Creato da aberrax il 22/02/2007
lettera a una figlia perduta

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perso

Post n°9 pubblicato il 14 Giugno 2016 da aberrax

E' quasi il mio 59° compleanno. Non ho mai più potuto nè vedere nè sentire mia figlia.

Ora non so più nulla di lei, nè mi sono dovuto più interessare, nel rispetto della volontà da lei tacitamente espressami ormai tanti anni fa.

Possibile che non si renda conto, ormai grande e quasi trentenne, di essere stata condizionata dalla totale mancanza del padre a lei negato, e dalla continua presenza della madre e dei parenti di lei che dalla sua tenera età di circa 4 anni hanno costantemente indottrinato in lei le uniche "verità" che le hanno permesso di conoscere.

Possibile che non senta alcuna necessità di sentire almeno per una volta sola nella vita suo padre? Suo padre.

Su questa maledetta terra evidentemente conta solo il dio denaro.

Siamo quello che abbiamo.

Mi hai rifiutato e non posso farci niente.

Addio cara figlia mia.

 

 

 
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---IN AGGIORNAMENTO----

Post n°8 pubblicato il 09 Aprile 2012 da aberrax

---IN AGGIORNAMENTO----

 

 

 

PROSSIMAMENTE

 
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22 ° Compleanno

Post n°7 pubblicato il 24 Marzo 2010 da aberrax

oggi è il tuo 22 ° compleanno.

ti ho mandato due mesaggi su telefonino, quello che ti regalai non esiste più: risulta numero inesistente, quindi ho cercato il tuo personale.

ho chiesto di poterti parlare per almeno 2 minuti, per poter sentire la tua voce.

ma ho avuto solo silenzio.

sei da tempo una donna.

non capisco questo tuo atteggiamento, specie alla luce di quanto ti feci sapere tempo fa.

è una verità che ti è scomoda? preferisci non vedere non sentire ? far finta di non sapere? che tutto continui come prima? come se tuo papà quindi non fosse mai esistito?

è veramente questo quello che vuoi? e se si perchè?

mi mandasti un messaggio di auguri per lo scorso natale.

io apprezzai molto, feci tutto per non disturbarti e per non assillarti, almeno fino a volerti sentire per 2 minuti per questo tuo compleanno. ho sbagliato?

SCRIVO MA NON VERRAI MAI A LEGGERMI QUI.

 

 
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Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 06 Ottobre 2007 da aberrax

Il 21 settembre 2007 ricevevo da mia figlia Clara (forse) un messaggio che testualmente in poche righe così diceva:




"ai miei occhi un padre non l'ho mai avuto e non si può spuntare dal nulla dopo 19 anni 5 minuti prima dell'esame di maturità".

 
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29 giugno 2007 - l'anno del contatto

Post n°5 pubblicato il 03 Luglio 2007 da aberrax

Sarebbe stato un mattino qualunque.


ma quel mattino, non senza dover vincere comprensibili timori e
angosce, tuo papà ti ha parlato, per pochi secondi, prima che tu
sostenessi il tuo esame di maturità.


Eri seduta su uno scalino fuori dalla scuola, in compagnia della tua amica.

Non ti sei alzata. Nè l'incontro con tuo papà ti ha emotivamente
coinvolta, come forse ci si sarebbe aspettati. O almeno come ero
emotivamente coinvolto io.


Ti avevo fatto appena recapitare un mio piccolo pensierino.


Lo avevi quasi distrattamente depositato sul marciapiede, come un oggetto qualsiasi.


Ci siamo detti pochissimo.


Io ho percepito la tua freddezza, il tuo distacco. Il tuo desiderio che io non fossi li, con te.

Ti stava particolarmente a cuore farmi sapere del tuo convincimento
che la tua famiglia nulla avesse a che fare col nostro distacco.


Non mi sembrava nè il momento nè l'occasione per intavolare discussioni, ti dissi semplicemnte che non era colpa tua.


Ti ho fatto i miei auguri per l'asame. E per la vita.


Ci siamo salutati con una gelida stretta di mano. Come due estranei.

Avrei avuto milioni di cose da dirti. e da chiederti. Ma non era il
tempo. Non c'era il tempo. E non c'era il luogo. Ma forse non c'eri
sopratutto tu. Che non volevi esserci.


Siamo due estranei.

Ho percepito che non avresti forse mai voluto incontrare tuo papà.
Che ora sembri odiare. Che ti hanno fatto odiare. Senza che lui, tuo
papà, potesse mai parlarti, vederti, potere avere nessun tipo di
rapporto con te.

