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Cronaca (zona 3 e 4, Milano e altro ancora) raccontata da un giornalista e scrittore Democratica Mente MOLTO di Sinistra

 

 

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IL DOCUMENTO NON MESSO IN VOTAZIONE ALL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL PD

Se ne parla tanto ed ecco quindi il documento che non è stato messo in votazione alla direzione del PD firmato da Vittorio ANGIOLINI, Paola CONCIA, Paolo CORSINI, Gianni CUPERLO, Claudia MANCINA, Ignazio MARINO, Barbara POLLASTRINI

 

ASSEMBLEA NAZIONALE PD. 14 LUGLIO 2012 ROMA

“PER UNA NUOVA CULTURA DEI DIRITTI”.

Il documento elaborato dal Comitato presieduto da Rosi Bindi è un testo colto e complesso. Ha la qualità di sancire la centralità della questione dei diritti per il Partito Democratico collocandone la vicenda – come si scrive nel testo – dentro "quel grande movimento di democratizzazione della società che si è avviato con le Dichiarazioni dei Diritti dell'uomo e del cittadino nel secolo XVIII e che, attraverso le lotte di emancipazione sociale e del lavoro, e la resistenza al totalitarismo, ha contribuito a scrivere le Carte dei Diritti che dalla fine della Seconda Guerra mondiale reggono, a livello internazionale come a livello nazionale, la nostra convivenza". Con spirito costruttivo, vorremmo provare a dare un contributo con alcune sottolineature e integrazioni. Ci spinge a farlo l'importanza delle materie trattate, decisive per l’avvenire dell’Europa e del campo progressista.

Dignità e Diritti Umani.  Il PD assume i diritti umani fondamentali e la dignità della persona come primo comandamento civile e ne fa un investimento nella battaglia delle idee, nel confronto pubblico e nell'agire politico. Non è facile passare dalle dichiarazioni di principio ai fatti e troppo spesso il “realismo” della politica e interessi parziali hanno sacrificato la coerenza sui valori a vantaggio di altre priorità. Ma questo è per noi l’orizzonte della “moderata utopia” che può rilanciare il significato profondo degli Stati Uniti d'Europa. Muoviamo da qui perché i diritti umani sono il frutto della storia migliore dell’Europa, quella dei Lumi, del solidarismo e dell'uguaglianza, dei movimenti di liberazione. Di un cammino lungo che originando dall'habeas corpus ha trovato una sistemazione decisiva nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e proiettato la sua influenza nelle nuove Costituzioni della seconda metà del ‘900, scritte con sapienza dopo le tragedie del secolo e all’indomani dell’Olocausto. Negli ultimi decenni quel corpo di acquisizioni è sembrato vacillare, e non per caso. Se un liberismo illiberale e senza regole ha potuto sopraffare principi fondamentali, a partire dall'uguaglianza, è stato infatti anche perché i diritti umani, acquisiti formalmente, sono finiti spesso negati in nome di interessi economici e commerciali. La conseguenza è stata che proprio l'Europa del civismo e della cittadinanza, oggi è minacciata da pulsioni xenofobe e nazionaliste. In questo senso il fallimento del pensiero liberista – l’illusione di poter annullare il “cittadino” nel “consumatore” – restituisce uno spazio alla politica democratica e della sinistra. E schiude un campo culturale e di azione all’Europa che sulla civiltà del diritto e dei diritti deve fondare il suo rinnovato “potere dolce” riconquistando una funzione di guida nell’espansione della dignità umana. Bisogna farlo nel nome dell’indivisibilità di tutti i diritti, siano essi civili, politici o sociali. Per il pieno rispetto della persona è, quindi, necessario superare la logica fondata sulla gerarchia tra diverse “generazioni” di diritti. Porre al centro la dignità della persona vuol dire puntare su una svolta dell’Italia per dare finalmente attuazione a quella sintesi mirabile di diritto formale e sostanziale che è racchiusa nell’articolo 3 della Costituzione.

