Creato da b.zucchermaglio il 17/08/2014
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I BAMBINI SANNO… CHE IL CINEMA ITALIANO FORSE NON È MORTO. DEVE SOLO REINVENTARE SE STESSO

 

I BAMBINI SANNO… CHE IL CINEMA ITALIANO FORSE NON È MORTO. DEVE SOLO REINVENTARE SE STESSO

Se il cinema italiano è morto, o quasi, se fare un film in Italia è diventato un’utopia, una chimera, e l’idea che possa essere distribuito e visto davvero da qualcuno che non sia nostra zia, poi, rasenta la follia, allora non possiamo non riflettere di fronte a film come “I bambini sanno” e “Quando c’era Berlinguer”, entrambi di Walter Veltroni .

Se il cinema italiano, dunque, non riesce quasi più a produrre e distribuire film che siano sinonimo di sceneggiatura, di fiction (non quella di Raiuno, ovviamente, no!), di invenzione letteraria o, meglio, prettamente cinematografica, che confluisce nella narrazione standardizzata di una storia costruita con quegli schemi, meccanismi e sistemi produttivi utilizzati e noti ai film-maker da circa un secolo, allora il cinema italiano non può non accorgersi che una via alternativa può essere quella seguita da alcuni anni da Walter Veltroni che racconta non solo delle storie ma anche un’Italia che cambia con film che sono a metà strada fra documentario e fiction (anche se certamente maggiormente declinati sul primo fronte).

Si tratta di film – parliamo qui, nello specifico, di “Quando c’era Berlinguer” e di “I bambini sanno” – che a qualunque cineasta mettono la pulce nell’orecchio, per così dire, suscitano cioè la forte tentazione di andare oltre, di trasformare il tutto in una o più sceneggiature per raccontare queste storie con film di fiction (non quella di Raiuno, ovviamente,  repetita juvant!), dunque con screenplay fatti di protagonisti, attori secondari, comparse e quindi plot, diegesi, sequenze, inquadrature, battute, ecc.

Ma forse il cinema italiano per rinascere deve semplicemente reinventare se stesso e non sprecare queste “invenzioni” di Walter Veltroni, le quali, come tutti sappiamo, hanno precedenti nella storia del cinema in autori come Comencini, Pasolini, Visconti, tanto per citare i primi che vengono in mente, ma che forse mai come oggi appaiono innovative e come una sorta di “terza via” da percorrere da parte di un cinema e soprattutto da parte di cineasti che, altrimenti, rischiano di restare zavorrati a un’idea stereotipata e idealizzata di cinema oggi prevalentemente hollywoodiano. Se tutti sogniamo di fare grandi film, di riempire il Teatro 5 di Cinecittà o gli studios californiani con le nostre oniriche filmofanie che difficilmente troveranno produttori e distributori pronti a investire in esse, forse dovremmo non sottovalutare e soprattutto non snobbare film come quelli di Veltroni che non è detto che non costituiscano la strada da percorrere per veder rinascere un cinema italiano che non scimmiotti le pellicole dello star system.

Bruno Zucchermaglio

 

 
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