 
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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 22 Marzo 2007 da aberrax

poesia dedicata a clara in occasione del suo compleanno (24 marzo). da suo papà

a Clara

non conosco più il colore dei tuoi occhi
e il tuo sorriso,
non conosco più la gioia dei tuoi sogni

come il tuo viso,

ma del tempo acolto i rintocchi
e della vita colgo i  bisogni
così come di noi vorrei la luce,
e poi la gioia

prima che il tempo finisca dove conduce,

e che io muoia.

 
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 19 Marzo 2007 da aberrax

so di aver fatto tutto
quanto era nelle mie sia pur modeste possibilità, e sono in coscienza
sereno, ma ciò non basta a farmi dimenticare che una parte di me e
della mia storia, è stata cancellata per sempre.


una parte di me è morta per sempre il venerdi 17 agosto 1990.

 
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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 05 Marzo 2007 da aberrax

Chiunque,
io per primo, si rende conto che nè è possibile, nè è tanto meno
desiderabile, che un passato che ritorni sconvolga in qualsiasi misura
la vita di nessuno, men che meno quella di una figlia, se è vero, come
è logico desumere, da quanto esposto, che questa conduca una vita
almeno apparentemente serena e priva di difficoltà, in modo particolare
economiche.




Ma non esiste solo materialità, e in modo particolare nell'ambito
di una famiglia, esistono, o almeno dovrebbero esistere, anche degli
affetti.

E per gli affetti negati, a maggior ragione, si deve, o meglio si
dovrebbe, lottare. Non fosse altro che per capire, e per conoscere. La
verità.




Devono, in un caso come questo, un papà e una figlia, rassegnarsi
per sempre a non sapere mai l'uno dell'altra, fino alla fine dei loro
giorni?

E a vivere nell'illusione, magari appagante sotto il profilo
psicologico, di ritenere di conoscere già una verità, o una spiegazione
qualsiasi, per il solo fatto che si è cresciuti da sempre in questa
consapevolezza, unilateralmente trasmessa?





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Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 22 Febbraio 2007 da aberrax

LA STORIA

tanto tempo fa, in una scuola guida, incontro una ragazza che aveva un che di speciale....


data la timidezza, passa qualche sera prima riesca a trovare il coraggio di parlarle dichiarandole la mia simpatia.


Scopriamo di essere entrambi studenti iscritti alla stessa facoltà, entrambi un po introversi.


Scocca presto la scintilla!


La voglia di stare assieme da un lato e le difficoltà dei ragazzi di allora per farlo dall'altro.


Sembra anche che i contrasti con la mia famiglia di origine trovino conforto nella relazione ora sbocciata.


Segue la ricerca di un lavoro anche precario, alfine trovato, l'affitto di una prima "alcova", una soffitta in centro.


Tanto entusiasmo per il futuro, che all'epoca vedevo pieno di belle speranze.


Passa del tempo e si consolida il deiderio e il bisogno di progettare
insieme. Entrambi partecipiamo a un concorso per entrare in banca: un
miraggio....Eppure, inaspettatamente, lei risulta tra i vincitori !
Grande comprensibile gioia, ma presto raggelata: è il giorno della
firma del contartto. Lei entra nell'ufficio per le formalità di rito,
ma poco dopo ne esce con viso teso, quasi in lacrime. Dice di non
essere riuscita a firmare, ha cominciato a tremarle la mano, poi si è
messa a piangere, insomma non ce l'ha fatta.


Le faccio animo, dico che non è un dramma, siamo giovani, e la fortuna ci sta aiutando. Ma non capivo ciò che stava avvenendo.
anche
se molto retrodatato, era l'inizio della fine. Ma nessuno potè
sospettarlo, forse neppure ella stessa. seppellendo nei meandri del
proprio subconscio i suoi veri intenti, almeno fino a che non ne avesse
avuto la reale opportunità di realizzarli.


Con il conseguimento della sua laurea, il destino si compì, tragicamente.

Nel frattempo erano state profuse energie, fatiche e sacrifici,
anche economici ad opera di chi voleva viverle accanto, nel frattempo
ci fu una dolorosa rinuncia per entrambi ad una gravidanza ( e sono
cose che lasciano il segno per sempre), ci fu anche il servizio
militare, al ritorno del quale trovai mio padre ammalato di cancro, poi
la sua lunga agonia con la sua fine (anche questo lascia il segno): una
morte per la verità circondata da ombre.La situazione in sè sembrava
pesare sul parentato prossimo di lei, mostrando insofferenza crescente,
forse per le uscite in denaro che comportava pagare le ore di
assistenza come aiuto a me, di fatto unica persona ad occuparsi
fattivamente di mio padre. Fatto sta che una sera, salutai mio padre in
ospedale, si ammalto ma ancora in grado di camminare autonomamente,
perfettamente cosciente, prima dell'arrivo dell'infermiera privata.
Quella notte stessa, improvvisamente ricevetti la telefonata della
stessa infermiera che mi avvisava di "un aggravamento".

