di via Palestro e di quella tragica sera del 1993. Il racconto è stato commissionato nel 2009 da AMACI, Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani di cui il PAC è socio fondatore.

Ufficio Stampa Comune di Milano

Da milanomafia.com Sono passati 19 anni e tre gradi di giudizio, ma c’è una frase, una sola, che nelle migliaia di pagine di sentenze e interrogatori ricorre da quel maledetto 27 luglio 1993. Meno di due righe dattiloscritte e sottolineate con una riga nera a pagina 289 della sentenza di primo grado della Corte d’assise di Firenze del 6 giugno 1998: “L’esecuzione della strage di Milano è rimasta praticamente oscura nelle modalità di esecuzione e, in parte negli autori”. Una frase che nella sentenza d’appello diventa quasi una premessa, una puntualizzazione necessaria per motivare esigui riscontri e dichiarazioni solo allusive dei pentiti. Dell’autobomba che la notte del 27 luglio del ’93 spazzò via cinque vite in via Palestro, davanti al Padiglione d’arte contemporanea, si sa poco o nulla. 

MilanoMafia.com in uno speciale a puntate prova a guidarvi attraverso sentenze, riscontri e nuove indagini sulle oscurità della strage di via Palestro. Nella sezione Documenti le sentenze della Corte d'assise di Firenze e quella della Corte di cassazione. Quanto alla strage, si sa, ad esempio, che l’esplosivo partì dalla Sicilia e si sa che probabilmente era dello stesso tipo utilizzato per le esplosioni di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro a Roma e per quella di via dei Georgofili a Firenze due mesi prima. Si sa che l’esplosivo partito dalla Sicilia è arrivato fino alle porte di Milano, ad Arluno, in quello che gli uomini del commando chiamano un pulciaio

Ciò che non si sa, invece, è come la Fiat Uno Grigia imbottita d’esplosivo e rubata in via Baldinucci, sia arrivata fino al Pac di via Palestro. Nessuno sa chi quell’auto abbia rubato, chi abbia caricato l’esplosivo, chi l’abbia parcheggiata in via Palestro e neppure chi abbia innescato la miccia. In pratica dalla sentenza di primo grado a quella di Cassazione, non c’è un riferimento, una parola in merito agli esecutori materiali della strage. Ed esecutori materiali significa anche appoggi, protezioni, basi logistiche milanesi, come si legge ancora nella sentenza di primo grado dei giudici di Firenze: “Purtroppo, la mancata individuazione della base delle operazioni a Milano e dei soggetti che in questa città ebbero, sicuramente, a dare sostegno logistico e contributo manuale alla strage non ha consentito di penetrare in quelle realtà che, come dimostrato dall’investigazione condotta nelle altre vicende all’esame di questa Corte, si sono rivelate più promettenti sotto il profilo della verifica “esterna”. Ci si riferisce, in particolare, alle possibilità offerte dall’indagine analitica sul passaggio dell’esplosivo in un determinato posto e su determinati mezzi; alla memoria che sempre lascia negli uomini il passaggio delle persone in un certo posto; ai lembi di prova che spesso restano attaccati agli autori di determinati fatti; ecc”. Per rendere l’idea dell’alone di mistero che circonda la strage di via Palestro, basta pensare che le sentenze descrivono con maggiori particolari e dettagli (anche nel racconto dei pentiti), un altro attentato, quello mai avvenuto allo stadio Olimpico di Roma. Di questo episodio si ricostruisce la passo passo l’organizzazione logistica, la preparazione, le responsabilità. 

Ecco invece come la Corte di cassazione nella sentenza del 6 maggio 2002 ricostruisce i fatti di via Palestro: "L’episodio di Milano è stato ricostruito in base alle dichiarazioni di Pietro Carra, Antonio Scarano, Emanuele Di Natale e Umberto Maniscalco. Carra, unitamente a Lo Nigro che aveva con sé una miccia, aveva trasportato ad Arluno l’esplosivo, che era stato macinato e confezionato da Spatuzza, Lo Nigro e Giuliano nel rudere di Mangano, consegnandolo il 23 luglio; Lo Nigro e Giuliano si erano poi recati rispettivamente il 26 e il 27 luglio, a Roma, ove Scarano era impegnato nella preparazione degli attentati alle chiese, Scarano aveva appreso da Lo Nigro che quella sera sarebbero successe cose eclatanti in tutta Italia; aveva inoltre sentito Lo Nigro chiedere a Giuliano se aveva lasciato tutto a posto a Milano e quest’ultimo rispondere affermativamente; dopo gli attentati aveva sentito i predetti parlare tra loro e dire che le bombe di Milano e di Roma sarebbero dovute esplodere contemporaneamente a mezzanotte, ma che a Milano lo scoppio era avvenuto un’ora prima del previsto; la sera del 27 luglio, mentre preparavano l’autobomba nel cortile di via Ostiense per le stragi di Roma, Scarano aveva riferito a Di Natale che quella sera sarebbero scoppiate altre bombe anche a Milano; Scarano sollecitato da Di Natale a portare via l’esplosivo da via Ostiense in Roma, aveva risposto di avere pazienza perché doveva accordarsi con altre persone di Milano”

Sulle responsabilità invece interviene la sentenza d’Appello di Firenze: “La Corte ha giudicato quindi autori materiali della strage di Milano, innanzitutto, giusto il racconto di Pietro Carra, Salvatore Grigoli, Antonio Scarano e Pietro Romeo, le persone da questi espressamente indicate. Vale a dire, Antonino Mangano, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano, Cosimo Lo Nigro, Gaspare Spatuzza. Alle persone sopra dette, indicate dai collaboratori, vanno aggiunte Giacalone Luigi, Benigno Salvatore e gli stessi Antonio Scarano e Grigoli Salvatore. Oltre che naturalmente lo stesso Carra”. Eppure le sentenze non svelano chi e quando portò la Fiat Uno in via Palestro e neppure chi effettivamente la caricò d’esplosivo. Restano poi oscuri i fiancheggiatori del commando. I mandanti delle stragi del ’93 secondo la giustizia sono i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, che non a caso vengono arrestati proprio a Milano. Del botto di via Palestro però si continua, 16 anni dopo, a sapere poco. Pochissimo. (cg)

 
 
 
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