I diritti delle donne sono diritti  umani.  Nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sottoscritta a Pechino nel 1995 venne sancito che “I diritti delle donne sono diritti umani”. Questa frase condensa un percorso di secoli: un cammino impervio e spesso doloroso, ma anche entusiasmante e “rivoluzionario”. Nulla, infatti, come la conquista da parte delle donne della responsabilità su di sé, sul proprio corpo, sulla propria libertà e autonomia ha avuto la forza di scardinare poteri ancestrali e un dominio maschile. Ma è un conflitto che continua ad attraversare i continenti e il cui esito determina le civiltà e il progresso. Lapidazioni, stupri etnici, mutilazioni genitali, fino al non nascere perché bambine o, su un piano diverso, l’obbligo del burqa. Come dice il documento, violenze fisiche e psicologiche colpiscono anche nel nostro Paese. Contro quei drammi che investono la responsabilità degli Stati e dei governi la nostra sensibilità dev’essere assoluta e non è tollerabile alcuna indifferenza etica. Cultura e movimenti delle donne, per altro, hanno avuto la capacità di elaborare un pensiero originale capace di combinare in forma nuova l’equilibrio tra uguaglianza e differenza. C’è un alfabeto comune nella forza delle donne in cammino nel mondo per nuove conquiste: dignità, uguaglianza, laicità. Il traguardo dell’indivisibilità dei diritti è importante per tutti, ma per le donne è centrale. Sia che si tratti del lavoro, dove l’Italia paga la sua arretratezza e dove più donne occupate sono una leva formidabile di crescita economica e civismo. Sia che si tratti di riconoscimento dei meriti, maternità o rispetto dell’immagine femminile. Poiché si discute di riforme elettorali e dei partiti, non sono rinviabili regole per la parità di accesso nelle istituzioni. Nel definire una nuova cultura dei diritti il PD faccia di questi temi il suo tratto identitario luminoso.

I diritti umani e la nuova frontiera dello sviluppo equilibrato. Abbiamo accennato ai diritti umani come orizzonte universale per la politica. Tale premessa è l’impulso a difendere e promuovere i diritti civili, sociali e politici come un trittico di conquiste indivisibili. Da questo punto di vista il documento compie un passo in avanti. Del resto, proprio l'eredità di questi anni impone una svolta culturale prima che politica. Sappiamo che è impegnativo. Lo è sul piano globale e lo è anche sul terreno europeo e italiano, con una crisi dall’impatto drammatico che aggredisce diritti acquisiti, non ne assicura ai giovani e cerca di rovesciare sui soggetti e sulle famiglie più fragili il prezzo di una ristrutturazione delle economie e degli interessi. In questo contesto è cresciuta una "democrazia compassionevole". L’idea di una benevolenza rivolta al singolo in sostituzione di garanzie sulla cittadinanza. Insomma la compassione al posto dei diritti. Con questa logica si sono aggrediti i diritti collettivi, a partire dal mondo del lavoro dove troppo spesso è prevalso il ricatto che diceva “meno tutele dei lavoratori e dei loro sindacati in cambio della garanzia del posto”. Con la stessa logica l’accesso allo studio e alla ricerca che, nel nostro caso, anziché espandere l’area della fruizione, la restringe proprio quando più strategico diviene l’investimento su una scuola pubblica e di qualità. Dunque, un partito come il Pd deve scegliere dove stare e con chi. Quali interessi difendere e promuovere. E’ in questo senso che la sfera dei diritti contribuisce a indicare la via di un altro modello di crescita e benessere.

Diritti umani e cittadinanza.  Dovendo sintetizzare, possiamo dire che il primo traguardo del Pd è nel contrastare l’idea di cittadini e cittadine “a metà”. Il che equivale e battersi per l’unità dei “popoli dei diritti”, superando la logica di singoli gruppi a cui delegare un pezzo e uno soltanto del disegno complessivo. D’altra parte è la storia a insegnare che i diritti crescono o regrediscono assieme. E lo stesso vale per i doveri. Anche per questo sono sempre state le destre a spingere per una loro deriva corporativa. Mentre da sempre sono le forze di progresso a battersi per la loro unità nella convinzione che solo così la politica può incrociare il suo popolo elaborando mediazioni condivise. Lo scriviamo capendo bene che il documento su “una nuova cultura dei diritti” deve riflettere i principi essenziali, delegando ad altre sedi la loro traduzione. Non si tratta, dunque, di dettagliare soluzioni tecniche. Il punto però è comunicare con limpidezza gli indirizzi ai quali ci atterremo. In questo senso offriamo il nostro contributo e le nostre sottolineature. Questo significa:

- riconoscere l'autonomia e la libertà delle persone ma insieme alla loro responsabilità verso le scelte individuali e i beni della comunità;

- essere d’impulso in tutti gli organismi sovranazionali al riconoscimento dei diritti umani fondamentali come base delle costruzioni democratiche moderne. Rilanciare il ruolo della nostra cooperazione nella convinzione che la pace sia il presupposto per l’effettiva promozione dei diritti, a partire da quelli dei bambini, ancora adesso i più colpiti da miseria, fame e malattie. Proseguire nell’impegno contro la pena di morte, contro le mafie e le tratte di esseri umani, contro le persecuzioni religiose, dei cristiani in diversi paesi, come dei musulmani dissidenti nei confronti di regimi autoritari e teocratici. In questo quadro sono urgenti la legge quadro sulla libertà religiosa e quella contro la tortura;