Avevo esperienza ospedaliera e sapevo che in questi casi, a volte,
si diceva così per avvisare dell'avvenuto decesso di una persona cara,
una sorta di "bon ton", ma quando arrivai, dopo una corsa di al max 15
minuti, mio padre era completamente freddo, quasi gelato.

Nel frattempo ancora, poco prima dell'ultimo ricovero di mio padre
prima che morisse, ci fu anche il fatidico matrimonio, anche se in
quelle condizioni non mi sentivo prontissimo. Fu una mia zia venuta a
trovare mio padre a convincermi, dicendo che mio padre sarebbe morto
più contento vedendomi "sistemato".
Già
durante la malattia di mio padre, dovendo dedicarmi alla sua
assistenza, in casa prima e in ospedale poi, il rapporto con quella che
ora era divenuta mia moglie, si stava raffreddando.


Molto spesso ero costretto a trasferirmi in casa di mio padre, dove lui viveva solo.

Lavoravo sodo fuori per guadagnarmi da vivere e anche per mantenere
la casa coniugale nonchè la moglie che nel frattempo non lavorava
ancora. E lavoravo sodo poi a casa di mio padre per assisterlo.
Teoricamente avrei dovuto anche studiare per laurearmi....

Sempre nel frattempo, andandosi progressivamente raffreddando il
rapporto con la moglie, per contro questa intensificava le proprie
conoscenze studentesche. Ora si stava specializzando. Con qualcuno di
questi era sempre più amica.

Bisogna ora aggiungere l'incidenza dei suoi genitori e dei suoi
parenti in generale. Nel senso che la sua famiglia d'origine era più
che molto semplice, e questo anzi potrebbe essere anche un complimento,
ma direi molto rozza, ed il padre di lei era un pregiudicato, cosa che
scoprii molto più tardi, ed a mie spese, ad opera di un atto insano che
questi ebbe a compiere su di me: tentò di uccidermi infliggendomi
numerose coltellate, una sera che riportavo mia figlia (di allora circa 2 anni) a casa della madre (un tempo casa anche mia e di cui avevo
sostenuto le spese) nel corso di uno dei giorni che hanno i padri
separati per stare con i propri figli.

Quella sera entrai in coma subito dopo il trasporto in ospedale.
Mi salvai solo per miracolo, dopo molti giorni di sala di rianimazione
e terapia intensiva.


Cosa era successo nel frattempo per arrivare a questo punto?


Tante cose:

-l'influenza dei suoi genitori e parenti come già accennato, che
ormai, nella loro grevezza ed ignoranza vedevano la loro figlia con un
futuro diverso davanti a lei, che ora era "arrivata" e frequentava già
ragazzi di altro livello (pari al suo) nemmeno paragonabile a quello
del marito che si trovava....

-lei stessa, che ora si ritrovava con un marito con un impiego
meno che mediocre, umile, e forse si vergognava di questo con
l'entourage di persone che ora si trovava a frequentare.

-il distacco forzato patito durante il periodo della malattia di
mio padre, e durante il quale tesseva nuove e più significative
amicizie, tra medici e nell'arma dei carabinieril.

Tutto ciò portò ad una lenta ma inesorabile frattura, l'epilogo
della quale si ebbe una sera, quando rincasando dal lavoro, trovai la
serratura di casa sostituita e non potei entrare.


Denunciai il fatto alla stazione dei carabinieri, che null'altro fecero se non metterla in un cassetto.

Uno o due giorni dopo il padre di lei mi si avvicinò prendendomi
per la maglia minacciandomi di ammazzarmi se avessi sporto denuncia per
l'avermi buttato fuori di casa. io non dissi nulla . me ne andai senza
nemmeno dare troppo peso alle sue parole, senza contare che la denuncia
peraltro era già stata presentata, e comunque non mi sarei astenuto dal
farlo solo per le sue minacce.

Tali invece si concretizzarono, come già detto, e solo dopo tale
vicenda, seppi che il "soggetto" era in realtà non nuovo a episodi del
genere.

