Marco Zio BLOG

Cronaca (zona 3 e 4, Milano e altro ancora) raccontata da un giornalista e scrittore Democratica Mente MOLTO di Sinistra

 

 

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DALLA CASA OCCUPATA DI VIA MEDICI DEL VASCELLO

Post n°318 pubblicato il 27 Luglio 2011 da marcozio1
 

 Stava tornando a casa. A quella che, per poco o tanto, poteva considerare tale.

Era una vecchia zingara rinsecchita, un foulard in testa, una maglione sciupato le scaldava il petto. Il volto era un reticolo di rughe. Aveva appena raccolto da terra un maglione gettato via da chissà chi, per lei era una conquista.

Allora mi si è rivolta, come a compiacersi del suo gesto, in un italiano stentato che si reggeva a malapena sui gesti, ma il senso del suo parlare era che la sua vita dipendeva da ciò che trovava.

Mi ha raccontato di essere stata male. Verso la città, non ho capito dove, ha avuto un mancamento, i dottori le hanno visitato il cuore. Ha paura di morire, questo me lo ha detto chiaramente. Nelle case fa freddo.

E’ da molto che siete lì? Le chiedo.

Otto mesi, mi risponde, da dicembre.

Quanti siete? Provo insistentemente a capire con che realtà abbiamo a che fare. Ma non mi vuole dare risposte.

Ci sono famiglie, mi fa capire, anche bambini. Bambini piccoli, perché i più grandi se ne sono andati via, a casa. Ma di quale casa può mai parlare?

Insisto, ma non mi vuole dire di più.

 “Se mi vedono a parlare con te…” e mi fa il gesto di una bastonata in testa. Non so se per me o per lei, ma ho desistito.

L’ho lasciata andare, una donna di 66 anni. Ne dimostrava 90. Ed è entrata nello stabile tramite il passaggio posteriore, privo ormai del cancello.

Mi sono affacciato anche io: la sporcizia è dovunque. Uomini, donne, bambini e anziani condividono gli spazi dell’abbandono, abbandonati da tutti e da se stessi per primi.

Non so se fossero nascosti nei palazzi, attendi a non dare segni di sé. Nel dubbio, ho scattato qualche foto e me ne sono andato.

Storia di ordinario degrado, di persone che, come quella anziana donna, sembrano in bilico fra la fedeltà al gruppo e l’aspirazione a liberarsene. La paura del branco, palpabile, concreta, soccombe al cospetto della paura di ciò che è fuori dal branco. E la cieca violenza del loro mondo pare essere l’unica rassicurazione possibile.

Non credo la situazione possa degenerare. La comunità verrà spostata, prima o poi, come ogni volta accade. E quelle donne, uomini e bambini continueranno a vivere la loro guerra con il mondo da un’altra trincea.

(Alessandro Nardin – Consigliere di Zona 4 - http://alessandronardin.webnode.it/)

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Francesco Polizotto il 29/07/11 alle 22:20 via WEB
L’ho lasciata andare, una donna di 66 anni. Ne dimostrava 90. 90 come una ruga profonda sulla fronte che segna il solco della vita e che nessuno ha mai fatto niente per fermarla. Chissà forse sarà già morta. Questo restare inerme non mi si addice, non lo condivido, per certi versi lo trovo anche cinico: “la comunità verrà spostata, prima o poi, come ogni volta accade”. Questo sembra evidenziare un senso di assuefazione ai mali che ci circondano. Soprattutto quando, questi, coinvolgono i bambini, cioè il nostro futuro; ma se non osiamo proteggere i bambini chi siamo? Equilibristi dialettici esperti nell’enunciare un problema senza atti concreti: “e quelle donne, uomini e bambini continueranno a vivere la loro guerra con il mondo in un'altra trincea”, che tristezza! Questo mi ha fatto venire alla mente la storia di un bambino. Il bambino dalle scarpe nuove che, arrivato da un piccolissimo paesino del sud verso la fine degli anni 50, era costantemente deriso e fatto oggetto di discriminazioni. Un giorno un signore, vicino di casa, si accorse che il bambino aveva le scarpe bucate e gli indicò un posto dove avrebbe potuto trovarne un paio. Il bambino si recò il quel luogo, era un magazzino della S. Vincenzo, e vide una montagna di scarpe. Lo sguardo gli cadde subito su un paio bicolore, tipo inglese, fu amore a prima vista. Le prese e si accorse che erano di qualche numero più grandi. Per nulla abbattuto imbottì le punte con ritagli di stoffa e le calzò. Incurante della lunghezza ma fiero per le sue scarpe nuove il bambino camminava battendo forte i piedi per farsi notare. Il giorno dopo il vicino di casa lo vide, lo chiamò e gli disse: ehi bambino dalle scarpe nuove non devi sbattere i piedi per farti notare, sii te stesso e gli altri ti noteranno. Grazie alla fiducia e all’incoraggiamento di questa persona quel bambino, diventato uomo, mi risulta abbia fatto una carriera straordinaria. A volte basta poco nella vita per aiutare gli altri, basta farlo, ma non da spettatori.
 
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