- adottare il Piano europeo di contrasto alle discriminazioni: di genere, di orientamento sessuale (legge contro l’omofobia), di etnia, religione, di età (bambini e anziani), di portatori di differenti abilità (facendone un parametro del livello di sviluppo economico e culturale del paese); 

- com’è stato annunciato da Bersani: ogni bambino nato in Italia è un cittadino italiano;

- affrontare con rigore, sia sul piano legislativo che culturale, la violazione sistematica dei diritti umani nelle carceri e nei Cie e, come dice il testo, difendere le garanzie dei cittadini e della privacy;

- proporre una legge sul testamento biologico fondata sul diritto del cittadino a scegliere liberamente le terapie alle quali essere sottoposto, affidando in caso di sua incapacità la responsabilità su tali decisioni al fiduciario o alle persone a lui più prossime nel rispetto delle volontà espresse. Alla persona non può essere sottratta la possibilità di rinunciare all’idratazione e alla alimentazione artificiali;

- rimarcare che il diritto alla maternità deve prevedere l’applicazione integrale della legge 194 a partire dalla prevenzione e dal rilancio dei consultori. Le strutture pubbliche, rispettando il diritto all’obiezione, devono comunque garantire l’interruzione volontaria della gravidanza intervenendo, con il personale necessario, nelle realtà dove ad oggi la legge risulta inapplicata o inapplicabile;

- trarre dal pensiero femminile quell’interpretazione dell'uguaglianza che dalla differenza sa ricevere impulso e compiutezza: è la premessa più solida anche nel ragionare sui diritti-doveri delle coppie omosessuali e di chi condivide nell’affetto un progetto di vita e solidarietà. In tanti Paesi a cui ci sentiamo legati – dalla Francia agli Stati Uniti – si sono riconosciuti o ci si avvia a  riconoscere i matrimoni e le adozioni per coppie gay. Molti tra noi possono essere d'accordo, altri possono non esserlo, ma il fatto stesso che altrove si legiferi in quel senso dovrebbe annullare il tabù sulle parole. Le coppie etero e omosessuali devono avere gli stessi diritti: proponiamo il pieno riconoscimento giuridico e sociale delle unioni civili per coppie omosessuali e non. Scelta compatibile con gli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione;

- garantire, entro i codici deontologici e nella continuità di un dibattito pubblico, la libertà e l’autonomia della ricerca. Ciò anche per prevenire un accesso “classista” a quelle cure e terapie che la scienza dovesse elaborare nel tempo. In questo senso è doveroso, attraverso linee guida rigide e senza tollerare usi scorretti, affrontare l’avvio di protocolli che permettano di utilizzare le cellule di quegli embrioni destinati a morire nel freddo perché abbandonati nelle cliniche per l’infertilità;

- riscrivere la legge 40 dopo le sentenze d’innumerevoli tribunali e prevedere l’accesso a tecniche diverse di fecondazione anche per le coppie per le quali è impossibile “emigrare” all’estero;

- sostenere, con norme e strumenti adeguati, la democrazia economica, il diritto alla rappresentanza della persona che lavora e il diritto alle libertà sindacali nei luoghi di lavoro.

Diritti umani e democrazia. Questo contributo al documento elaborato dal Comitato diritti è espressione di un ottimismo di fondo. Per formazione e convinzioni siamo portati a credere che i diritti umani rappresentano il filo in grado di unire democrazia, economia e moralità. Ma quel filo pretende intenti e impegni, come abbiamo fatto con altre proposte sul diritto al lavoro, per politiche ambientali o per un fisco giusto. Ciò non è in contraddizione col valore del pluralismo. Non è in discussione il principio della libertà di coscienza. Possiamo scegliere insieme le “parole” giuste e condivise. Fuori da noi vive una società consapevole e generosa. Solo coltivando con quella parte di società il dialogo e aprendoci alla partecipazione si potrà restituire autorevolezza alle istituzioni. Pochi altri temi sono oggi in grado di tradurre nella vita di milioni di persone la domanda di un’altra politica. L’hanno confermato quei movimenti e associazioni, che sono riusciti a cambiare l’agenda pubblica, spesso attorno ai sindaci di molte città. Ora ci attende la prova più difficile che è riunire un popolo alla “sua” democrazia. Ma è proprio in questa battaglia che i diritti umani possono divenire la trama di una comunità che si ripensa, di una politica che include, con uno sguardo laico, umano, accogliente. Senza diritti non si costruisce la casa dei doveri. Senza un’altra politica e una democrazia rinnovata non si conquista la rivoluzione della dignità.   

 

 

 
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