La cosa che rende il mio tentato omicidio ancora più efferato sta
nel fatto che si svolse sotto gli occhi e le urla di mia figlia, che di
ciò ebbe certamente a patire un grande trauma, che non può non averla
segnata per tutta la vita.

Era presente anche mia moglie, che nulla fece per fermare la mano
omicida del padre, evidentemente di concerto con questo. Così come pure
era presente la madre di lei, entrambe immobili ed in silenzio quasi
religioso.

Solo perchè sopravvissi, in realtà, fu possibile processare e
condannare l'attentatore. La mia testimonianza servì a contrastare solo
calunnie che avrebbero detto in tribunale contro di me, che nulla avrei
potuto contrastare se defunto.

Alle calunnie infatti tali elementi sono abituati, prova ne sono
tante e tali pronunciate contro la mia persona e non solo, e poi
rivelatesi come tali.

Alcune di queste calunnie tuttavia prima di spegnersi come tali
furono tenute in vita dal potere e dell'influenza che la "dottoressa"
esercitava come già detto anche su alcuni elementi dell'arma dei
carabinieri, tra cui un maresciallo "vecchia maniera", poco acculturato
e probabilmente già avvezzo a servire e riverire coloro che riteneva
"degni" in base a criteri per così dire...poco ortodossi...


Insomma un cocktail micidiale di elementi che costò il destino di una famiglia e di una figlia.

Nonostante ciò che ea successo, nonostante la condanna del padre
alla pena detentiva e ad un risaricimento (mai ottenuto in quanto eluso
tramite donazioni varie a terze persone), nonostante nulla si potesse
ascrivere alla ia persona, di fatto non potei più vedere ugualmente mia
figlia. per diverse ragioni:

-la madre si opponeva, e se per una madre "normale" ciò poteva
essere irrilevante, non lo era per lei, anche in virtù dei motivi già
detti.

-il giudice che seguiva la causa di separazione non
decideva...temporeggiava e continuava a proporre perizie psicologiche (
a iosa) per la valutazione del caso! I periti continuavano (era anche
loro interesse) a rimandare ad altre perizie. In fondo "la dottoressa"
aveva già dimostrato di avere argomenti "convincenti". Un perito
addirittura relazionò una perizia talmente voluminosa da sembrare un
trattato universitario, unica pecca era che....non concludeva! tanto
che il giudice fu costretto a chiedergli espressamente in aula che cosa
avesse deciso: ebbene questi comiciò a balbettare (ovviamente non
balbettava di suo prima e normalmente) dicendo alcune frasi sconnesse e
che nulla dicevano sostanzialmente. Ad un nuovo sollecito del giudice
lo stesso rimandava ad altra ennesima perizia, possibilmente da
affidare ad altri consulenti.
Senza
contare che le perizie volevano dire soldi, tanti soldi, tanto per il
perito di parte, tanto per il ctu (il consulente tecnico del giudice,
da questi nominato).

Per inciso, anche il giudice, giovane, poco esperto e non certo
preparato a dirimere casi come questo, specie in considerazione della
sua efferatezza ed influenza, non era per nulla propenso a prendere una
decisione autonomamente (anche se ormai vi erano ormai tutti gli
estremi per farlo, una volte scioltesi come neve al sole ogni calunnia
sulla mia persona, come persino quella di voler uccidere mia figlia),
ma preferiva fosse qualcun altro a farlo per lui: un consulente
psicologo appunto.

Circa poi questa calunnia, la peggiore, va notato come, per quanto
assurda essa sia, e senza comunque alcuna motivazione, volendola
ugualmente considerare, avrei avuto occasione di mettere in atto tale
insano quanto immotivato proposito in diverse occasioni, quando mia
figlia era a casa con me in quelle sia pur rarissime volte che riucii a
prenderla.

In più l'allungamento dei tempi della causa si traduceva anche in
ulteriori spese di "assistenza" legale. La parola assistenza è
volutamente virgolettata poichè alquanto carente, anzi, a volte
latitante. le motivazioni credo vadano ricondotte principalmente a 3
fattori:


-l'intimidazione dovuta all'atto efferato compiuto

-la capacità di incidere sulle cose e sulle persone già dimostrata
dalla ex moglie, unito al prestigio professionale ormai raggiunto.


-il palese dislivello professionale con gli studi legali della controparte, le cui parcelle non erano accessibili a chiunque.

Inoltre le mie condizioni fisiche e psicologiche erano ormai
esaurite al pari di quelle economiche, e a causa sia della estenuante
quanto a dir poco anomala causa di separazione, sia per tutto quello
che avevo dovuto subire: calunnie e tentato omicidio, estromissione con
la forza dalla casa coniugale, espropriazione forzata e illecita di
tutti i miei effetti personali, mancato risarcimento del danno patito
in seguito al tentato omicidio, perdita di contatto con mia figlia.,
ecc


Nonostante la mia tenacia, insomma, non ce la facevo più: fisicamente. psicologicamente, economicamente.

Nel frattempo, poi, il mio attentatore, da perfetto gentiluomo, si
vedeva (stranamente?) ridurre la pena che inizialmente era ad anni
otto, e in pratica uscì tosto di prigione (fu fatto trasferire anche in
"carcere" non tradizionale, ma una sorta di comunità residenziale) dopo
circa solo due anni....e contestualmente iniziarono nuove minacce,
questa volta non tanto velatamente rivolte anche alla vita di mia
figlia.


Le autorità, da me informate, nulla fecero, o poterono fare.

Insomma, per tutta questa serie di ragioni, decisi ad un certo
punto di interrompere la causa di separazione, rinunciando a continuare
a lottare e pertanto rinunciando a vedere mia figlia, divenuto ora più
che mai anche suo interesse vitale. senza poi considerare che la mia
stessa figlia non avrebbe comunque saputo come avvalersi di un padre
morto...
gli anni intanto passavano, e non senza paura.


La speranza che restava era solo più quella che mia figlia, divenuta
grande, in grado di comprendere e di farsi delle domande, cercasse a
queste una risposta. Ma probabilmente le uniche fornite dalla madre
(chissà quali) devono esserle bastate.

Oggi conduce con questa e con il nuovo compagno di lei una vita agiata,
senza problemi. Cercare il suo vero padre potrebbe arrecarle un qualche
"disturbo morale"? Non so se questo costituisca un problema per mia
figlia, ma certamente deve esserlo per la mia ex moglie: la verità che
prorompe, il passato che ritorna, devono essere visti come una
minaccia, non ultima al suo status.


Un fatto è che nessuno mi ha mai cercato in tutti questi anni.


Oggi mia figlia è maggiorenne, "padrona" della sua vita, ma nulla è cambiato.


Il sospetto che resti sempre una stessa sola padrona in tutta la vicenda, passata e presente, diviene sempre più una certezza.
Un
problema poi, non meno trascurabile, questa volta di carattere
soggettivo, è costituito da almeno due fattori che contrastano verso un
approccio con mia figlia, sia pure intuitivamente comprensibili sotto
l'aspetto umano, e sono:

-la totale mancanza di conoscenza (anche somatica) di questa, dato
che il periodo della perdita di contatto decorre dalla sua età di circa
4 anni.

-il timore psicologico, il blocco, il non riuscire neppure a
parlare se le parti dovessero improvvisamente trovarsi a poterlo fare,
nonostante l'ovvio mio desiderio di riuscire. E poi da che parte
cominciare? esordire con "ciao, sono tuo papà", non mi sembrerebbe una
buona idea....


A quale punto può essere ridotto un uomo dall' ingiustizia!

Si perchè in tantissimi altri casi gli scaffali dell'autorità
giudiziaria sono colmi di denunce reciprocamente scambiatesi da coniugi
che si stanno separando e che ora nutrono un astio profondo (l'uno per
l'altro, o solo uno per l'altro), ma di rado arrivano ad impedire che
si interrompa per sempre un rapporto con il genitore non afidatario, a
meno che si ravvisino gravissime ed accertate cause di concreto
pericolo. NULLA di tutto ciò può essere ascritto alla mia persona,
anzi, si è accertata la volontà di calunniare. Eppure....





Tutto
quanto qui esposto è perfettamente vero, ma basterebbe consultare le
carte, gli atti della causa, i testi delle denunce, le sentenze, ecc,
per trovare subito dei riscontri sia oggettivi che dedotti.


Bisogna dunque ritenere che è mancato l'interesse a condurre tale operazione di ricerca della verità?

E se è così non è persino ancora più aberrante che manchi il più
mmisero desiderio di un figlio di conoscere il proprio reale passato,
di scoprire la verità dei fatti su un proprio genitore?

Finchè restano aperte altre spiegazioni permane la speranza che
non sia così, anche se le spiegazioni che rimangono non difettano di
aberrazione per quanto di altra natura.
farei quanto mi è possibile perchè si venga in contatto con la verità.


Diversamente non perderei questo tempo e non consumerei le mie risorse, se non fossi positivamente motivato.





La domanda che mi pongo sempre più spesso è:





-l'evoluzione della coscienza (e della sensibilità individuale) è avulsa dal condizionamento ambientale?









 
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